Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18275 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 03/09/2020), n.18275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 268-2019 proposto da:

ESSITY ITALY SPA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 15, presso lo

studio dell’avvocato LOLLINI SUSANNA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CAPPONI MARIO CLAUDIO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA già FONDIARIA SAI SPA, in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI FABIO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICCOLI ALBERTO;

– controricorrente –

contro

INA ASSITALIA SPA, S.G., S.M., A.M.,

S.E., C.B.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1381/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società SCA Hygiene Products spa, ora Essitaly, d’ora in poi semplicemente SCA, era datrice di lavoro S.S., deceduto mentre era al lavoro, schiacciato da una pressa.

Prima dell’inizio del presente contenzioso, la SCA ha denunciato il sinistro alle due compagnie di assicurazione che in quel momento, per contratto, erano impegnate a tenerla indenne dal risarcimento di danni di quel genere.

Fondiaria (ora Unipol spa) e INA Ass.ni (ora Generali Italia spa), hanno portato avanti trattative con gli eredi della vittima, per due anni, all’esito delle quali hanno eccepito alla SCA che, a causa del mancato versamento del premio, la polizza non era operativa.

Per contrastare questa dichiarazione delle proprie compagnie di assicurazione, la SCA ha iniziato davanti al Tribunale di Firenze una causa di accertamento, che si è conclusa, prima con la sentenza n. 554/ 2008 con cui il tribunale, ritenuta la mala “gesti, ha affermato la validità della polizza e l’obbligo delle compagnie di assicurazione di tenere indenne la SCA di quanto da questa corrisposto per l’infortunio mortale agli eredi del lavoratore ed all’INAIL; poi con la conferma in appello di tale decisione.

Nel frattempo, gli eredi del S. hanno convenuto in giudizio la SCA per il risarcimento da morte del congiunto, e quest’ultima, costituendosi, ha chiesto la chiamata in garanzia delle compagnie.

Il giudice ha condannato la SCA al risarcimento, e le compagnie a tenere indenne la società datrice di lavoro; sentenza confermata in appello.

Avverso la decisione di secondo grado la SCA ricorre con tre motivi, mentre v’è costituzione con controricorso della sola Unipol. Entrambe le parti depositano memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La sentenza di appello viene impugnata su un solo e specifico capo di decisione: quello relativo al massimale di polizza.

La SCA aveva posto la questione del giudicato esterno, ossia aveva fatto presente che nell’altro giudizio, quello tra lei e le compagnie volto a far valere la validità della polizza, era stata emessa sentenza definitiva che condannava le società assicuratrici anche oltre il massimale.

La corte di appello ha ritenuto invece che la condanna debba essere contenuta nei limiti del massimale, posto che in tali limiti è stata ritenuta in primo grado e che il relativo capo non è stato impugnato.

2. – La società SCA ricorre con tre motivi.

2.1. – Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 2909 c.c., contestando alla corte di appello di non aver tenuto conto del fatto che sul superamento del massimale era intervenuto giudicato esterno (sentenza n. 554/ 2008 del Tribunale di Firenze).

2.2. Con il secondo motivo denuncia difetto assoluto di motivazione (violazione altresì degli artt. 111 e 112 c.p.c.) per avere la corte di appello, nel ritenere la responsabilità delle assicurazioni, contenuta nei limiti del massimale, e non oltre, omesso di motivare del tutto tale statuizione, pur in presenza di un motivo di appello incidentale che ne faceva questione.

2.3. – Con il terzo motivo la questione è posta come violazione dell’art. 112 c.p.c., sul presupposto che la corte d’appello non ha individuato il massimale di polizza, ossia non ha pronunciato, e se ha pronunciato non ha motivato adeguatamente, su quale fosse, in subordine il massimale cui le compagnie erano tenute.

3. – I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati. Il punto controverso è la portata del giudicato esterno. La ricorrente ritiene che il Tribunale di Firenze con la sentenza 544/ 2008 ha in sostanza stabilito un obbligo di manleva delle assicurazioni, oltre il massimale, per via della mala gestio di queste ultime della vicenda in questione; ritiene di conseguenza che i giudici di merito di questo procedimento avrebbero dovuto tenere conto di tale giudicato esterno e non limitare pertanto la responsabilità delle assicurazioni entro il massimale, bensì estenderla oltre.

Va detto che la corte di merito non omette di prendere in considerazione il giudicato esterno: a pagina 5 interpreta il precedente esterno come limitato alla condanna alla manleva nei limiti dell’ammontare del risarcimento.

Dal testo della sentenza fiorentina (il giudicato esterno) si deduce tuttavia che il giudice ha ritenuto le compagnie responsabili nei limiti del risarcimento imposto all’assicuratore, e non oltre il massimale. Il dispositivo della sentenza contiene condanna delle compagnie a “manlevare e tenere indenne la SCA Higiene Products spa di quanto da questa versato o da versare a temi a titolo di risarcimento danni, regresso Inail e spese giudiziali in dipendenza di tale infortunio”.

E questa conclusione è motivata dicendo che, si, v’è stata mala gestio delle compagnie nella cura di questa vicenda, ma che “malgrado ciò non pare al giudicante che una tale condotta inadempiente abbia cagionato un danno effettivo diverso ed ulteriore dai costi che la stessa polizza impone alla compagnia di rimborsare”.

In sostanza, una corretta interpretazione del giudicato esterno porta a ritenere che il Tribunale di Firenze, pur avendo accertato la mala gestio, ha ritenuto comunque che la condotta inadempiente non ha causato all’assicurato un danno maggiore di quello che la polizza impone di risarcire, ossia un danno che debba superare il massimale di polizza. Di conseguenza il giudice di primo grado del procedimento che ha portato a questo giudizio ha ritenuto che tale responsabilità delle compagnie di assicurazione fosse contenuta nei limiti del massimale di polizza, e questa regola è stata confermata in appello.

Conseguentemente, non v’è alcuna violazione del giudicato esterno. Il secondo motivo è dunque assorbito.

Il terzo motivo lamenta oltre tutto, una omessa pronuncia, o in alternativa, una mancante motivazione, quanto alla individuazione del massimale.

Ossia: posto che la responsabilità delle assicurazioni va contenuta nei limiti del massimale, la corte avrebbe dovuto individuare quale esso fosse, contenendo le polizze in questione ben due, e non solo uno, massimali di risarcimento: il primo per la responsabilità verso terzi, il secondo per la responsabilità verso dipendenti.

V.’ di tutta evidenza però che facendosi riferimento al massimale genericamente inteso, non può che trattarsi di quello per i danni ai dipendenti, posto che la vicenda in questione origina da un danno subito dal dipendente, cosi che il riferimento al massimale, genericamente inteso non è una omissione, nè è priva di motivazione al punto da impedire l’identificazione del limite di polizza cui si riferisce.

Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 8500,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

 

 

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