Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18271 del 26/08/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18271 Anno 2014
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FALASCHI MILENA

Formazione quote
— Immobili — non
comoda divisibilità

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12729/08) proposto da:
FOSSANI AGOSTINA, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avv.to Sergio Romanelli del foro di La Spezia e dall’Avv.to Enrico Dante del foro di Roma ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Tacito n. 10;
– ricorrente –

contro
FOSSANI ANGELO e FOSSANI BENITO, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Carla Previti ed
Alessandro Izzo del foro di Roma, in virtù di procura speciale per atto del notaio Rosario Patanè
di La Spezia dell’8.4.2014 rep. n. 89602, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in
Roma, via Cicerone n. 60;
– controricorrenti –

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Data pubblicazione: 26/08/2014

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 426 depositata il 4 aprile 2007.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 28 aprile 2014 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

uditi gli Avv.ti Enrico Dante, per parte ricorrente, e Carla Previti, per parte resistente;

Core, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato da ultimo il 15 giugno 1993 Agostina FOSSAN1 evocava, dinanzi al
Tribunale di La Spezia, i fratelli Angelo e Benito FOSSAN1 al fine di ottenere la divisione dei beni
mobili ed immobili dell’eredità relitta della madre FidaInna Aurora Gargani, vedova Fossani,
deceduta ab intestato il 23.1.1989, nonché dei beni immobili dismess,i dalla de cuius Agostina De
Simone, deceduta il 23.4.1970, madre di Benedetto Fossani, padre dell’attrice e dei convenuti,
,

deceduto il 29.11.1944, chiedendo, altresì, la resa del conto da parte di Benito FOSSANI, in
qualità di possessore dei beni ereditari.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza di Benito FOSSANI„ il quale esponeva che il
rendiconto doveva essere presentato da tutti gli eredi, avendo, in particolare, l’attrice ritirato gli ori
della madre, oltre alla somma erogata a titolo di indennità di accompagnamento in favore della
madre, mentre da sempre era stato lui a provvedere al mantenimento, alla cura e all’assistenza

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sergio Del

della madre, con la quale aveva abitato per oltre trenta anni, fino alla sua morte, per cui chiedeva
..

l’attribuzione dell’alloggio di famiglia, il giudice adito, espletata c.t.u., qostituito solo all’udienza del
19.10.1999 il convenuto Angelo FOSSANI, il quale chiedeva di congiungere la propria quota a
quella del fratello ed ai sensi dell’art. 720 c.c. l’attribuzione congiunta dei beni immobili ad uso
abitazione non divisibili (con conseguente

inammissibilità dell’assegnazione dei lotti

per

estrazione ex art. 729 c.c. poiché trattavasi dì porzioni diseguali), con sentenza n. 284 del 2003,

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m-

pronunziava lo scioglimento delle comunioni formatesi tra le parti in relazione alle due successioni
ereditarie e, in applicazione dell’art. 720 c.c., provvedeva all’attribuzione ai quotisti per i 213 del
lotto comprensivo dei beni immobili già in loro possesso, derivato dalla riunione in un unico lotto di
due dei tre lotti previsti dal progetto divisionale redatto dal c.t.u., ed assegnazione dell’ulteriore

In virtù di rituale appello interposto da Agostina FOSSANI, con il quale lamentava l’erroneità del
coordinamento effettuato tra gli artt. 720 e 729 c.c., giacché l’istanza di assegnazione congiunta
non implicava l’indivisibilità del bene (ma soltanto la formazione di porzioni diseguali), applicato
l’art. 720 c.c. per favorire l’assegnazione diretta, giustificata dal criterio dell’economicità, pur non
sussistendo ineguaglianza in natura delle quote ereditarie, vincolante il progetto divisionale come
modificato mediante l’inserimento del locale cantina nel lotto n. 3, per accettazione delle parti,
deducendo, altresì, che il giudice di prime cure aveva omesso di considerare la diversa
destinazione dei beni, terreni ed appartamenti, oltre a non avere provveduto sulla domanda di
divisione dei beni mobili e delle somme depositate sul libretto in possesso di Benito FOSSANI,
sull’obbligo di Angelo e Benito FOSSANI di corrispondere l’indennità di occupazione dei beni e
sull’obbligo di rendiconto, la Corte di appello di Genova, nella resistenza degli appellati, proposto
appello incidentale subordinato da Angelo FOSSANI per ottenere il rimborso delle spese
sostenuto per le opere di miglioramento apportate all’appartamento insuo possesso, respingeva il
gravame principale, dichiarato assorbito quello incidentale.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che il motivo di appello
relativo alla dedotta vincolatività del progetto divisionale asseritannente accettato dalle parti, che
peraltro riproduceva l’esposizione contenuta nella comparsa conclusionale depositata in primo
grado dall’attrice, non risultava menzionato nella comparsa conclusionale e nella memoria di
replica depositati dall’appellante, nè di esso vi era alcuna indicazione nella sentenza gravata.
Aggiungeva che nella pronuncia impugnata si dava atto che la sottoscrizione apposta da Angelo

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lotto alla quotista di 1/3.

FOSSANI al verbale di udienza del 19.10.1999 — da cui l’appellante sembrava voler far
discendere l’approvazione del progetto divisionale predisposto dal giudice istruttore — aveva il
solo scopo di evitare un’inutile notificazione del medesimo verbale al predetto FOSSANI,

FOSSAN1 e Angelo FOSSANI’facente parte del testo originario del verbale, non comprendendosi
diversamente neanche il motivo della fissazione di una successiva udienza per l’approvazione del
suddetto progetto. Di tutto ciò non teneva in alcun conto il motivo dell’appellante, con violazione
dell’onere di cui all’art. 342 c.p.c. e conseguente inammissibilità della censura.
Proseguiva la corte territoriale che nella specie non si poneva neanche una questione di
indivisibilità o di non comoda divisibilità per quote, giacchè della comunione facevano parte
immobili che seppure isolatamente considerati non potevano dividersi in tante frazioni quante
erano le quote dei condividenti, tuttavia consentivano, da soli o insierne ad altri beni, di comporre
la quota di alcuni in modo che porzioni degli altri potessero formarsi con i restanti immobili del
compendio.
Concludeva che nella divisione ereditaria avente le caratteristiche sopra specificate le porzioni
spettanti ai condividenti erano diseguali, in presenza di pluralità di richieste di attribuzione
dell’intero con l’addebito dell’eccedenza, con la conseguenza che l’individuazione del
condividente ovvero dei condividenti congiunti con quota maggiore, da preferire quale
assegnatario, ai sensi dell’art. 720 c.c., doveva effettuarsi tenendo conto della quota spettante su
ogni singolo immobile, sicchè la gravata sentenza risultava avere disposto la divisione in modo
conforme a siffatto principio.
Infine, quanto alla omessa statuizione sul riconoscimento della indennità di occupazione da parte
dei convenuti, sul rendiconto e sulla divisione delle somme di denaro di cui al libretto di deposito
evidenziava che seppure vi erano domande esposte con estrema genericità nell’atto introduttivo
del giudizio di primo grado, queste non erano state mai più riproposte nel corso del giudizio e

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cancellata la frase ‘sottoscrivono a conferma le parti interessate ,Agostina FOSSANI, Benito

soprattutto in sede di precisazione delle conclusioni, pur specificamente riprodotte dall’attrice, per
cui dovevano ritenersi abbandonante, e per l’effetto ostava alla loro proposizione in appello l’art.
345 c.p.c..

Agostina FOSSANI, articolato sulla base di tre motivi, al quale hanno replicato Angelo e Benito
FOSSANI con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
L’esame delle singole censure, nelle quali si articola il ricorso, deve ‘essere preceduto da quello
della pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso formulata .dalle parti resistenti, sotto il
profilo del difetto di specificità e chiarezza dei motivi di ricorso, in considerazione vuoi della
proposizione con unico motivo di plurime censure, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e in
relazione al n. 5, stesso art. 360 c.p.c., vuoi, anche, per le mere enunciazioni di violazioni di legge
o di vizi di motivazione che contengono le censure, senza consentire, nemmeno attraverso una
loro lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e
le argomentazioni che la sostengono, nè quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda
l’annullamento, secondo di parametri fissati dall’art. 366 n. 4 c.p.c., con richiamo all’art. 366 bis
c.p.c., prima parte (applicabile ratione temporis alla sentenza all’esame).
L’eccezione è infondata alla luce del principio, convalidato dalle SS.UU. di questa Corte (sentenza
31 marzo 2009 n. 7770), secondo cui nessuna prescrizione è rinvenibile nelle norme processuali,
che ostacolino la duplice denunzia con unico mezzo, di vizi di violazione di legge e di motivazione
in fatto (cfr. anche Cass. 18 gennaio 2008 n. 976), fermo restando che in tale caso il motivo si
deve concludere – come, del resto, è avvenuto nella specie – con una pluralità di quesiti, ciascuno

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Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione

dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stata,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto.
In particolare – anche qualora il ricorso sia formulato con riferimento olo al n. 3 o al n. 4, art. 360
c.p.c. – la formulazione di distinti e plurimi quesiti di diritto non può ritenersi contrastante, di per

concluda, a pena di inammissibilità, con “un quesito”; e ciò non solo, perché il motivo di ricorso
può essere articolato con riferimento a diverse e concorrenti violazioni di legge, con la
conseguenza che il quesito deve rispecchiare ciascuna di tali articolazioni, potendo ben
assumere una forma, anche dal punto di vista grafico, separata (Cass. 9 giugno 2010 n. 13868) essendo, anzi, necessario che il motivo formalmente unico, ma in effetti articolato in profili
autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, si concluda con la formulazione di tanti
quesiti per quanto sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Sez. Unite 9
marzo 2009 n. 5624) – ma anche perché la funzione del quesito, di sintesi logico-giuridica della
questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, non può dirsi elusa, quando esso sia
formulato per più punti e questi consistano in più proposizioni, intimamente connesse, che, per la
loro funzione unitaria, sotto il profilo logico e giuridico, risultino complessivamente idonee, pur
sovrapponendosi parzialmente, a far comprendere senza equivoci la violazione denunciata ed a
richiedere alla Corte di affermare un principio di diritto contrario a quello posto a base della
decisione impugnata (Cass. 6 novembre 2008 n. 26737).
Né appare violato il precetto dell’art. 366, n. 4 c.p.c. che si deve intendere rispettato tutte le volte
che attraverso la sommaria esposizione dei fatti della causa e lo svolgimento dei motivi, posti a
base del ricorso, si riesca ad identificare — come nella specie – il principio di diritto che si assume
violato (Cass. n. 3997 del 2003).
L’eccezione di inammissibilità nei termini sopra precisati va, dunque, rigettata.

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sè, con la disposizione dell’art. 366 bis c.p.c. per il solo fatto che questa esige che il motivo si

Venendo al merito del ricorso, con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 720 c.c., nonché vizio di motivazione, per avere la corte distrettuale — con
motivazione insufficiente e contraddittoria — applicato detta disposizione, qualificando i beni

in considerazione la dichiarazione dei fratelli Fossani circa la volontà di riunire le loro quote, nel
confermare quanto statuito sul punto dal giudice di prime cure, ha assegnato agli stessi quotisti i
due lotti già predisposti in sede di divisione, attribuito alla ricorrente il terzo, senza dare alcun
risconto alla richiesta di assegnazione formulata dalla stessa, pur riconosciuta ammissibile. Del
resto poteva essere ricompreso nel terzo lotto il locale cantina del primo lotto, bene che non è
detto da alcuno che sia indivisibile. L’illustrazione del mezzo è conclusa dalla formulazione del
seguente quesito di diritto: “Rilevato che nella fattispecie trattasi di beni comodamente divisibili in
quanto riguardanti due appartamenti ed alcuni terreni ed evidenziata la possibilità, così come
effettuato, della creazione di tre lotti distinti, e non rendendosi necessario alcun frazionamento,
riferisca la Suprema Corte sull’applicabilità o meno del disposto dell’art. 720 c. c., con
conseguente rigetto della richiesta di assegnazione congiunta avanzata dai sig. Fossani Angelo e
Fossani Bendo”.

Con il secondo motivo è dedotta insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo per il giudizio (divisibilità dei beni oggetto della divisione) e violazione dell’art. 729 c.p.c.,
per avere la corte di merito dipartendo da una erronea situazione di fatto concernente un’asserita
e non giustificata indivisibilità del bene, contraria alle risultanze istruttorie e peritali, in
accoglimento delle istanze dei fratelli Fossani, in conferma della deciSione di primo grado, creato
un nuovo lotto comprensivo degli appartamenti, pur trattandosi di lotti distinti, separati ed
autonomi, riunendo i primi due lotti costituiti oltre che da due appartamenti, da altri appezzamenti
di terreno e da beni mobili. In altri termini, l’assegnazione che viene riferita in primo grado e
condivisa in secondo grado, che ‘il miglior criterio per la formazione del lotto maggiore’

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oggetto di divisione erroneamente come indivisibili. In altri termini, la corte territoriale prendendo

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consistesse nella riunione di beni, per lo più separati, non doveva, né poteva essere condivisa,
essendo carente il presupposto richiesto dall’art. 729 c.c. concernente l’indivisibilità di un bene.
Ben vero che il principio posto dalla predetta norma può essere derogato in base a valutazioni

dispregio della disposizione è stato giustificato esclusivamente con riferimento all’art. 720 c.c.,
qualificando i beni come indivisibili, senza l’indicazione di valide ragioni per escludere la regola
del sorteggio. A corollario della censura è posto il seguente quesito di diritto: “Dato che trattasi di
beni divisibili che hanno reso possibile la formazione di tre lotti distinti, esamini la Suprema Corte
l’applicabilità alla fattispecie del disposto dell’art. 729, comma 1, c.c. con l’assegnazione a
sorteggio dei beni costituenti il compendio ereditario. Riferisca sull’impossibilità di assegnazione
congiunta di due lotti, per di più autonomi e distinti, al solo fine di un favoritismo nei confronti dei
sig. Fossani Benito e Angelo a discapito del terzo erede Fossani Agostina”.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione che li avvince, intesi come
sono, entrambi, sostanzialmente a contestare il giudizio di indivisibilità dei beni de quibus operato
dalla Corte di merito, sono, con riferimento a tale prospettazione, meritevoli di accoglimento nei
sensi di seguito esposti.
Questa Corte (Cass. 9 ottobre 2007 n. 21085) ha già avuto occasione di statuire che, in tema di
divisione di comunione ereditaria con parità di quote, qualora alcuni dei condividenti vogliano
mantenere la comunione con riferimento alle quote loro spettanti, ottenendo l’assegnazione

prettamente discrezionali del giudice di merito, tuttavia nella specie l’attribuzione dei beni in

congiunta di una quota pari alla somma delle loro singole quote, deve ritenersi sussistere, ai
sensi dell’art. 729 c.c., una ipotesi di porzioni diseguali con conseguente impossibilità di
procedere all’assegnazione delle quote mediante sorteggio e la necessità, quindi, di disporre
l’attribuzione delle quote stesse da parte del giudice: ciò in quanto l’alterazione della originaria
eguaglianza delle quote ereditarie, dovuta alla richiesta di alcuni coeredi di attribuzione di una
porzione corrispondente ad una quota pari alla somma delle singole quote loro spettanti,

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m

determina un inevitabile riflesso sulle modalità di attuazione della divisione e giustifica la mancata
adozione del criterio di estrazione a sorte.
L’art. 720 c.c., che disciplina l’ipotesi in cui l’eredità comprenda beni immobili non comodamente

dell’igiene e la divisione dell’intero non possa effettuarsi senza il loro frazionamento, inoltre
stabilisce che in tale ipotesi detti immobili devono preferibilmente essere compresi per intero, con
addebito dell’eccedenza, nelle porzioni di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o
anche alle porzioni di più coeredi ove questi ne richiedano congiuntamente l’attribuzione.
La deroga alla previsione dell’art. 729 c.c. – la cui applicazione è rimessa alla valutazione
discrezionale del giudice, che, peraltro, deve adeguatamente motivarla – è riferibile
esclusivamente alla ipotesi in cui singole unità immobiliari siano considerate indivisibili.
La indivisibilità ex art. 720 c.c., non può, però, riguardare blocchi di beni, dovendo trattarsi di beni
oggettivamente indivisibili. Al riguardo deve rilevarsi che secondo l’orientamento consolidato di
questa Corte (cui correttamente si richiama la ricorrente) in tema di divisione giudiziale la non
comoda divisibilità di un immobile, integrando una eccezione al diritto potestativo di ciascun
partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi giustificata solo quando
risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti costituiti dalla irrealizzabilità del
frazionamento dell’immobile o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dalla
impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, non
compromesse da servitù, pesi o limitazioni eccessivi (vedi in tal senso Cass. 9 settembre 2004 n.
18135; Cass. 22 luglio 2005 n. 15380)
Nella specie, la massa ereditaria da dividere si compone di una molteplicità di beni, suddivisi dal
consulente in tre distinti lotti, in due dei quali sono stati ricompresi gli immobili di maggiore pregio
costituiti dai due appartamenti e dalla cantina, godibili separatamente dai due fratelli: ebbene,
proprio la pluralità dei lotti avrebbe dovuto comportare la esclusione della sussistenza dei

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divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o

presupposti della deroga al principio di cui all’art. 729 c.c., presupponendo il progetto redatto dal
c.t.u. la divisibilità dei beni immobili e la conseguente possibilità di formazione di quote anche
sostanziali uguali e di estrazione a sorte.

del sorteggio previsto in tema di divisione ereditaria dall’art. 729 c.c. in presenza di quote uguali,
come appunto nella fattispecie; è pur vero che detto criterio non ha carattere assoluto, ma
soltanto tendenziale, ed è pertanto derogabile, in presenza di valide ragioni, in base a valutazioni
prettamente discrezionali insindacabili in sede di legittimità, salvo che sotto il profilo del vizio di
motivazione (Cass. 28 aprile 2005 n. 8833; Cass. 18 gennaio 2007 n. 1091). Ebbene nella specie
il giudice di appello non ha offerto alcuna argomentazione in ordine alla mancata adozione del
criterio del sorteggio, cosicché è evidente la sussistenza del denunciato vizio di motivazione.
Con il terzo motivo è denunciata la insufficiente e contraddittoria motivazione sulla
rivalutazione dei beni e sul criterio adottato per la quantificazione e l’incremento di valore, per
avere la corte di merito determinato il valore dei beni de quibus riferendosi al momento della
decisione del giudizio divisorio, con ricorso alla rivalutazione della stima operata officio iudicis,
ritenendo che l’aggiornamento dei valori sia sufficiente, senza tenere conto della lievitazione dei
prezzi di mercato dei beni, in particolare il reale aumento di valore dell’immobile nelle more del
processo, ragione per la quale la ricorrente aveva richiesto il rinnovo della perizia, tenuto conto
che la relazione peritale espletata risaliva al lontano 1996. A corolla0o del mezzo è formulato il
seguente quesito: “Statuisca la Suprema Corte sulla necessità che il valore dei beni
(appartamenti e terreni oggetto di divisione) venga determinato sulla base del valore
commerciale e non sul valore desunto dalla rendita ricavabile in caso di locazione, come
risultante in atti. Richiamato il principio per cui, in sede di divisione, deve essere preso in
considerazione il valore del bene al momento della decisione e considerato che la perizia risale al
1996, riferisca sulla necessità di adeguare i valori al prezzo di mercato anche in relazione alla

lo

È pertanto fondato anche l’ulteriore profilo di censura relativo alla mancata adozione del criterio

ubicazione degli stessi (Parco della Cinque terre, con impossibilità di edificazione, etc.) ed alle
loro caratteristiche. Riferisca inoltre sulla inidoneità di una semplice rivalutazione monetaria ex
indici lstat dei valori originari”.

Anche detta doglianza è da accogliere.

la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della
divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della
relativa domanda giudiziale (Cass. n. 15634 del 2006).
Si è poi chiarito che, nel relativo giudizio, occorrendo assicurare la formazione di porzioni di
valore corrispondente alle quote, può aversi riguardo alla stima dei beni effettuata in data non
troppo vicina a quella della decisione soltanto se si accerti che, nonostante il tempo trascorso,
per la stasi del mercato o per il minor apprezzamento del bene in relazione alle sue
caratteristiche, non sia intervenuto un mutamento di valore che renda necessario l’adeguamento
di quello stabilito al tempo della stima; il relativo accertamento è risrvato all’apprezzamento di
fatto del giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità qualora non sia sorretto da una
motivazione logica ed adeguata (v. Cass. n. 3635 del 2007).
Tale orientamento è stato, di recente, oggetto di una precisazione, essendosi ritenuto che,
proprio per la possibile stasi dei mercato e del conseguente deprezzamento del bene, la parte
che solleciti una rivalutazione degli immobili per effetto del tempo trascorso dall’epoca della stima
deve allegare ragioni di significativo mutamento del valore degli, stessi intervenute medio
tempore, non essendo sufficiente il mero riferimento al lasso temporale intercorso (Cass. n. 3029
del 2009).
La richiamata affermazione, peraltro, non inficia il principio generale secondo il quale il valore dei
beni da dividere va considerato con riferimento al momento della divisione, al fine di garantire il
rispetto dell’equilibrio tra le quote.

11

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di divisione ereditaria, la stima dei beni per

Ebbene, nella specie, non è revocabile in dubbio che la valutazione del patrimonio immobiliare da
dividere operata sulla base di un progetto divisionale redatto in epoca prossima all’anno 2001 alla
stregua di valutazioni risalenti a perizia del 1996, e che ha dato luogo ad una divisione disposta

di merito, che le eventuali oscillazioni di valore dei beni in questione rispetto alla valutazione degli
stessi riferita al 1996 non avrebbero pregiudicato la appellante, poiché recuperato attraverso il
ricorso alla rivalutazione della stima officio iudicis.
Al riguardo, esattamente la ricorrente ha sottolineato che un siffatto rilievo non tiene conto della
diversa incidenza che sulle costruzioni — rispetto ai terreni – può svolgere il fluire del tempo,
correttamente valorizzando la circostanza che i due appartamenti, nonché la cantina assegnati ai
fratelli Angelo e Benito presentano una tipologia di bene notevolmente differente con riferimento
ai fondi a lei destinati, considerata la inedificabilità delle aree ricomprese nel Parco Nazionale
delle Cinque Terre, con conseguente maggiore pregio delle abitazioni per la rendita ricavabile,
dovendo peraltro tenersi conto ai fini dell’accertamento dei valori di mprcato degli immobili anche
della circostanza dell’avvento della moneta europea intervenuto proprio negli anni 2001-2002.
In definitiva, il ricorso principale deve, per quanto di ragione, essere accolto.
La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della corte di
appello di Genova la quale la riesaminerà e procederà di nuovo a predispone il progetto
divisionale tenendo conto dei rilievi sopra esposti ed uniformandosi ai principi di diritto sopra
enunciati. Il designato giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di
cassazione.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso;

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nel 2003, risulti affetta da vizio di illogicità. A nulla vale, in contrario, osservare, come fa la Corte

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra
Sezione della Corte di appello di Genova.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2″ Sezione Civile, il 28 aprile 2014.

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