Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18273 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 03/09/2020), n.18273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28478-2018 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASELLI BRUNO;

– ricorrente –

contro

ANALIST GROUP SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato PIACCI BRUNO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PETRACCA NICOLA DOMENICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1663/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Avellino ed in parziale accoglimento dell’appello proposto da Analist Group s.r.l., ha rideterminato le somme riconosciute dal Tribunale a G.F. a titolo di differenze retributive (lavoro straordinario, ferie, Ron, permessi e TFR) per il lavoro subordinato prestato, condannando l’appellante al pagamento della minor somma di Euro 23.875,07, in luogo di quella maggiore riconosciuta dal tribunale (Euro 37.757,11); ha invece rigettato l’appello incidentale del lavoratore, con il quale il G. aveva chiesto che le somme a lui dovute fossero calcolate tenendo conto di quanto da lui effettivamente percepito e dichiarato nel ricorso introduttivo, e non invece secondo quanto risultante dalle buste paga prodotte dal datore di lavoro;

la Corte territoriale ha affermato, quanto alle differenze della retribuzione base, che le buste paga risultavano sottoscritte dal lavoratore e non specificamente contestate dallo stesso in corso di causa e che lo straordinario non era dovuto, in quanto erroneamente calcolato in corrispondenza di giorni di ferie e permessi, così come acclarato dalla integrazione della perizia disposta in appello;

ha, infine, compensato le spese del giudizio per la particolare complessità delle questioni nonchè per la soccombenza reciproca;

la cassazione della sentenza è domandata da G.F. sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria;

la Analist Group s.r.l. ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, parte ricorrente contesta “Violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 – mancata e/o errata valutazione delle prove”;

afferma di aver contestato – diversamente da quanto affermato nella sentenza gravata – le buste paga prodotte dalla Società, dichiarando di essere stato costretto a sottoscriverle per non perdere il posto di lavoro, e di aver comunque provato che gli importi percepiti erano inferiori a quelli riportati nei documenti contabili depositati dal datore di lavoro;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.”;

sostiene che, nell’esaminare l’appello incidentale, la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi circa la censura con cui il ricorrente incidentale aveva prospettato l’erroneità della statuizione di compensazione delle spese del primo grado di giudizio;

il primo motivo è inammissibile;

la Corte d’appello ha operato secondo il suo prudente apprezzamento, senza violare i limiti impostigli dalla legge, e la ragione è tale da non giustificare l’esercizio di un sindacato di legittimità da parte di questa Corte;

i giudici dell’appello hanno valutato le prove proposte dalle parti attribuendo forza di convincimento ai fini del fondamento della decisione, entro i limiti assegnati ad essi dalla legge, senza disporre di loro iniziativa prove nuove, ma attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (cfr., ex plurimis, Cass. n. 26769 del 2018);

deve aggiungersi che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. 28/10/2019, n. 27490), censura non dedotta nel caso di specie;

il secondo motivo è infondato;

esso va esaminato alla luce di una lettura integrata di dispositivo e motivazione sì come resi dal provvedimento impugnato sul punto sollevato dall’odierna ricorrente;

il dispositivo emesso dalla Corte territoriale è così formulato: “in parziale accoglimento dell’appello principale ed in parziale riforma della sentenza impugnata, che per il resto conferma, condanna Analist Group s.r.l. al pagamento in favore del signor G.F. della somma lorda rideterminata… (…). Rigetta l’appello incidentale. Compensa le spese del grado”;

nel corpo della motivazione le spese di lite sono poi regolate senza alcuna specificazione in ordine al grado del giudizio (si fa riferimento, infatti, alle spese “…del presente giudizio”), e se ne dispone la compensazione in ragione della “particolare complessità delle questioni e (del)la soccombenza reciproca”;

dalla lettura combinata della motivazione e, soprattutto, del dispositivo nella parte in cui ha confermato “nel resto” l’impugnata sentenza, emerge evidente che la Corte territoriale non ha affatto omesso di provvedere sulle spese del giudizio di primo grado, ma ha ritenuto di compensarle al pari del giudizio di appello, così implicitamente ma univocamente rigettando il motivo di appello proposto dal lavoratore nella sua impugnazione incidentale;

tale essendo il tenore della decisione gravata, il Collegio ritiene che la critica di omessa pronuncia sia destituita di fondamento;

per completezza va rilevato che il regolamento delle spese processuali è riservato al potere discrezionale del giudice di merito, al quale spetta la valutazione dell’entità della soccombenza e l’apprezzamento sull’opportunità della compensazione totale o parziale delle spese stesse, con il solo limite di non porle a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 20/12/2017, n. 30592);

in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

 

 

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