Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18274 del 25/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 25/07/2017, (ud. 03/05/2017, dep.25/07/2017),  n. 18274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15165-2014 proposto da:

PARCO LOMBARDO DELLA VALLE DEL TICINO, (p. iva (OMISSIS)), in persona

del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

TRASTEVERE 173 sc. E, presso lo studio dell’avvocato MARIA PIA

IONATA, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE MANTELLO;

– ricorrente e c/ricorrente all’incidentale –

contro

M.M., ((OMISSIS)), in proprio ed in qualità di Amministratore

delegato e legale rappresentante pro tempore della CCPL Inerti

S.p.A. (c.f. e p.iva (OMISSIS)) elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA

PICCIANO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUSEPPE MANFREDI;

– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 4596/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e per l’inammissibilità del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato PASQUALE MANTELLO, difensore del ricorrente

principale, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale ed

il rigetto del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato MARIA GRAZIA PICCIANO, difensore del

controricorrente e ricorrenti incidentali, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale ed il rigetto del ricorso

principale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La società CCPL Inerti s.p.a. (impresa esercente nel settore dell’estrazione di inerti) e M.M. (suo amministratore delegato e legale rappresentante) proposero opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione con la quale il Parco Lombardo della Valle del Ticino ebbe a comminare loro sanzione amministrativa pecuniaria con l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, per violazioni urbanistiche, ambientali e paesaggistiche relative all’attività di estrazione svolta su area demaniale nel Comune di Mezzanino.

2. – Il Tribunale di Voghera, in parziale accoglimento dell’opposizione, rideterminò l’importo della sanzione amministrativa dovuta; ma la Corte di Appello di Milano, in totale riforma della pronuncia di primo grado, annullò l’ordinanza-ingiunzione opposta, ritenendo – in accoglimento del quinto motivo di appello – che dovesse escludersi la sussistenza di condotta dolosa o colposa della società e del suo amministratore.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Parco Lombardo della Valle del Ticino sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso M.M. in proprio e quale legale rappresentante della società CCPL Inerti s.p.a., che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato a dieci motivi.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo del ricorso principale, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto sussistere il difetto dell’elemento soggettivo e l’esimente della buona fede e dell’affidamento incolpevole e per aver omesso di considerare l’esatto contenuto dei documenti acquisiti e le specifiche competenze professionali esistenti in capo al trasgressore e coobbligato in solido.

Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, in tema di sanzioni amministrative, la L. n. 689 del 1981, art. 3 pone una presunzione di colpa a carico dell’autore del fatto vietato, riservando a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass., Sez. 1, n. 2406 del 08/02/2016); in particolare, il giudizio di colpevolezza è ancorato a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico, con limitazione dell’indagine sull’elemento oggettivo dell’illecito all’accertamento della “suitas” della condotta inosservante, per cui, una volta integrata e provata dall’autorità amministrativa la fattispecie tipica dell’illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta dalla L. n. 689 del 1981, art. 3 l’onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (Cass., Sez. U, n. 20930 del 30/09/2009; Cass., Sez. 1, n. 4114 del 02/03/2016).

In questo quadro, l’errore di diritto sulla liceità della condotta, correntemente indicato come “buona fede”, può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa (al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni) solo quando esso risulti “inevitabile”, occorrendo a tal fine, da un lato, che sussistano elementi positivi, estranei all’autore dell’infrazione, che siano idonei ad ingenerare in lui la convinzione della liceità della sua condotta e, dall’altro, che l’autore dell’infrazione abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva. Grava sull’autore dell’infrazione l’onere della prova della sussistenza dei suddetti elementi, necessari per poter ritenere la sua buona fede (in questo senso, Cass., Sez. 6 – 2, n. 19759 del 02/10/2015, che, in tema di abusiva occupazione di un tratturo demaniale, nel cassare sul punto la sentenza impugnata, ha ritenuto che la rilevabilità, anche solo attraverso le mappe, dell’intersezione fra il percorso del tratturo ed il fondo dell’intimato escludesse la configurabilità di un errore sulla liceità del fatto; conf.: Sez. L, n. 16320 del 12/07/2010; Sez. 5, n. 23019 del 30/10/2009; Sez. 2, n. 20866 del 29/09/2009).

L’inevitabilità dell’ignoranza del precetto violato, poi, deve essere apprezzata, dal giudice di merito, alla luce della conoscenza e dell’obbligo di conoscenza delle leggi che grava sull’agente in relazione anche alle sue qualità professionali e al suo dovere di informazione sulle norme e sulla relativa interpretazione (Cass., Sez. 6 – 2, n. 18471 del 01/09/2014; Sez. 2, n. 10621 del 03/05/2010; Sez. 2, n. 19995 del 18/07/2008).

Orbene, non può dirsi che la Corte milanese si sia conformata ai principi di diritto appena richiamati.

Invero, la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza di elementi positivi, idonei ad ingenerare nell’autore dell’infrazione la convinzione della liceità della sua condotta, individuandoli in una serie di atti provenienti dalla pubblica amministrazione dai quali sarebbe risultato l’esistenza del cantiere per la lavorazione di inerti fin dal 1968 (dichiarazione del sindaco di (OMISSIS) del 2.10.1990), l’assenza di danno ambientale (lettera regione Lombardia dell’11.6.1997), la proposta di un piano integrale di recupero (lettera del Consorzio Parco del Ticino del 16.6.1997), l’impegno alla dismissione dell’area assunto dalla Padana Inerti (lettera del Consorzio del 6.10.1997).

E tuttavia, nessuno degli atti richiamati dalla Corte di Appello supporta sul piano logico la conclusione – cui cionondimeno la Corte del gravame è pervenuta – secondo cui tali atti avrebbero ingenerato l’affidamento incolpevole del M.M. e degli organi societari in ordine alla liceità della condotta loro contestata con l’ordinanza-ingiunzione.

Innanzitutto, va rilevato – come esattamente deduce il ricorrente – il macroscopico errore in cui è incorsa la Corte di Milano nel disancorare gli atti richiamati dal contesto temporale.

Dai documenti acquisiti in giudizio e menzionati nel ricorso, risulta che la situazione dei luoghi si è notevolmente evoluta nel corso del tempo e che gli atti richiamati dalla Corte di merito si riferiscono ad una situazione dei luoghi non più attuale quando furono elevate le contestazioni di cui all’ordinanza-ingiunzione opposta (relative alle risultanze del processo verbale di accertamento del 5.4.2006).

Risulta, in particolare, che l’attività di estrazione e stoccaggio di inerti – che fu iniziata negli anni ‘70 dalla ditta Cucchi – occupava originariamente una piccola area di appena 70 mq., sulla base di concessione demaniale valida sino al 1982 e mai rinnovata.

In seguito, dopo l’acquisizione (nel giugno 1985) della ditta Cucchi da parte della Padania Inerti s.p.a. e del subentro nel cantiere di M.M. (quale suo amministratore) e, successivamente, dopo l’incorporazione della Padania Inerti nella CCPL Inerti (con amministratore delegato sempre il M.M.) l’attività di estrazione e di stoccaggio fu enormemente ampliata. In particolare, l’area occupata venne estesa fino a raggiungere oltre 34 mila mq. nel 1999, per poi essere ulteriormente estesa dopo il 1999 e raggiungere lo sviluppo attuale – con riferimento al quale sono stati contestati gli illeciti amministrativi – pari ad 79 mila mq.

Ora, la Corte di Milano non ha considerato che i documenti da essa richiamati sono tutti precedenti il 1999, sono precedenti cioè al momento in cui vi è stata una formidabile espansione dell’occupazione illecita dell’area demaniale (passata – come detto da un’estensione di 34 mila a quella attuale di 79 mila mq.).

E’ evidente, pertanto, come i documenti richiamati dalla Corte milanese siano inattuali rispetto alla situazione dei luoghi cui fa riferimento l’ordinanza-ingiunzione (fatti del 2006); per di più, la Corte territoriale non ha stato interamente considerato il contenuto di tali documenti. Basti considerare quanto da essi risulta in relazione al fatto che fin dal 1997 l’attività di estrazione fosse stata dichiarata incompatibile con la pianificazione vigente, che fosse stata accertata l’assenza di concessione demaniale e che la CCPL avesse assunto l’impegno di dismettere quella attività e rilasciare l’area; circostanze – queste – che avrebbero dovute essere considerate ai fini dell’apprezzamento della successiva condotta del M. e della CCPPL Inerti, i quali – negli anni successivi al 1997 – non solo non hanno rilasciato l’area occupata, ma hanno ulteriormente e grandemente esteso tale area in assenza di rilascio di alcuna concessione.

La sentenza impugnata è, dunque, manifestamente illogica con riferimento alla ritenuta sussistenza di elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore dell’infrazione la convinzione della liceità della sua condotta ed è fondata sulla omessa considerazione degli evidenziati fatti, certamente decisivi per il giudizio.

Per completezza, va poi rilevato come la sentenza impugnata non tenga per nulla conto della necessità di verificare l’altra essenziale condizione – la cui mancata considerazione lamenta il ricorrente – cui è subordinata la sussistenza dell’errore sulla liceità del fatto: l’inevitabilità dell’errore sulla condotta dell’autore.

La Corte di Milano ha omesso del tutto di accertare se la ritenuta ignoranza della illiceità del fatto avesse o meno – come richiede la giurisprudenza – il carattere della inevitabilità; se cioè l’agente avesse fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero poteva essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva; accertamento – questo – che avrebbe dovuto essere compiuto tenendo conto delle specifiche qualità professionali e imprenditoriali del M. e del suo dovere di informazione sulle norme e sulla relativa interpretazione.

Sussistono, pertanto, la denunciata violazione di legge (in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 3 e art. 5 c.p.) per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza della buona fede, quale causa di esclusione della responsabilità amministrativa, in assenza dei presupposti normativi richiesti; come sussiste il vizio di omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte territoriale considerato la condotta degli incolpati successiva ai documenti dalla stessa richiamati, oltre che per non aver considerato l’intero contenuto di tali documenti (con particolare riferimento alle attestazioni della illiceità della occupazione del terreno demaniale).

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

2. – Col ricorso incidentale condizionato i controricorrenti ripropongono i motivi di appello che la Corte territoriale ha dichiarato assorbiti nell’accoglimento del quinto motivo.

Il ricorso, con i vari motivi nei quali si articola, è inammissibile per carenza di interesse.

Infatti, come ha costantemente statuito questa Corte, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa sollevi censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (Cass., Sez. 1, n. 12153 del 23/05/2006; Sez. 2, n. 4787 del 28/02/2007; cfr. anche, Sez. 5, n. 574 del 15/01/2016; Sez. 1, n. 4472 del 07/03/2016).

3. – In definitiva, va accolto il ricorso principale, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano; va invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

4. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

accoglie il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2017

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