Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18272 del 03/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/09/2020, (ud. 12/06/2020, dep. 03/09/2020), n.18272

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29141-2018 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARASCO GIOVINA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, VALENTE NICOLA, CIACCI PATRIZIA, MASSA MANUELA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 542/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di F.F., introdotta con ricorso al Tribunale di Vibo Valentia del 10.5.2005, volta ad ottenere il riconoscimento dell’assegno mensile di assistenza L. n. 118 del 1971, ex art. 13, a decorrere dall’1.10.1990, primo giorno del mese successivo a quello di proposizione della domanda amministrativa;

a fondamento del decisum, la Corte di appello ha posto il divieto di cumulo con la rendita INAIL, di cui il F. beneficiava fin dall’1.4.1979;

avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione F.F., deducendo un unico motivo di censura;

l’INPS ha resistito con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo di censura, il ricorrente – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 407 del 1990, art. 3, comma 1 e 1 bis, come integrato dalla L. n. 412 del 1991, art. 12, per non avere la Corte di merito ritenuto che il beneficio dell’assegno mensile di assistenza fosse cumulabile con la rendita corrisposta all’invalido dall’INAII, omettendo di considerare il fatto che il diritto (id est: la sussistenza delle condizioni legittimanti il riconoscimento del diritto) alla prestazione assistenziale fosse stato riconosciuto a decorrere dalla domanda amministrativa del 1990, per effetto degli accertamento disposti nel primo grado di giudizio;

il motivo è infondato.

occorre premettere brevemente la normativa di riferimento:

la L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3, comma 1, come integrato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12, prevede, per quanto qui rileva, che: “le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’interno (oggi dall’INPS) con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali, non sono compatibili con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa (…) di lavoro o di servizio, nonchè con le pensioni dirette di invalidità a qualsiasi titolo erogate dall’assicurazione generale obbligatoria (…). E’ comunque data facoltà all’interessato di optare per il trattamento economico più favorevole”;

il successivo comma 1 bis – introdotto dalla L. n. 412 del 1991, art. 12 cit. – stabilisce, a sua volta, che: “sono fatti salvi i diritti acquisiti dai i cittadini che abbiano conseguito le prestazioni pensionistiche per i minorati civili erogate dal Ministero dell’interno alla data del 10 gennaio 1992″;

la disciplina in oggetto è stata interpretata da questa Corte con l’affermazione del seguente principio:”il cumulo fra prestazioni a carattere diretto concesse a seguito di invalidità contratte per causa di lavoro o servizio e prestazioni pensionistiche a carico del Ministero dell’interno, vietato in linea generale dalla L. 29 dicembre 1990 n. 407, art. 3, comma 1, che ha fissato il principio dell’incompatibilità tra prestazione previdenziale e prestazione assistenziale, è consentito in base alla deroga apportata dal medesimo articolo, comma 1-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12, limitatamente ai casi di prestazione già effettivamente erogata alla data del 1 gennaio 1992, dovendosi escludere, attesa la natura eccezionale della norma derogatoria, suscettibile solo di stretta interpretazione, che possa attribuirsi rilievo al successivo riconoscimento, in sede giudiziale, del diritto all’erogazione con decorrenza anteriore a tale data” (Cass. n. 22641 del 2009; in argomento, v. anche Cass. n. 17940 del 2011); si è inoltre osservato che, mentre vanno senz’altro escluse dal novero delle prestazioni assistenziali incompatibili la pensione di inabilità erogata agli invalidi civili totali ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 12 la pensione non reversibile spettante ai ciechi civili di cui alla L. n. 382 del 1970, nonchè l’assegno mensile di assistenza per i sordomuti di cui alla L. n. 381 del 1970, art. 1 (poi definito pensione non reversibile dal D.L. n. 663 del 1979, art. 14-septies convertito nella L. n. 33 del 1980), ricade, invece, nella previsione di incompatibilità (e, perciò stesso di incumulabilità) l’assegno mensile di assistenza previsto per i soggetti solo parzialmente invalidi (v., in motivazione, Cass. n. 4868 del 2016), del quale si discute nella presente controversia;

sulla base di tali premesse, l’unica questione controversa in lite quella cioè della cumulabilità delle due prestazioni in ragione della data di decorrenza dell’assegno mensile di assistenza riconosciuto per effetto di pronuncia giudiziale – risulta decisa correttamente dalla Corte di appello, benchè la motivazione della sentenza non abbia reso palese l’intero iter argomentativo qui seguito;

nel caso di specie, infatti, non opera la “deroga” della cumulablità ma piuttosto la “regola generale dell’incompatibilità” dei due benefici; ciò perchè il riconoscimento della prestazione assistenziale, sia pure con data anteriore al 1992, è avvenuto in forza di una successiva pronuncia giudiziale;

vero è anche che questa Corte, con riferimento al diritto di opzione, ha osservato come la legge (id est: l’art. 3 sopra citato), nel concedere all’interessato il diritto di scelta non fra due diverse prestazioni di previdenza ed assistenza ma “per il trattamento economico più favorevole”, presuppone che lo stesso ad est: l’interessato) sia riconosciuto titolare dei due diversi diritti che può, conseguentemente, chiedere di accertare in giudizio, senza che possa essergli opposta l’eventuale preclusione derivante dall’avvenuto riconoscimento di uno soltanto di essi (Cass. n. 19226 del 2011; Cass. n.4868 del 2016);

tuttavia, nella specie, la questione controversa tra le parti non è l’accertamento del diritto all’attribuzione dell’assegno di invalidità civile in luogo della rendita Inail, di cui il F. già fruisce (v. motivazione Cass. n. 1079 del 2015), bensì l’accertamento del diritto del medesimo a fruire cumulativamente delle due prestazioni situazione non consentita – in ragione dell’epoca di riconoscimento dell’assegno di invalidità;

in conclusione, il ricorso, come prospettato, va respinto, perchè manifestamente infondato;

non si fa luogo a pronuncia sulle spese, avendo la parte ricorrente reso la autodichiarazione sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., come risulta dalla sentenza impugnata; sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

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