Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18266 del 11/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18266 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: LORITO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso 23111-2013 proposto da:
CERRI BARTOLOMEO C.F. CRRBTL47C05A515N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEL CORSO 160, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELLO ALESSANDRINI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

SANPAOLO INVEST SOCIETA’ INTERMEDIAZIONE MOBILIARE
2018
1364

S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LUDOVISI 16, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO
CORAIN, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;

Data pubblicazione: 11/07/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 300/2013 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 15/04/2013 R.G.N.

411/2012.

n. r.g. 23111/2013

RILEVATO CHE
Con sentenza resa pubblica il 15/4/2013 la Corte d’Appello di L’Aquila

A fondamento del decisum la Corte distrettuale, per quel che in questa
sede interessa, rimarcava come – incontroverso fra le parti l’ammontare
del credito azionato dalla società – il diritto alla restituzione nascente dalla
risoluzione del contratto di agenzia soggiacesse al termine di prescrizione
decennale, vertendosi in ipotesi di indebito ex art.2033 c.c., e non al
termine quinquennale, come sostenuto da parte ricorrente, non essendo
assimilabile l’anticipo di provvigione ad un “minimo garantito” con
funzione retributiva periodica. Tale costruzione teorica risultava smentita
dallo statuto negoziale, che faceva espresso riferimento alla soggezione di
detti importi a successivo conguaglio con le provvigioni maturate e
maturande, escludendo una possibilità di assimilazione sotto il profilo
logico-giuridico di tale anticipazione, ad un emolumento di natura
retributiva cui applicare il regime prescrizionale sancito dall’art.2948 c.c..
Considerato che il recesso anticipato dell’agente non aveva generato alcun
diritto a provvigioni, gli anticipi erogati in eccedenza, rimasti privi di
causa, costituivano un indebito oggettivo il cui regime prescrizionale non
poteva che essere assimilato a quello ordinario decennale.
Avverso tale decisione Bartolomeo Cerri interpone ricorso per cassazione
sostenuto da sei motivi, resistiti con controricorso dalla parte intimata.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art.2948 c.c. in
relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c..
Stigmatizza la sentenza impugnata per aver errato nell’individuare il
regime prescrizionale applicabile alla fattispecie, tralasciando di
considerare che la restituzione degli importi provvigionali anticipati dalla
mandante ha carattere periodico, per esser connotata da una cadenza
mensile, attraverso un meccanismo di compensazione automatica,
ricadendo, di conseguenza, nella sfera di applicabilità delle prescrizioni di
cui all’art.2948 n.4 c.c.; in subordine argomenta in ordine alla applicabilità

confermava la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva rigettato
l’opposizione proposta da Bartolomeo Cerri avverso il decreto ingiuntivo
emesso su istanza della Sanpaolo Invest s.i.m. s.p.a. per l’importo di euro
64.166,52, a titolo di restituzione anticipi provvigionali corrisposti in
esecuzione del contratto di agenzia stipulato in data 13/9/2000, non
maturati, stante la anticipata risoluzione del rapporto.

n. r.g. 23111/2013

del n.5 della citata disposizione codicistica, che prevede la prescrizione
quinquennale in relazione alle indennità spettanti per la cessazione del
rapporto.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell’art.2033 e del
l’art.2946 c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c.. Si evidenzia
l’errore di sussunzione in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale
nell’ascrivere la fattispecie all’archetipo normativo di cui all’art.2033 c.c..
In tema di anticipazioni provvigionali l’ipotesi di indebito oggettivo può
intervenire solo nei casi in cui il pagamento sia stato frutto di un errore
(condictio indebiti sine causa) oppure quando l’anticipazione sia accordata
su di uno specifico affare non andato a buon fine per fatti non imputabili
alla preponente (condictio ob causam finitam).
Si ribadisce che, nello specifico, la causa so/vendi non è mai venuta meno,
atteso che la società, pur qualificando l’azione come ripetizione di
indebito, ha sempre fondato la sua domanda restitutoria sulla lettera di
impegno del 25/5/2000. Si stigmatizza la sentenza impugnata per aver
impropriamente evocato gli effetti restitutori connessi alla risoluzione del
contratto ex art.1458 c.c. considerato che la caducazione degli effetti del
contratto in caso di risoluzione è oggetto di una autonoma valutazione da
parte dell’ordinamento, che esclude di per sé la sovrapponibilità con la
disciplina dell’indebito.
3. I motivi, che possono trattarsi congiuntamente perché postulano la
soluzione di questioni giuridiche connesse, sono privi di fondamento.
In via di premessa, occorre rimarcare che i fatti costitutivi del diritto alla
ripetizione dell’indebito oggettivo sono riconducibili ad un pagamento non
dovuto, non essendo necessario l’errore del solvens, che costituisce
elemento essenziale della fattispecie di ripetizione dell’indebito soggettivo
a latere solventis.
L’elaborazione in sede dottrinaria e giurisprudenziale è poi pervenuta alla
conclusione concorde che col termine “pagamento”, l’art.2033 c.c. intende
far riferimento a qualsiasi prestazione derivante da un vincolo obbligatorio
che risulti a posteriori non dovuta, la disposizione codicistica essendo volta
ad apprestare un rimedio giuridico completo per tutte le situazioni in cui
2

A sostegno dell’assunto, il ricorrente conclusivamente rimarca l’essenza
retributiva delle restituzioni relative alle anticipazioni provvigionali, che
partecipano della stessa natura delle provvigioni alle quali la Corte di
legittimità associa il regime prescrizionale sancito dall’art.2948 c.c.

n. r.g. 23111/2013

senza
una giustificata ragione giuridica (vedi Cass. Sez. III, 2/4/1982 n.2029).
un’attribuzione patrimoniale a favore di taluno sia stata eseguita

Questo orientamento propugna dunque la irrilevanza della ragione per la
quale il pagamento non sia dovuto, in virtù sia del tenore letterale della
legge (la quale non fa distinzioni circa la ragione della “non spettanza” del
pagamento) sia della storia dell’istituto (caratterizzata da un processo di
accorpamento delle varie ipotesi di azioni di ripetizione previste dal diritto
romano ed intermedio) sia della finalità della legge, che è di tutelare
l’affidamento del terzo incolpevole.
Coerente con la tendenziale avversità del nostro ordinamento alla
ammissibilità di vincoli obbligatori non sorretti da giusta causa è altresì il
ricordato indirizzo, che riconduce la mancanza di causa o titolo
giustificativo dell’attribuzione patrimoniale ai casi in cui detto requisito sia
del tutto mancante o sia venuto meno, ed anche al caso in cui sia solo
parzialmente mancante.
Neanche può poi sottacersi, sotto il profilo sistematico che “tanto le norme
in tema di nullità (art. 1422 c.c.), quanto quelle in tema di risoluzione
(art. 1463 c.c.) espressamente rinviano alla disciplina dell’indebito: dal
che si desume che quest’ultima ha senz’altro carattere generale, e si
applica in tutti i casi di inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo
giustificativo dell’attribuzione patrimoniale, come appunto avviene nel
caso di risoluzione del contratto” (vedi, in motivazione, Cass., 4/4/2014
n.7897).
4. Applicando i suddetti principi alla fattispecie qui scrutinata, deve
ritenersi che gli anticipi provvigionali erogati dalla società mandante secondo il meccanismo predisposto al fine di contemperare l’interesse
dell’agente ad evitare l’alea di una ridotta capacità produttiva e quello
della preponente a fissare, in linea tendenziale, la misura dei compensi
provvigionali – una volta intervenuta la anticipata risoluzione del contratto,
siano rimasti oggettivamente privi di una iuxta causa obligationis, ovvero
di un valido titolo giustificativo, così come correttamente argomentato
dalla Corte distrettuale.
3

L’opzione ermeneutica accreditata dalla prevalente dottrina, e recepita
dall’orientamento pressoché univoco espresso da questa Corte di
legittimità, interpreta in modo molto ampio l’art.2033 c.c. e segg.,
ritenendo che la disciplina ivi prevista si applichi a tutti i casi in cui un
pagamento sia eseguito in assenza di titolo giustificativo, a nulla rilevando
che tale assenza sia originaria o sopravvenuta, totale o parziale.

n.r.g.23111/2013

Conclusivamente, deve affermarsi che la provvigione erogata dalla
preponente, pure in virtù dello statuto negoziale, ma in assenza della
conclusione di contratti per la anticipata risoluzione del rapporto, non è
sorretta da un titolo giustificativo e forma oggetto non di una domanda
contrattuale, ma di una condictio indebiti soggetta a prescrizione
decennale.
Gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito, conformi ai
summenzionati principi, sono corretti e resistono, pertanto, alle censure
all’esame.
5. Il terzo motivo prospetta violazione degli artt. 1175, 1375, 1749 e 2697
c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. ed il quarto omessa
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo n.5 c.p.c..
Si deduce di aver nel giudizio di merito rimarcato la contrarietà della
condotta assunta dalla preponente allo statuto negoziale, che prevedeva
l’obbligo per la società di procedere al recupero mensile degli anticipi
provvigionali nascente dall’esigenza di simultaneità nell’adempimento delle
reciproche obbligazioni. Si addebita alla controparte di non aver
provveduto, in violazione dei principi di correttezza e buona fede, ad
adempiere all’impegno contrattuale di procedere a conguagli mensili, così
rendendo più arduo ed aleatorio il recesso dell’agente. Si argomenta che
l’obbligo contrattualmente assunto da S.P.I. di procedere a conguaglio
mensile e di fornire adeguata rendicontazione negli stessi termini, ha una
valenza funzionale rispetto all’obbligo di restituzione degli anticipi
percepiti, traendo fondamento dal nesso di interdipendenza che lega le
opposte prestazioni e che nasce dall’esigenza di simultaneità
nell’adempimento delle reciproche obbligazioni.
6. I motivi vanno disattesi.

4

Pertanto, se un simile pagamento sia stato eseguito, a seguito del
sopravvenuto venir meno della causa del pagamento per effetto della
anticipata risoluzione del rapporto, il diritto soggettivo alla restituzione
delle somme versate quale compenso per affari non conclusi non deriva
dal contratto – come sostenuto da parte ricorrente che lo ritiene per
questo, assoggettato al regime prescrizionale quinquennale di cui
all’art.2948 c.c. – bensì dall’art. 2033 c.c., giacché un contratto non può
attribuire alle parti diritti ulteriori rispetto a quelli in esso previsti e da
esso regolamentati.

n. r.g. 23111/2013

censure, non avendo parte ricorrente indicato in quale scritto difensivo o
atto del giudizio precedente abbia sollevato la relativa questione, onde dar
modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale
asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (vedi ex
aliis, Cass. 22/4/2016 n.8206), va rimarcato che la Corte di merito ha
comunque congruamente ritenuto il meccanismo dell’anticipo
provvigionale inidoneo ad inficiare la qualificazione in termini di indebito
oggettivo, della acquisizione delle somme erogate periodicamente dalla
società a tale titolo; ciò in ragione della intervenuta anticipata risoluzione
del contratto ad iniziativa dell’agente, che aveva reso sine causa
l’erogazione dei compensi provvigionali.
La statuizione, sorretta da motivazione che soddisfa gli standards
costituzionali, e conforme a diritto per quanto innanzi detto, resiste alla
censura all’esame.
7. Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2697 c.c., 112,
115 e 416 c.p.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. nonché,
con il sesto, omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo n.5
c. p.c..
Si critica la sentenza impugnata per avere ritenuto non contestato ovvero
solo genericamente contestato l’ammontare del credito ex adverso
azionato. Si deduce che la prova scritta offerta dalla società consisteva
solo nella attestazione del credito proveniente dalla stessa, risoltasi nella
allegazione, ad otto anni di distanza dalla risoluzione del contratto, di una
serie di operazioni matematiche prive del benché minimo requisito di
forma, che non consentivano di verificare la correttezza dei conteggi.
8. Anche tali censure non possono essere condivise.
Non solo appaiono prive del requisito di specificità richiesto dall’art.366
c.p.c., non essendo riportato il tenore della documentazione cui si
riferiscono, ma attengono alla sfera di valutazione delle acquisizioni
probatorie riservata al giudice di merito. La Corte ha infatti valutato il
materiale istruttorio prodotto dalla società ed integrato da certificati,
fatture, estratti conto riepilogativi, ritenendolo idoneo a comprovare il
credito azionato con apprezzamento che si sottrae al sindacato in questa
sede di legittimità.
9. In definitiva, al lume delle superiori argomentazioni, il ricorso va
respinto.

Al di là di ogni considerazione in ordine ai profili di novità che connotano le

n. r.g. 23111/2013

Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza,
liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio che liquida euro 200,00 per esborsi ed in euro
4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 29 marzo 2018.

Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio
2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art.1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1
quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per la stessa impugnazione

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