Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18268 del 06/09/2011

Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 06/09/2011), n.18268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1391/2006 proposto da:

Z.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato

BARBANTINI MARIA TERESA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALTIERI GIANNANTONIO;

– ricorrente –

contro

S.M. (OMISSIS), S.I. in

L. (OMISSIS), nella qualità di eredi del padre Dott.

S.A. e della madre L.S.S.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato BOUSIER NIUTTA CARLO, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIAQUINTO UMBERTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2022/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato ALTIERI Giannantonio, difensore del ricorrente che

ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 10.11.1993 l’avv. Z.N., nq di erede universale dell’avv. Z.A., conveniva avanti al Tribunale di Rovigo, L.S.F. (ved. S., S.M. e S.I., quali eredi del defunto S.A., chiedendo la condanna delle stesse al pagamento pro-quota della complessiva somma di L. 243.571.350 a titolo di compensi professionali dovuti all’avv. Z.A., che aveva assistito il defunto S. in alcune controversie civili e tributarie e che, dopo la sua morte, aveva curato per incarico dei suoi eredi, le pratiche di successione.

Si costituivano le convenute contestando la domanda di cui chiedevano il rigetto eccependo, in particolare l’avvenuta prescrizione dei crediti azionati, il pagamento da parte del loro dante causa di quanto dovuto, come da documentazione prodotta ed in via del tutto subordinata, la sproporzione dei compensi richiesti, in modo particolare per quanto riguardante la pratica di successione.

L’adito tribunale di Rovigo, espletata l’istruttoria, con la sentenza n. 892/2001 riteneva saldato il credito del legale per quanto riguardava l’attività svolta nelle ricordate cause, mentre accoglieva la domanda in relazione alla pratica di successione con riguardo alla quale liquidava un compenso di L. 44.894.000, (pari al 0,75% del valore della pratica), oltre interessi al saldo. La predetta decisione veniva appellata da entrambe le parti con separati atti: dallo Z. che riteneva incongrui i compensi liquidati in ragione dell’attività professionale svolta; dalle eredi S., che a loro volta ritenevano eccessiva la somma liquidata dal 1^ giudice per la pratica successoria, in relazione a cui l’attività del legale era stata assai limitata, (l’avv. Z. si era occupato solo dell’ottenimento del beneficio dell’inventario, essendo egli stesso deceduto di lì a poco). Dopo la riunione dei i due gravami, la difesa dello Z. – che non si era costituita nel giudizio d’impugnazione promosso dalle S. – rilevava l’improcedibilità o inammissibilità dell’appello proposto da queste ultime, in quanto la relativa notifica era stata effettuata da ufficiale giudiziario incompetente, senza che la predetta nullità fosse stata sanata con la costituzione mai avvenuta da parte di esso esponente. L’adita Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 44784/04 depos. il 22.11.04, accoglieva l’appello delle S. e in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava le predette in solido tra loro, anche quali eredi della madre F.L. S. nel frattempo deceduta, al pagamento in favore dello Z. della minor somma di Euro 2.200,00, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di lite di primo grado e condannando lo Z. a rifondere alle S. quelle del gravame. La corte veneziana riteneva sanata la nullità dell’appello delle S. in conseguenza della riunione delle due cause, e considerava eccessiva in relazione alla modesta attività svolta dal legale, la somma liquidata in via equitativa dal 1 giudice, per la pratica relativa alla successione (L’avv. Z. si sarebbe limitato alla mera redazione del solo ricorso per la formazione dell’inventario nonchè all’attività prodromica di consulenza).

Avverso la predetta pronuncia ricorre per cassazione lo Z. sulla base di un 4 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.;

le intimate resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo del ricorso dei1 ricorso l’esponente denuncia la violazione degli artt. 137 e 106 c.p.c., art. 107 c.p.c., comma 2, in relazione alla notifica dell’atto d’appello delle S. da parte di ufficiale giudiziario incompetente per territorio, nullità non sanata dalla costituzione dell’appellato; la “conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la sentenza d’appello giudicato su gravame e quindi su domanda non proposta ed estranea al giudizio”. Ribadisce che la riunione delle due cause nel giudizio d’impugnazione, non esclude che i due appelli rimanessero distinti ed autonomi, anche se la decisione degli stessi è avvenuta con una sola sentenza. La nullità dell’atto non è stata mai sanata in quanto esso Z. non si era mai custodito nel giudizio d’appello promosso dalle controparti. Il motivo è infondato, essendo evidente l’unicità della causa d’appello. La Corte veneziana ha ritenuto correttamente avvenuta la sanatoria dell’atto nullo avendo esso aggiunto il suo scopo ex art. 156 c.p.c.; con riguardo all’art. 157 c.p.c., circa l’ eccezione di nullità sollevata non tempestivamente dalla parte; con riferimento all’art. 335 c.p.c., che dispone che tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d’ufficio, in un solo processo. A questo proposito si richiama una pronuncia di questa Corte che – sia pure in analoga fattispecie – ha ribadito che ” la riunione di più procedimenti relativi alla stessa causa, pendenti di fronte allo stesso giudice, diversamente dalla ipotesi di riunione di cause connesse, produce, data la unicità della causa, la sanatoria della nullità della notifica della citazione del processo che si era in precedenza svolto in contumacia del convenuto, senza che rilevi il fatto che questo dopo il provvedimento di riunione abbia rifiutato l’accettazione del contraddittorio in ordine al giudizio in cui era rimasto contumace” (Cass. n. 1413 dei 14/02/1997).

Con il 2^ motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2233 c.c.; degli artt. 113, 115, 116 in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4. Censura la sentenza laddove stabilisce che la somma ricevuta dall’avv. Z.A. era congrua in relazione all’attività effettivamente svolta, quale risulta dalle prodotte parcelle e anche con riferimento al rapporti di collaborazione ed amicizia che legava l’avvocato con il suo cliente. Secondo l’esponente la motivazione delle corte al riguardo è troppo generica e non persuasiva, anche quando ha ritenuto che l’avv. Z. avesse accettato la somma a saldo del complessivo suo credito maturato per le pratiche in questione, rinunziando quindi al maggior compenso.

La doglianza è infondata. Essa si risolve in una valutazione delle emergenze istruttorie, compito riservato al giudice di merito e dunque incensurabile in questa sede di legittimità, attesa la congrua ed ampia motivazione di cui è corredata la decisione. La corte ha infatti doverosamente tenuto conto, ai fini della congruità della liquidazione, dell’attività effettivamente svolta, risultante dalle parcelle prodotte, nonchè del particolare rapporto di collaborazione ed amicizia che legava il professionista con il suo cliente; ha inoltre ritenuto sulla base delle dichiarazioni dei testi e della documentazione prodotta dalle convenute, che la somma da esse corrisposta era stata da lui accettata a saldo del suo complessivo credito in relazione alle suddette pratiche (v. sentenza, pag. 8-9).

Con il 3 motivo l’esponente denuncia la violazione dell’art. 2233 c.c., in relazione alla violazione della tariffa nazionale forense per assistenza ad attività stragiudiziale relativa alla denuncia di successione.

A suo avviso nella fattispecie era applicabile l’art. 5 punto 4 della stessa tariffa stragiudiziale, secondo cui: “… per l’assistenza delle pratiche di successione, divisioni e liquidazioni, si ha riguardo al valore della quota attribuita al cliente”. La Corte veneziana in realtà avrebbe “svilito” l’attività di consulenza, impostazione della denuncia di successione e assistenza svolta dall’avv. Z.A., che non era stata solo quella di una mera predisposizione del ricorso per l’accettazione dell’eredità con il beneficio dell’inventario.

Anche tale doglianza è infondata, nè essa coglie la ratio decidendi. Infatti il giudice dell’appello ha sottolineato che ai fini della liquidazione occorreva avere riguardo, non solo al valore della pratica, ma anche alle singole prestazioni effettivamente svolte dal professionista, sottolineando che alla luce delle emergenze istruttorie era emerso che il legale si era limitato ad ottenere l’autorizzazione pretorile all’inventario, redigendo il semplice ricorso per la formazione dell’inventario e prestando attività prodromica di consulenza, che era poi venuta meno a seguito della sopraggiunta morte dello stesso legale. D’altra parte le controricorrenti contestano che sia stata allegata la prova di siffatte prestazioni professionali (v. controricorso: pag. 12).

Le precedenti conclusioni comportano il rigetto del ricorso e l’assorbimento del 4 motivo (violazione dell’art. 92 c.p.c., diversa attribuzione delle spese processuali dei giudizi di merito nel caso di accoglimento del ricorso). Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorario, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011

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