Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18267 del 06/09/2011

Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 06/09/2011), n.18267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA POZZUOLI 1, presso lo studio dell’avvocato COMPAGNO

DANIELA, rappresentato e difeso dall’avvocato MOTOLESE GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

S.A. (OMISSIS), S.M.C.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DARDANELLI

37, presso lo studio dell’avvocato CAMPANELLI GIUSEPPE, rappresentati

e difesi dall’avvocato CIGLIOLA GIOVANNI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 268/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE

sezione distaccata di TARANTO, depositata il 25/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato NARDELLI Giovanni Vittorio, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato MOTOLESE Giovanni difensore del ricorrente che

ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Adito ex art. 1168 c.c. da C.M. e S.A., il Pretore di S. Giorgio Ionico con ordinanza del 31.5.89 reintegrò le suddette nel possesso di un passaggio, per accedere dalla strada pubblica ad un loro fondo in agro di (OMISSIS), attraverso quello del resistente M.E., cui era stata ascritta l’ostruzione con un muro del relativo tracciato.

Il giudizio, all’esito della successiva fase di merito, fu definito da un G.O.A della sezione stralcio del Tribunale di Taranto, cui la causa era pervenuta, con sentenza del 12.3.01, con la quale sostanzialmente ribadendosi le ragioni del provvedimento interinale, venne tuttavia “confermata la servitù” sull’accertato percorso, dalla strada provinciale fino al fondo delle attrici, “lambendo o attraversando i fondi di proprietà diversa..” tra cui, in particolare, quello del M..

Appellata, in via principale da quest’ultimo e in via incidentale dalle attrici, la suddetta decisione è stata rettificata, previa reiezione del gravame principale ed accoglimento di quello incidentale, dalla Corte d’Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, con sentenza del 25.7.05, chiarendosi la natura possessoria del giudizio e confermandosi, sulla scorta delle risultanze di prova orale, ispettive e documentali (relazione di c.t.u. espletata in un precedente giudizio), il provvedimento pretorile di reintegra, con espresso ordine al convenuto di demolire il muro ostruente l’accertato sentiero della larghezza di m. 2,50; le spese del grado sono state per due terzi poste a carico del soccombente e per il resto compensate.

Il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, successivamente illustrato con memoria.

Hanno resistito la C. e la S. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deduce, nel suo unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c., degli artt. 1051, 1065, 1066 c.c., degli artt. 61 e 191 c.p.c., con connesse omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

Esaminando in ordine logico – giuridico i profili di censura, enucleabili non senza difficoltà dal poco lineare mezzo d’impugnazione, si osserva:

a) la doglianza secondo la quale i giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare la nullità per extra – petizione della sentenza di primo grado (per avere emesso una pronunzia di carattere petitorio, di accertamento o, addirittura, costitutiva della servitù) e non semplicemente rettificarla, difetta di rilevanza ed interesse, considerato che la corte territoriale, in concreto, non si è limitata alla mera conferma o parziale emenda della motivazione adottata dal primo giudice, ma procedendo ad un completo riesame del merito (nell’ambito del quale il titolo della servitù è stato soltanto delibato ad colorandam possessionem), esposto proprie argomentazioni sufficienti – per quanto si dirà oltre – a sorreggere la pronunzia possessoria adottata, confermativa di quella che aveva correttamente definito la fase interinale del giudizio; il che avrebbe comunque dovuto compiere anche nel caso in cui avesse dichiarato nulla la sentenza di primo grado, convertendosi la ragione di nullità in motivo di gravame e non vertendosi in alcuna ipotesi comportante la regressione del processo al grado precedente ex art. 354 c.p.c.;

b) il profilo di censura secondo cui non sarebbe stata configurabile la servitù a carico del fondo del convenuto, non confinando lo stesso con quello delle attrice, ma essendo intercluso da altri, a parte le ragioni in fatto su cui si basa e la chiara natura petitoria dell’eccezione, è altrettanto privo di rilevanza, tenuto conto della ricostruzione del percorso del sentiero operata dai giudici di appello, sulla base di incensurabile valutazione degli elementi di prova, documentale, ispettiva ed orale esposti, dai quali è emerso che il tracciato in questione di fatto interessava per un tratto, quello poi ostruito dal muro, anche il fondo (dell’ex frantoio) all’attualità appartenente al M. ed adduceva a quello delle istanti; sicchè poco o punto rileva se il terreno delle attrici confini o meno con quello del convenuto e se per percorrere il sentiero sia necessario anche attraversare terreni di terzi, diversi da quelli di cui al titolo costitutivo della servitù esaminata ad colorandum, essendo sufficiente, ai fini del lamentato spoglio, accertare se l’esercizio di fatto del passaggio, quale che fosse la natura e l’estensione dell’eventuale diritto al riguardo, fosse stato comunque impedito ad opera del convenuto; si aggiunga, poi, che i giudici di appello hanno motivatamente disatteso (per evidente interesse in causa) la testimonianza del proprietario del terreno confinante con quello dell’odierno ricorrente, peraltro di per sè non idonea (in quanto riferente solo di non aver mai visto passare le attrici) ad escludere l’esercizio del possesso, che invece era stato confermato da altri testi disinteressati e più attendibili, anche nel tratto in questione; c) la doglianza secondo cui sarebbe mancata la prova dell’esercizio del possesso da parte delle attrici, si traduce in una inammissibile censura in fatto avverso l’accertamento che la corte di merito ha compiuto tenendo conto non solo delle testimonianze, riferenti di tale passaggio da parte delle istanti e dei loro danti causa, ma anche e soprattutto dalle risultanze dell’ispezione e della consulenza tecnica espletata in un precedente giudizio, evidenzianti l’oggettiva identificabilità e continuità del tracciato, largo circa m. 2,50, sia sul tratto interessante il fondo, poi acquistato dal M., sia in quello terminale, adducente a quello delle S.; presentandosi quest’ultimo, secondo i rilievi pretorili, ancora sgombro di erbe selvatiche (diversamente che ai marginane è stata tratta la ragionevole conferma, anche ai fini dell’art. 1066 c.c., del possesso esercitato fino ad epoca anteriore e prossima a quella dello spoglio;

d) privo di riscontro oggettivo e contrastante con il contenuto della decisione, nella cui motivazione (v. pag. 2) espressamente si precisa che il sentiero de qua è largo mt. 2,50, è il profilo di censura secondo cui la disposta reintegrazione avrebbe, in eccesso rispetto alla richiesta, in concreto riguardato un passaggio largo m. 3,50; ne consegue l’infondatezza anche della connessa doglianza, relativa alla mancata precisazione delle modalità del passaggio in questione, atteso che l’accertata ampiezza, eccedente quella di un semplice sentiero pedonale, ma inferiore a quelle di una vera e propria strada carrabile campestre, e la natura agricola del fondo di fatto dominante, comportano l’implicito riconoscimento di un possesso limitato al transito di piccoli veicoli, necessari per l’accesso al fondo e la relativa coltivazione, non più larghi di mt. 2,50;

e) infondata è infine la censura relativa alle spese del giudizio di primo grado, essendo stata la sentenza del tribunale confermata “nel resto”, con implicito riferimento dunque anche al regolamento delle relative spese, mentre quello relativo al giudizio di appello risulta giustificato dalla prevalente soccombenza, anche in tal grado, del M., tanto più che l’operata rettifica, in termini possessori, del dispositivo, era stata sollecitata dalle stesse appellate con l’appello incidentale. Il ricorso va conclusivamente respinto, con condanna del soccombente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio in favore delle resistenti, che liquida in misura di complessivi Euro 2.200, 00 di cui 200, 00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011

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