Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18269 del 06/09/2011

Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 06/09/2011), n.18269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

Sul ricorso proposto da:

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato RAMPELLI

ELISABETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBOZZI VITO;

– ricorrente –

contro

B.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 249/2004 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 14/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.S. con citazione notificata in data 22.01.82 evocava in giudizio avanti al Tribunale di Melfi, C.F. deducendo di avere eseguito lavori di riattamento del fabbricato di proprietà di quest’ultimo, sito in (OMISSIS), danneggiato dal sisma del 1980, per un importo di L. 10.564.260, ricevendone a saldo la minor somma di L. 7.500.000. Chiedeva pertanto la condanna del convenuto al pagamento della residua somma di L. 3.064.260, oltre interessi e rivalutazione. Il C., costituitosi in giudizio, contestava la domanda attrice, sostenendo di aver corrisposto al B. quanto gli spettava, come da dichiarazione a saldo in data 16.10.81 da lui stesso sottoscritta, dopo il ricevimento della residua somma di L. 3.500.000. L’adito tribunale di Melfi, con sentenza n. 142/91 rigettava la domanda attrice, ritenendo che la prodotta quietanza a saldo avesse natura confessoria circa l’avvenuto totale pagamento del corrispettivo, per cui aveva ritenuto inammissibili le richieste istruttorie dedotte dall’attore. Avverso la sentenza proponeva appello il B. deducendo che la c.d.

quietanza a saldo non aveva alcun valore di confessione stragiudiziale, costituendo invece mera dichiarazione di scienza.

L’adita Corte d’appello di Potenza, ammetteva le dedotte prove per interpello e testi, nonchè disponeva CTU per la verifica dei lavori effettivamente eseguiti dall’appaltatore; quindi, con sentenza n. 249/04 depos. il 14.10.2004, in parziale accoglimento del gravame, condannava il C. al pagamento della minor somma di Euro 698,44, con rivalutazione ed interessi legali oltre al pagamento delle spese del doppio grado, che compensava in misura del 50%. Secondo la corte potentina il rilascio della c.d. quietanza a saldo non era ostativo del riconoscimento degli ulteriori crediti dell’appaltatore, desumibili nella fattispecie dall’espletata istruttoria. Avverso la predetta pronuncia ricorre per cassazione. Il C. sulla base di un unico articolato mezzo; l’intimato non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso l’esponente denuncia la violazione dell’art. 1199 c.c.; nonchè l’omessa insufficiente o contraddittoria motivazione; deduce che il B. ha agito quale appaltatore titolare di un’impresa vera e propria e che quale imprenditore aveva reso consapevolmente la dichiarazione liberatoria richiestagli dal C., nella piena coscienza di non aver altro credito per la specificata causale. Pertanto l’aver la Corte distrettuale ancorato la presunzione dell’errore di fatto ai principi che regolano le rinunzie transazioni dei lavoratori subordinati vizia nei presupposti logici e giuridici tutta la motivazione della sentenza. D’altra parte la stessa Corte ha “dato per scontato” la presunzioni di errore contabile in base all’errato convincimento che lo stesso costituiva “presunzione logica” della mancata previsione del corrispettivo e della necessità della determinazione contabile.

La doglianza non ha pregio. Invero la quietanza costituisce esclusivamente una dichiarazione della parte circa la ricezione di una determinata somma, mentre esula dalla stessa, nella sua formulazione tipica, un qualsiasi “animus confitendi” in ordine alla causa del pagamento. Tutto ciò è conforme alla costante giurisprudenza di questo S.C. secondo cui la quietanza ha valore probatorio di regola limitatamente alla somma della quale attesta la ricezione, a meno che, in base a particolari elementi di fatto che devono essere individuati, si evidenzi la volontà abdicatoria del richiedente in relazione ad altri importi dovuti per il medesimo titolo – oltre quelli indicati come percepiti – o la volontà comune delle parti in relazione ad un dissenso sia pure potenziale su un determinato rapporto giuridico di evitare ogni contesa mediante reciproche concessioni (Cass. n. 11451 del 12/11/1998; Cass. n. 2710 del 29/05/1978; Cass. n. 11274 del 15/11/1993). Nel caso in esame non è stata allegata alcuna prova circa la volontà dell’appaltatore di rinunciare, con la firma della quietanza, alla somma complessivamente dovuta in ragione del titolo in esame. Correttamente quindi il giudice d’appello ha ammesso la prova concernente il residuo credito preteso dall’attore. Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011

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