Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18263 del 24/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 24/07/2017, (ud. 05/07/2017, dep.24/07/2017),  n. 18263

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17901-2016 proposto da:

MANUTENCOOP FACILITY MANAGEMENT S.P.A., – C.F. e P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato

DOMENICO DE STEFANO DONZELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALFREDO FREZZA;

– ricorrente –

contro

R.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO,

103, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE CICCARONE, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 05/07/2016,

emessa sul procedimento iscritto al n. 29553/2015 R.G. di

quell’Ufficio;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Sanlorenzo Rita, che, visto l’art.

380 ter c.p.c., chiede che la Corte di cassazione, in camera di

consiglio, accolga il ricorso, con le conseguenze di legge.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con ricorso depositato ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 la Manutencoop Facility Management S.p.A. adiva il Tribunale di Bologna per sentir dichiarare la legittimità del licenziamento intimato al signor R.T.. Si costituiva il lavoratore spiegando domanda riconvenzionale per ottenere, all’opposto, la declaratoria di illegittimità dell’atto espulsivo e le tutele di cui alla D.P.R. n. 309 del 1990, art. 18.

Il giudice del lavoro dichiarava inammissibile il ricorso, argomentando che il procedimento previsto dalla legge n. 92 del 2012 è stato previsto tutela esclusiva del lavoratore licenziato per cui, nella fattispecie, mancava lo specifico interesse del datore di lavoro. Il provvedimento, depositato in data 17 agosto 2015, veniva comunicato dalla cancelleria in data 18 agosto 2015. In data 4 settembre 2015 la Manutencoop Facility management S.p.A. depositava ricorso in opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51.

1.1. Con ricorso depositato il 21 agosto 2015, nelle more del termine per proporre il ricorso in opposizione davanti al Tribunale di Bologna, R.T. depositava di fronte al Tribunale di Roma l’impugnativa giudiziale del medesimo licenziamento ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 ed invocava le ridette tutele di cui all’art. 18. Il Tribunale di Roma, pur riconoscendo che tra le due cause ricorreva il presupposto dell’identità previsto dall’art. 39 c.p.c. e che entrambi i fori erano ugualmente competenti, riteneva di essere il giudice preventivamente adito, in quanto al momento del deposito del ricorso nelle sede capitolina la fase sommaria davanti al Tribunale di Bologna era stata già definita e l’opposizione non era stata ancora proposta. Riteneva quindi di non rilevare alcuna litispendenza, spettando semmai l’adempimento al Tribunale di Bologna. Rimetteva quindi le parti all’udienza che contestualmente fissava per la discussione della causa nel merito.

2. L’ordinanza del Tribunale di Roma è stata impugnata da Manutencoop Facility Management S.p.A. con ricorso per regolamento necessario di competenza ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 39 e 42 c.p.c., chiedendosi che questa Corte riconosca la litispendenza del procedimento incardinato presso il Tribunale di Roma rispetto a quello pendente presso il Tribunale di Bologna e dichiari conseguentemente competente questo secondo Tribunale.

3. Ha resistito con scrittura difensiva ex art. 47 c.p.c. il signor R.T.. Il Pubblico ministero ha depositato le sue conclusioni scritte ex art. 380 ter c.p.c., nelle quali chiede che questa Corte di cassazione in camera di consiglio accolga il ricorso con le conseguenze di legge. Il R. ha depositato anche memoria ex art. 380 ter c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. deve preliminarmente affermarsi, disattendendo le argomentazioni della parte controricorrente, che il proposto regolamento necessario di competenza è ammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 17443 del 31/07/2014 hanno chiarito che anche nella fase sommaria del procedimento ex art. 1, commi 48 e segg., della c.d. Legge Fornero, sono delibabili e decidibili le questioni preliminari in tema di litispendenza, continenza e connessione tra cause, considerato che il giudizio a cognizione piena è soltanto eventuale ed è attivabile con l’opposizione, per cui se questa non viene proposta l’ordinanza conclusiva della fase sommaria è idonea a passare in giudicato (v. nello stesso senso, con riferimento e, con riferimento al regolamento preventivo di giurisdizione, Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 20-022017, n. 4308). Nello stesso arresto, le Sezioni Unite hanno aggiunto che la pronuncia con cui il giudice dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile al provvedimento con cui vengono decise le questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza (cfr. anche Cass. 23 gennaio 2006 n. 1218; Cass. 21 febbraio 2004 n. 3529).

2. L’inammissibilità non può poi nel caso sostenersi in ragione della natura dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, sciogliendo la formulata riserva, ha rigettato la proposta eccezione di litispendenza ed ha dato disposizioni per il prosieguo della causa, considerato che questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha chiarito che l’identificazione del rimedio esperibile contro un provvedimento giudiziario (nella specie: revocabilità o impugnabilità a mezzo regolamento di competenza) deve essere compiuta con riferimento alle qualificazioni operate dal medesimo giudice che lo ha emesso (cfr. Cass., ss.uu., 10073/11, Cass. ord. 3338/12, 3712/11, 26919/09, 11012/07, 4507/06). Ne consegue che il regime di non impugnabilità con regolamento di competenza (e, dunque, di revocabilità) delle ordinanze, con le quali il giudice adito, senza previa remissione della causa in decisione ed invito alle parti a precisare le rispettive conclusioni anche di merito, disponga la prosecuzione del giudizio davanti a sè dopo aver affermativamente delibato il tema della competenza, incontra eccezione nell’ipotesi in cui sia il giudice medesimo a qualificare come decisoria la declaratoria di competenza, manifestando di fare luogo ad una valutazione che reputa non più discutibile e quindi non revocabile o modificabile con la decisione finale del giudizio (v. Cass. Sez. U, n. 20449 del 29/09/2014, Cass. n. 21561 del 22/10/2015, Cass. n. 20608 del 12/10/2016, Cass. n. 14223 del 07/06/2017).

2.1. Tale requisito di definitività sussiste nel caso in esame, considerato che il Tribunale di Roma ha manifestato in termini di inequivocità la natura decisoria del proprio provvedimento, dimostrando l’idoneità della decisione a risolvere definitivamente la suddetta questione di litispendenza. Ciò risulta dai termini dell’ordinanza, in cui il giudice sottintende di fare luogo ad una valutazione che reputa non più discutibile, ed è coerente con le caratteristiche di celerità del rito, che impone di evitare attività processuali inutili, quali sarebbero quelle compiute all’esito dell’affermazione della propria competenza, qualora questa venga successivamente declinata.

3. Nel merito, il presupposto incontestato dell’ordinanza oggetto del regolamento è l’identità delle due cause (quella proposta innanzi al Tribunale di Bologna e quella proposta dinanzi al Tribunale di Roma). La premessa è corretta, dovendosi riconfermare il principio enunciato da Cass. 15 gennaio 1996 n. 282 e ribadito da Cass. S.U. n. 17443 del 31/07/2014, già sopra citata, affermato con riguardo a giudizi che erano come quello in esame relativi a licenziamento, del quale la datrice di lavoro aveva chiesto accertarsi la legittimità e il lavoratore, in via riconvenzionale, accertarsi, invece, l’illegittimità, con tutte le conseguenze di ordine patrimoniale – secondo cui, a norma dell’art. 39 c.p.c., comma 1, ricorre la litispendenza quando fra due (o più) giudizi sussista identità oltre che dei soggetti, anche del petitum (inteso come bene della vita del quale si chiede la tutela) e della causa petendi (intesa come fatto costitutivo della domanda), a nulla rilevando, nella ricorrenza (dell’identità) dei due elementi oggettivi, che un soggetto assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e nell’altro (o negli altri giudizi) la qualità di convenuto.

4. Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato.

Ed invero, la fase a cognizione sommaria nel giudizio L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 48 e ss. fa parte dell’unico procedimento di primo grado: dopo una fase iniziale, concentrata e deformalizzata, il procedimento si espande alla dimensione ordinaria della cognizione piena, con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti (Cass. S.U. 18.9.2014 n. 19674 e negli stessi termini Cass. 17.2.2015 n.3136; Cass. 17.7.2015 n. 15066, Cass. Sentenza n. 3836 del 2016). Il giudizio di primo grado è in sostanza unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase a cognizione piena che della precedente costituisce una prosecuzione (Cass. n. 25046 del 11/12/2015, Cass. n. 13788 del 06/07/2016, Cass. n. 19552 del 30/09/2016).

5. Il vincolo di strumentalità che correla le due fasi impone allora di affermare, in coerenza con i principi affermati da questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 11949 del 2015, Cass. nn. 16328/07 e 12895/04) per il caso di domanda cautelare accolta (e confermata in sede di reclamo), seguita da rituale instaurazione del giudizio di merito nel termine fissato ai sensi dell’art. 669-octies c.p.c., che la domanda per la fase sommaria preannuncia una scelta processuale che, per il principio di autoresponsabilità e di affidamento processuale, vincola la parte ricorrente e onera quella resistente ad eccepire l’incompetenza già nella prima fase. Qualora il difetto di competenza non sia ivi rilevato, questa rimane incardinata nell’ufficio giudiziario inizialmente adito.

6. Inoltre, la litispendenza permane anche durante il termine per proporre l’opposizione medesima L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51 considerato che solo in mancanza di attivazione della fase di giudizio a cognizione piena, e solo quando l’opposizione non sia proposta, si verifica il passaggio in giudicato dell’ordinanza conclusiva della fase a cognizione sommaria (Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 2002-2017, n. 4308, sopra cit.).

La situazione di persistente pendenza del giudizio si manifesta infatti, secondo l’orientamento delle Sezioni Unite (v. S.U. 12/12/2013 n. 27846) dal momento in cui la domanda è stata ritualmente proposta e sino a che non si consegua una sentenza non impugnabile con i mezzi ordinari (con il che l’eccezione di litispendenza subentra quella di giudicato) oppure che si verifichi l’estinzione della domanda. Sicchè, analogamente, nel procedimento ex L. n. 92 del 2012, l’obbligo del giudice successivamente adito di dichiarare la litispendenza si protrae per il tempo durante il quale l’opposizione avverso l’ordinanza resa all’esito del giudizio sommario di fronte al giudice inizialmente adito può ancora essere proposta.

7. Non rileva infine in senso ostativo alla soluzione che si va ad adottare lo stato in cui si trova il giudizio inizialmente radicato davanti al Tribunale di Bologna (che il controricorrente riferisce essere pendente in sede di reclamo di fronte alla Corte d’appello) considerato che le Sezioni Unite nella sentenza sopra richiamata 12/12/2013, n. 27846 hanno chiarito che a norma dell’art. 39 c.p.c., comma 1, qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell’impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. o dell’art. 337 c.p.c., comma 2, a ciò ostando l’identità delle domande formulate nei due diversi giudizi.

8. Segue alle esposte considerazioni l’accoglimento del ricorso, essendo il Tribunale di Roma il giudice successivamente adito che doveva dichiarare la litispendenza ex art. 39 c.p.c., comma 1 e dovendo, conseguentemente, essere dichiarata la competenza del Tribunale di Bologna.

9. La novità della questione con riferimento al rito ex L. n. 92 del 2012 determina la compensazione delle spese del presente regolamento di competenza.

PQM

 

accoglie il ricorso. Dichiara la competenza del Tribunale di Bologna. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017

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