Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18263 del 11/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18263 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA

sul ricorso 22397-2013 proposto da:
BERARDI LUIGI C.F. BRRGU54T16E040Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CITTADINO,
rappresentato

e

dall’avvocato

difeso

ANTONIO

CITTADINO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2018

FIAMM S.P.A.;
– intimata –

11 8 8

Nonché da:
FIAMM – Fabbrica Italiana Accumulatori Motocarri
Montecchio

S.p.A.,

in

persona

del

legale

Data pubblicazione: 11/07/2018

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA VESALIO 22, presso lo studio
dell’avvocato ALFREDO IRTI, rappresentata e difesa
dagli avvocati AURELIO IRTI, UMBERTO IRTI, giusta
delega in atti;

contro

BERARDI LUIGI C.F. BRRGU54T16E040Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CITTADINO,
rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

ANTONIO

CITTADINO, giusta delega in atti;
– con troricorrente al ricorso iincidentale –

avverso la sentenza n. 814/2012 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 24/09/2012 R.G.N.
899/2011.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

R. Gen. N. 22397/2013

Rilevato che:
1.1. con ricorso al Tribunale di Avezzano Luigi Berardi,
dipendente della FIAMM (Fabbrica Italiana Accumulatori Motocarri
Montecchio) S.p.A., chiedeva che fosse accertato l’inadempimento
della società datrice di lavoro rispetto alla sua esclusione dai

convenuta fosse conseguentemente condannata al risarcimento dei
danni subiti pari alle spettanze maturate dalla data del
licenziamento a quella di effettiva corresponsione dei benefici della
mobilità lunga ed altresì accertata la violazione dei principi di
correttezza e buona fede e del comportamento mobbizzante tenuto
dall’azienda con conseguente condanna della stessa al risarcimento
di tutti i danni a seguito della illegittima esclusione dalle liste di
mobilità lunga;
1.2. il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che
l’inserimento del Berardi nelle liste di mobilità ordinaria fosse
conforme alle previsioni dell’accordo sindacale del 12.12.2002 e
che il ricorrente non avesse documentato di essere in possesso del
requisito contributivo per godere della mobilità lunga, non essendo
stato il relativo certificato dell’I.N.P.S. trasmesso alla società
unitamente alla richiesta di mobilità lunga né essendo stato lo
stesso prodotto in giudizio;
1.3. la decisione era confermata dalla Corte di appello di
L’Aquila;
quest’ultima riteneva che l’infondatezza della pretesa, prima
ancora che per la ragioni di cui alla sentenza di primo grado,
derivasse dall’avere il Berardi definito la propria posizione con un
verbale di conciliazione giudiziale in data 21/5/2003 (che tra l’altro
gli aveva consentito di percepire un sostanzioso incentivo
all’esodo);

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benefici della c.d. mobilità lunga ex legge n. 223/1991 e che la

R. Gen. N. 22397/2013

rilevava che la domanda di inserimento nelle liste di mobilità
lunga fosse pervenuta alla FIAMM s.r.l. priva dell’estratto
contributivo e solo due giorni prima della scadenza del 31.12.2004
fissata nel decreto ministeriale senza alcuna richiesta di previa
risoluzione dell’accordo (in ordine al quale il Berardi aveva solo

somme previste anche in relazione all’eventuale revisione
dell’accordo di conciliazione giudiziale del 21.5.2003′) e senza
alcuna proposta di restituzione di quanto dovuto in forza di
quest’ultimo;
2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale Luigi
Berardi propone ricorso per cassazione fondato su un motivo;
3.

la società resiste con controricorso e formula ricorso

incidentale affidato ad un motivo cui il Berardi replica con
controricorso;
4. la FIAMM S.p.A. ha depositato memoria.
Considerato che:

1.1. con l’unico articolato di ricorso principale Luigi Berardi
denuncia omessa motivazione e esame circa un punto decisivo
della controversia e violazione di legge (art. 1, 7, co. 7, 4, co. 9, I.
n. 223/1991; art. 1 septies, I. n. 176/1998, art. 1 bis I. 31/2003,
art. 421, co. 2, cod. proc. civ., artt. 1175 cod. civ. e art. 2 Cost.,
art. 1965 e ss.), in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.;
censura la sentenza impugnata assumendo di aver avuto un
vero e proprio diritto alla mobilità lunga in ragione del possesso di
28 anni di contribuzione al momento della richiesta (in data
28/12/2004) e dell’avvenuto compimento di 50 anni;
sostiene di aver allegato a sostegno della domanda tutti i
documenti necessari tra cui anche l’estratto contributivo
(circostanza questa che assume mai contestata dall’azienda),

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‘fatto presente di essere disposto a corrispondere i contributi e le

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peraltro neppure necessario essendo nella disponibilità dell’Ente
previdenziale che è l’unico legittimato a verificare l’esattezza della
posizione contributiva del dipendente;
rileva che alla data della richiesta di mobilità lunga (mobilità
riconosciuta con apposito decreto ministeriale) il rapporto di lavoro

contesta che l’oggetto della conciliazione intervenuta tra le
parti, avente ad oggetto solo il rapporto di lavoro, potesse avere
una qualche rilevanza ai fine del presente contenzioso atteso che in
detta conciliazione, la risoluzione del rapporto veniva fissata per la
data del 7/7/2004 prevedendosi però un posticipo del momento di
cessazione del rapporto in caso di proroga della cigs;
1.2. i rilievi sono infondati;
risolutiva è la circostanza che la censura concernente la
ritenuta infondatezza della pretesa per avere il Berardi già definito,
prima della richiesta del beneficio della mobilità lunga, la propria
posizione con un verbale di conciliazione giudiziale in data
21/5/2003 (pagg. 18, 19 e 20 del ricorso) non intercetti del tutto la
motivazione della sentenza che ha evidenziato come nella domanda
di mobilità lunga non si fosse anche chiaramente prospettata
alcuna previa risoluzione ovvero revisione dell’accordo di
conciliazione giudiziale del 21/5/2003 né alcuna proposta di
restituzione di quanto ricevuto in forza di quest’ultimo;
il ricorrente oppone al decisum della Corte d’appello che la
conciliazione riguardasse il rapporto di lavoro e dunque avesse un
oggetto diverso da quello della presente causa, tuttavia ciò non
vale a scardinare il ragionamento secondo il quale l’accordo di
risoluzione del rapporto di lavoro, con proroga eccezionale solo fino
alla scadenza del periodo di cigs, avesse già avuto completa

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era ancora in essere (essendo cessato il 4/1/2005);

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esecuzione tra le parti, indifferenti essendo rispetto alle concordate
determinazioni pattizie, eventi verificatisi dopo la loro attuazione;
il ricorrente, inoltre, non ha offerto elementi per ritenere
(stante, sul punto, la specifica contestazione della società
controricorrente) che la riserva circa il posticipo della cessazione

l’attivazione della mobilità lunga e non solo la proroga della cigs
(ed invero ciò sembra smentito dallo stesso dato testo
dell’accordo), riserva che aveva consentito al Berardi di risolvere il
rapporto non il 7/7/2004 come previsto in sede di conciliazione ma
in data 4/1/2005;
tale concordata risoluzione del rapporto impediva una
prosecuzione dello stesso anche al solo fine di consentire al
lavoratore di beneficiare della mobilità lunga di cui alla domanda
pur tempestivamente avanzata;
ed allora non è in discussione che, in termini generali, sussista
un vero e proprio diritto alla mobilità lunga ma se tale diritto sia
esercitabile da chi, come il ricorrente, abbia già definito con
l’azienda la propria posizione;
in ogni caso, anche a voler ritenere che l’indicata riserva fosse
così ampia da includere l’eventuale intervento di provvedimenti
circa la mobilità lunga, non risulta che il lavoratore avesse fatto
valere in modo chiaro la stessa avendo, anzi, al contrario, l’accordo
transattivo avuto completa esecuzione con la percezione da parte
del lavoratore del previsto incentivo all’esodo;
ciò appare ancor più rilevante se si considera che a distanza di
solo poco tempo dalla sottoscrizione del verbale di conciliazione era
intervenuto il decreto del Ministero del lavoro del 17/7/2003 che
riconosceva 40 posti di mobilità lunga, poi ridotti a 32, fissando alla

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del rapporto contenuta nell’atto di transazione riguardasse anche

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data del 31/12/2004 il termine perentorio per l’inserimento, nella
relativa lista, dei lavoratori interessati;
del tutto insufficiente a tal fine è, come congruamente ritenuto
dai giudici di appello, il mero cenno, contenuto nella domanda
intesa ad ottenere l’ammissione al beneficio della c.d. mobilità

giudiziale del 21/5/2003’ considerato che per una consensuale
risoluzione dell’accordo già raggiunto si sarebbe dovuta attivare
apposita procedura;
quanto detto esclude, anche a prescindere da ogni altra
valutazione circa la carente allegazione alla domanda di mobilità
lunga dell’estratto contributivo, un inadempimento della società;
2.

le considerazioni che precedono rendono superfluo ed

assorbono l’esame del ricorso incidentale che diventa condizionato
atteso che la società non potrebbe avere dall’eventuale
accoglimento di tale ricorso un risultato a sé più favorevole (Cass.,
Sez. U, 31 ottobre 2007, n. 23019; Cass. 21 gennaio 2008, n.
1161; Cass. 17 marzo 2008, n. 7079);
3. conclusivamente, il ricorso principale deve essere rigettato,
assorbito l’incidentale;
4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;
5. va dato atto dell’applicabilità, quanto al solo ricorrente
principale, dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012,
n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale;
condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che
liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi

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lunga, ad una ‘eventuale revisione dell’accordo di conciliazione

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professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in
misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo

bis, dello stesso articolo 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 21 marzo 2018

unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1

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