Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18270 del 16/09/2016

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2016, (ud. 01/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul regolamento di competenza richiesto d’ufficio dal Tribunale per i

minorenni di Brescia, con ordinanza del 21 maggio 2015, nel

procedimento civile iscritto al n. 469/2015 R.G., nei confronti di:

D.M. e D.C.;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 1

luglio 2016 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca, la quale

ha chiesto dichiararsi la competenza del Tribunale per i minorenni

di Brescia.

Fatto

1. Con decreto del 10 febbraio 2015, il Tribunale per i minorenni di Bologna ha disposto la trasmissione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale, caso di diffusione del per i minorenni di Brescia degli atti relativi al procedimento promosso dal Pubblico Ministero, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., nell’interesse dei minori D.M. e C., rilevando che nelle more il nucleo familiare dei minori ha trasferito in provincia di (OMISSIS) il proprio luogo di abituale dimora.

2. Il Tribunale per i minorenni di Brescia, dinanzi al quale è stata riproposta la domanda, con ordinanza del 21 maggio 2015 si è dichiarato incompetente, richiedendo d’ufficio il regolamento di competenza.

Premesso che i minori, al momento della proposizione dell’originaria domanda residenti con i genitori in (OMISSIS), erano stati dapprima collocati in affidamento eterofamiliare presso una famiglia di (OMISSIS), ed in seguito ricollocati presso i genitori, il Tribunale ha rilevato che questi ultimi si erano successivamente trasferiti a (OMISSIS) e poi a (OMISSIS), avendo la madre trovato un lavoro in provincia di Bergamo. Ciò posto e ritenuto che, nonostante il tenore del dispositivo, il decreto del Tribunale per i minorenni di Bologna abbia la natura sostanziale di una declaratoria d’incompetenza per territorio, il Tribunale ha affermato che, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., applicabile anche ai procedimenti de potestate, la competenza va determinata in base allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non può quindi essere arbitrariamente modificata ad opera di una delle parti. Ha escluso che la necessità di seguire costantemente la situazione del minore possa essere utilizzata come criterio per abrogare di fatto il principio della perpetuano jurisdictionis, operante a tutela del minore proprio per evitare che le scelte dei genitori ne comportino la sottrazione al giudice naturale ed impediscano l’esecuzione delle decisioni adottate in suo favore. Ha ritenuto inconferente il richiamo alla disciplina dettata dal regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, volta soltanto a regolare i rapporti tra giurisdizioni di Stati diversi, rilevando comunque che, ai sensi dell’art. 10 di tale regolamento, il trasferimento illecito del minore non comporta il venir meno della competenza del giudice del luogo di abituale dimora. Ha ritenuto altresì inapplicabili i principi enunciati dalla giurisprudenza in materia di affidamento etero-familiare, in quanto relativi ad un istituto autonomamente disciplinato dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, che ha introdotto espressamente il principio di prossimità, ribadendo comunque che nella specie il procedimento non è stato definito nel merito dal Tribunale per i minorenni di Bologna, il quale si è limitato a chiuderlo con una declaratoria di incompetenza territoriale sopravvenuta.

3. – Le parti non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

1. Come si evince dagli atti, il procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni di Bologna, avente ad oggetto l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 336 c.c., ha avuto inizio nel mese di luglio 2008, quando, su ricorso del Pubblico Ministero, si è provveduto, nell’interesse dei minori D.M. e C., ad impartire prescrizioni ai genitori e a disporre l’attuazione d’interventi di sostegno da parte dei Servizi sociali, cui hanno fatto seguito in un primo momento l’affidamento eterofamiliare dei minori, disposto con Decreto 20 ottobre 2011, e successivamente il loro ricollocamento presso i genitori, realizzatosi nel mese di (OMISSIS). Il procedimento è quindi proseguito dinanzi al Tribunale per i minorenni di Bologna, fino a quando è emerso che il nucleo familiare aveva trasferito la propria dimora dapprima in (OMISSIS), ed in seguito a (OMISSIS), dove la madre dei minori aveva trovato lavoro: è in virtù di tale accertamento, e della conseguente necessità d’investire della questione i Servizi sociali del luogo di attuale dimora dei minori, che il Tribunale per i minorenni di Bologna ha declinato la propria competenza in favore di quello di Brescia, evidenziando la maggiore immediatezza ed incisività degl’interventi attuabili dai predetti Servizi, e ritenendo che l’oggetto del procedimento giustifichi un contemperamento del principio generale della perpetuatio jurisdictionis con quello di prossimità desumibile dal regolamento CE n. 2201/2003, secondo cui il giudice territorialmente competente dev’essere individuato sulla base del luogo in cui il minore legittimamente si trova.

1.1. In quanto volto a disciplinare i rapporti tra le giurisdizioni degli Stati membri dell’Unione Europea, il predetto regolamento non può peraltro trovare applicazione nella fattispecie in esame, nella quale non è in discussione la spettanza della giurisdizione all’Autorità giudiziaria italiana, ma solo l’individuazione del giudice territorialmente competente: è infatti pacifica l’applicabilità dell’art. 8, par. 1 del regolamento, non essendo contestato che i minori, oltre ad essere cittadini italiani, risiedano abitualmente in Italia, mentre occorre stabilire se la competenza spetti al Tribunale dei minorenni del luogo in cui essi risiedevano al momento dell’instaurazione del procedimento o a quello del luogo in cui si sono successivamente stabiliti. Il trasferimento della competenza all’autorità giurisdizionale del luogo con il quale il minore abbia un legame particolare è d’altronde previsto dallo art. 15 del regolamento come misura dichiaratamente eccezionale rispetto all’ordinaria ripartizione della giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale, disciplinata dagli artt. 8 e ss. sulla base del criterio della residenza abituale del minore, derogabile soltanto nei casi di illecito trasferimento dello stesso o di contemporanea pendenza di un giudizio di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio tra i genitori (cfr. Cass., Sez. 6, 12 aprile 2016, n. 7161).

Il predetto criterio, oltre a trovare riscontro nella Convenzione sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, adottata a L’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata con L. 24 ottobre 1980, n. 742, corrisponde a quello applicabile nell’ordinamento interno ai procedimenti finalizzati all’adozione dei provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale e sulle modalità del suo esercizio, che individua il tribunale per i minorenni territorialmente competente sulla base della residenza di fatto del minore, e quindi del luogo di abituale dimora dello stesso, da determinarsi in riferimento alla data di proposizione della domanda o, in caso di procedimento iniziato d’ufficio, alla data d’inizio del procedimento stesso, senza che possano assumere alcun rilievo gli eventuali trasferimenti aventi carattere contingente e transitorio (cfr. Cass., Sez. 6, 19 luglio 2013, n. 17746; Cass., Sez. 1, 31 gennaio 2006, n. 2171; 7 luglio 2001, n. 9266). In quanto prevista a tutela d’interessi aventi rilevanza pubblicistica, tale competenza ha carattere inderogabile, e comunque, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., non può subire modificazioni per effetto di mutamenti dello stato di fatto o di diritto intervenuti successivamente all’instaurazione del procedimento; come ripetutamente affermato da questa Corte, infatti, nei procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c., la competenza territoriale del giudice adito rimane ferma, nonostante lo spostamento in corso di causa della residenza anagrafica o del domicilio del minore, derivante dal trasferimento del genitore con il quale egli convive, trovando applicazione anche in tal caso il principio generale della perpetuatio jurisdictionis, il quale risponde ad ineliminabili esigenze di certezza ed effettività della tutela giurisdizionale, e prevale pertanto su quello di prossimità, tutte le volte in cui il provvedimento in relazione al quale occorre individuare il giudice competente sia lo stesso richiesto con il ricorso introduttivo o con altra istanza che s’inserisca incidentalmente nella medesima procedura (cfr. Cass., Sez. 1, 29 gennaio 2008, n. 1998; 11 marzo 2003, n. 3587; 13 ottobre 1981, n. 5352).

Non può condividersi, al riguardo, l’affermazione del Tribunale per i minorenni di Bologna, secondo cui, poichè le vicende relative alla potestà genitoriale ed al suo esercizio spesso non si esauriscono in un solo momento, ma attengono a situazioni sostanziali che si modificano e si protraggono nel tempo, l’esigenza di tutelare nel modo più effettivo possibile l’interesse del minore può consentire una deroga o comunque un temperamento del principio della perpetuatio competentiae, in ragione del trasferimento del minore in un altro territorio e della conseguente necessità che il procedimento si svolga dinanzi agli uffici giudiziari del luogo dove egli vive legittimamente. Tale osservazione, ripresa da un precedente delle Sezioni Unite di questa Corte in materia di affidamento eterofamiliare (cfr. Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2008, n. 28875), trova infatti giustificazione in relazione alla disciplina dettata dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 4 (come sostituito dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 4), che, analogamente a quanto previsto dall’art. 8 (a sua volta sostituito dalla cit. L. n. 149, art. 8) per la dichiarazione di adottabilità, assegna espressamente il procedimento relativo allo affidamento alla competenza territoriale del tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trova il minore (cfr. Cass., Sez. 1, 15 marzo 1996, n. 2184).

E’ pur vero che, nell’escludere la prevalenza del principio di prossimità su quello della perpetuatio jurisdictionis, questa Corte ha avuto modo di precisare che l’attribuzione della competenza territoriale al tribunale per i minorenni del luogo nel quale è stata trasferita la residenza o la dimora abituale del minore può trovare giustificazione nel caso in cui il provvedimento da adottare non sia quello richiesto con l’originario ricorso o con altra istanza incidentalmente proposta nello ambito del medesimo procedimento, ma si configuri come un provvedimento nuovo ed autonomo (cfr. Cass., Sez. 1, 11 marzo 2003, n. 3587, cit.): tale precisazione, tuttavia, postulando l’avvenuta instaurazione di un distinto procedimento, ai fini del quale occorre procedere nuovamente all’individuazione del giudice competente, si traduce sostanzialmente in una conferma del criterio enunciato in via generale, che impone di fare riferimento alla situazione in atto al momento della proposizione della domanda o dell’avvio del procedimento.

1.2. L’applicazione dei predetti principi impone, nel caso di specie, la dichiarazione della competenza per territorio del Tribunale per i minorenni di Bologna dinanzi al quale è stato promosso il procedimento di cui agli artt. 330 e 336 c.c., non assumendo alcun rilievo, a tal fine, nè il ricongiungimento dei minori ai genitori, avvenuto per iniziativa dei Servizi sociali, nè la decisione, assunta successivamente dai genitori, di trasferire la residenza dei minori nel distretto del Tribunale per i minorenni di Brescia. Il primo evento, pur essendosi tradotto nella cessazione di fatto dell’affidamento eterofamiliare, alla quale non ha fatto riscontro un formale provvedimento di revoca da parte del Giudice che l’aveva disposto, non ha infatti comportato la definizione del procedimento instaurato dinanzi a quest’ultimo, che è proseguito per circa un anno e mezzo, ai fini dell’adozione dei provvedimenti inizialmente richiesti dal Pubblico Ministero, ed a seguito della dichiarazione d’incompetenza del Tribunale bolognese è stato riattivato nei medesimi termini dinanzi al Giudice dichiarato competente, senza soluzione di continuità, restando pertanto esclusa la novità del provvedimento richiesto rispetto a quello originariamente sollecitato.

2. – La proposizione d’ufficio del regolamento di competenza esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni di Bologna.

Ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 1 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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