Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18270 del 06/09/2011

Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 06/09/2011), n.18270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1413/2006 proposto da:

C.P. (OMISSIS), nella qualità di socio e

legale rappresentante della Società CUOMO & CENSI

s.n.c.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo

studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati RONCHINI MARINA, GENTILE SERGIO;

– ricorrente –

contro

L.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO 48, presso lo studio dell’avvocato

BARDANZELLU GIOVANNI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DI PATRIZIO MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1513/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito l’Avvocato FIORE Giovanna,, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BARDANZELLI Giovanni, difensore del resistente che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 3.6.1996 C.P., nella sua qualità di socio e legale rappresentante della Cuomo & Censi s.n.c., proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 26.3.1996, emesso dal Pretore di Milano a carico dei soci illimitatamente responsabili, Cu.Um. e C.P., per l’importo di L. 9.444.550 oltre accessori, a tìtolo di corrispettivo per prestazioni professionali, svolte da L. C. quale dottore commercialista, come indicate nella parcella liquidata dal Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano. In via riconvenzionale il C. chiedeva la condanna del professionista al risarcimento dei danni per omessi adempimenti fiscali.

Il L. si costituiva in giudizio chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

Con sentenza 11.7.2002 il GOA del Tribunale di Milano, ritenuta priva di riscontri probatori sia la pretesa del professionista che la domanda riconvenzionale dell’opponente, rigettava tali domande e revocava il decreto ingiuntivo, compensando integralmente tra le parti le spese di lite.

Avverso tale decisione proponeva appello il L. e, con sentenza 4.5.2005, la Corte d’Appello di Milano, contumace il C., in riforma della sentenza impugnata ed in accoglimento dell’appello,confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannando la parte opponente – appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Rilevava la Corte di merito che, a fronte delle generiche contestazioni sulla mancanza del mandato professionale, sulla genericità e ripetitività delle voci esposte in parcella, sin dal giudizio di primo grado, il L. aveva fornito adeguata prova del conferimento del mandato, della esecuzione delle prestazioni elencate nella parcella e dello loro congruità, attraverso le produzioni documentali e la deposizione testimoniale resa da R.A.M..

Tale decisione era impugnata da C.P., con ricorso per cassazione basato su due motivi di ricorso, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resisteva con controricorso il L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce:

1) violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 7; art. 163 bis c.p.c.; artt. 164 e 159 c.p.c., in relazione all’art. 342 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4, per nullità dell’atto di citazione in appello e di tutti gli atti conseguenti,compresa la sentenza impugnata; la copia dell’atto di citazione in appello, notificata in data 25.9.2003, mancava totalmente della pagina contenente l’indicazione del giorno e luogo dell’udienza e dell’invito al convenuto a costituirsi in giudizio, nonchè del petitum; tanto comportava il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado con cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado;

2)violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 342 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti; contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, la parcella, corredata della liquidazione dell’Ordine di appartenenza, non assolveva all’onere probatorio relativo alla effettività e consistenza delle prestazioni eseguite, integrando la parcella una semplice dichiarazione unilaterale del professionista, nè le voci in essa indicate trovavano riscontro nelle produzioni documentali del professionista;

pur in presenza di documenti incompleti, privi di sottoscrizione, il Giudice di Appello aveva, inoltre, sostenuto, con motivazione contraddittoria ed insufficiente, che le copie prodotte in atti erano quelle in uso al contribuente e non gli originali e che le stesse lasciavano presumere la predisposizione dei corrispondenti originali;

peraltro, la dichiarazione testimoniale di R.A.M. era da ritenersi inattendibile in quanto contrastante sia con la documentazione depositata che con le altre deposizioni testimoniali.

Il ricorso è infondato.

Premessa l’irrilevanza, sul piano processuale, dell’avvenuta cancellazione, successivamente alla sentenza di appello, della società ricorrente, in persona di C.P., evento portato a conoscenza da quest’ultimo con la memoria ex art. 378 c.p.c., va rilevato che con la prima doglianza si lamenta non la mancata indicazione, nella copia dell’atto di appello notificato, della data di comparizione e dell’invito a costituirsi, ma solo il difetto della pagina 7, recante tali elementi. A fronte, però, del tenore della relata di notifica, laddove l’Ufficiale giudiziario attestava la consegna “di copia conforme all’originale”, deve ritenersi, in aderenza alla giurisprudenza della S.C., che la copia consegnata sia conforme all’atto originale nella sua completezza, secondo quanto previsto dall’art. 137 c.p.c., in quanto la risultanza della relazione di notificazione può essere rimossa solo con la proposizione, ad istanza della parte, della querela di falso (Cfr.

Cass. SS.UU. n. 614/99); n. 11482/2002; n. 12461/2004). Del pari infondata è la seconda censura, avendo la Corte di merito dato conto della prova, (documenti e testimonianza) dell’effettiva esecuzione, da parte del L., di tutte le prestazioni elencate nella parcella liquidata dal Consiglio dell’Ordine. La doglianza relativa alla “parziale compilazione” ed il “difetto di sottoscrizione” di alcuni modelli ministeriali è stata, peraltro, congruamente disattesa dai giudici di appello per la genericità della censura stessa e per il difetto di concreti elementi di riscontro. Il motivo di ricorso si risolve, quindi, nella prospettazione di una diversa valutazione delle prove e del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esente da vizi logici ed errori di diritto( Cfr. Cass. n. 11728/2002).

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.800,00 per onorari ed Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011

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