Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18273 del 11/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18273 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TORRICE AMELIA

ORDINANZA

sul ricorso 18717-2013 proposto da:
CAMPANILE RICCARDO C.F. CMPRCR5OT24F839P, domiciliato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato PIERPAOLO PELOSI, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
2018
1671

AZIENDA OSPEDALIERA DI RILIEVO NAZIONALE SANTOBONO
PAUSILLIPON, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato

Data pubblicazione: 11/07/2018

MARCELLO D’APONTE, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6025/2012 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/12/2012, R. G.

N. 2372/2009.

N. R.G. 18717 2013

RILEVATO

che il Tribunale dì Napoli aveva condannato l’Azienda Ospedaliera “Santobono
Pausillipon” a pagare al dott. Riccardo Campanile il compenso, da determinarsi in
separato giudizio, alla stregua della previsione contrattuale relativa alla

di primo livello, in relazione all’attività aggiuntiva prestata dal luglio 1998 al dicembre
2004 per la nascita e lo sviluppo del Polo di endoscopia chirurgica digestiva;
che la Corte di Appello di Napoli con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto
l’appello proposto dal Campanile avverso questa sentenza;
che

essa ha ritenuto che: la domanda proposta dal Campanile era diretta

all’accertamento dello svolgimento (dal luglio 1998 al 2004) di attività altamente
specialistiche diverse ed aggiuntive rispetto a quelle di dirigente medico di I livello e al
riconoscimento del diritto alla loro remunerazione o come corrispettivo di detta attività
o come compenso per il monte ore eccedente il lavoro ordinario; non era stata
proposta in via alternativa una domanda di accertamento del lavoro straordinario
avente ad oggetto le prestazioni aggiuntive e diverse, ma solo una diversa modalità di
calcolo del compenso; il giudice di primo grado aveva correttamente individuato il
parametro di determinazione del controvalore della prestazione aggiuntiva nei criteri
di quantificazione del compenso per il lavoro eccedente l’orario ordinario di lavoro
perchè aveva tenuto conto di una delle modalità di computo prospettate come
applicabili in via alternativa dallo stesso medico; non era ravvisabile alcuna violazione
degli artt. 112 e 278 cod.proc.civ. perchè l’alternatività delle domande proposte con il
ricorso introduttivo riguardava solo la modalità di rennunerazione della prestazione
aggiuntiva; il Campanile aveva evidenziato che le prestazioni aggiuntive erano state
rese oltre l’orario ordinario (38 ore settimanali) e ne aveva quantificato l’ammontare
nel prospetto allegato al ricorso, in cui erano state indicate le ore di lavoro da prestare
e quelle in concreto effettivamente prestate; essendo tali ore prestate oltre l’orario
ordinario di lavoro, era corretto il criterio di computo adottato dal giudice di primo
grado con riguardo a quello previsto per il lavoro straordinario; non poteva farsi
riferimento ai diversi criteri enunciati nel ricorso in appello, in cui la remunerazione di
tali attività aggiuntive era stata ancorata alla tariffazione dei ricoveri o al compenso

i

remunerazione del lavoro straordinario prevista in relazione alla qualifica di dirigente

N. R.G. 18717 2013

riconosciuto ad altro medico ( dott. Marone) con la convenzione del 1998 o all’art. 14
commi 6 e 7 del CCNL 2002-2005, e ciò in ragione della novità di siffatta domanda;
che avverso questa sentenza il Campanile ha proposto ricorso per cassazione affidato
a tre motivi al quale ha resistito con controricorso l’Azienda Ospedaliera di Rilievo
Nazionale (AORN) “Santobono Pausillipon”;

sentenza per vizio di ultrapetizione in relazione all’art. 112 cod.proc.civ. e all’art. 118
disp. att. cod.proc.civ., per non avere la Corte territoriale, pur avendo correttamente
riassunto le domande formulate da esso ricorrente, individuato esattamente l’oggetto
della domanda e per avere attribuito un bene diverso da quello domandato
(applicazione di criteri di computo formulati con riguardo alla domanda diversa da
quella accolta) e per avere alterato l’ordine delle domande proposte (primo motivo);
ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 4 cod.proc.civ., nullità della sentenza per violazione
dell’art. 132 c. 2 cod.proc.civ., per avere la Corte territoriale scelto come parametro di
determinazione del compenso rivendicato quello indicato da esso ricorrente per la
determinazione della domanda volta al pagamento del compenso per le ore di lavoro
prestate oltre l’ordinario orario di lavoro (secondo motivo); ai sensi dell’art. 360 c. 1
n. 5 cod.proc.civ. omesso esame di un fatto decisivo e controverso per avere la Corte
territoriale ritenuto che il numero di ore di lavoro eccedenti fosse stato pari a 497,87;
deduce che il prospetto al quale la Corte territoriale ha fatto riferimento indicava solo
le ore eccedenti svolte dal 2000 al 2004 e non anche quelle svolte dal 1998 al 2000
(terzo motivo);
che il primo ed il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto denunciano
“error in procedendo” e addebitano alla Corte territoriale la non esatta interpretazione
della domanda, sono inammissibili;
che nei casi in cui sia dedotto il vizio di “error in procedendo”, la Corte di cassazione,
investita del potere di procedere direttamente all’esame ed alla valutazione degli atti
del processo di merito, può direttamente esaminare gli atti e i documenti sui quali il
ricorso si fonda al fine di verificare contenuto e limiti della domanda azionata, purché
la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate dagli artt.
366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 cod.proc.civ.( Cass. SSUU
8077/2012; Cass. 8008/2014);

2

che il ricorrente denuncia: ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 4 cod.proc.civ. nullità della

N. R.G. 18717 2013

che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto
al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone,
infatti, l’ammissibilità del motivo di censura, con la conseguenza che il ricorrente non
è dispensato dall’onere (a pena, appunto, di inammissibilità) di riprodurre, nelle parti
salienti e rilevanti, il contenuto degli atti processuali sui quali sono fondate le censure

369 c.p.c. n. 4 mirano a porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la
sussistenza del vizio denunciato, senza compiere generali verifiche degli atti (Cass.
SSUU 5698/2012, 22726/2011; Cass. 11738/2016, 9888/2016, 15229/2015,
988/2015, 19157/2012, 15477/2012, 2281/2010);
che una volta che la parte interessata abbia fatto oggetto di specifico motivo di
ricorso, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ. comma 1, n. 4, il vizio di pretesa violazione
dell’art. 112 c.p.c. da parte del giudice di merito, indipendentemente dalle motivazioni
da questi offerte, è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità del ricorso
per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non
genericamente, ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo
con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto
d’appello ( Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 8008/2014);
che nella fattispecie in esame il ricorso non è conforme ai principi innanzi richiamati
perché il ricorrente, nel denunciare la violazione del principio tra chiesto e pronunciato
sull’assunto della non corretta individuazione del “petitum” e della “causa petendi” di
ciascuna delle domande proposte, non ha riportato nei loro esatti termini i passi del
ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio,
non ha riprodotto il tenore delle argomentazioni spese, ‘ma si è limitato a riportare le
conclusioni formulate nel ricorso di primo grado, conclusioni da sé sole non sufficienti
per ricostruire la reale portata delle domande e a verificare se la Corte territoriale,
nell’interpretare e nel qualificare quest’ultima, sia effettivamente incorsa nel
denunciato vizio di non corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
che anche il terzo motivo è inammissibile perchè non sono riprodotti nel ricorso, nelle
parti significative, i documenti che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare e
perchè le censure, sotto l’apparente denuncia del vizio di omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio, sollecitano, in realtà, il non consentito riesame del materiale
istruttorio (Cass.SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014,
3

del giudizio definito con la sentenza impugnata, in quanto gli artt. 366 c.p.c. n. 6 e

N. R.G. 18717 2013

24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005,
8718/2005);
che il ricorso per le sue esposte ragioni va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza;
che ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte
Dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di
legittimità, liquidate in C 4.500,00, per compensi professionali ed C 200,00 per
esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Adunanza Camerale del 17 aprile 2018

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,

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