Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1826 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 27/01/2020), n.1826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25372-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE 13756881002, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato IVANA CARSO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRAIT,

DELL’ISTFI’UTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO

SGROI, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

e contro

PANCERI & C. SRL

– intimata –

avverso la sentenza n. 77/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

la Corte d’appello di l’Aquila ha rigettato l’appello proposto da Equitalia Servizi di Riscossione spa avverso la sentenza che, in sede di opposizione ad intimazione di pagamento, aveva dichiarato l’estinzione dei crediti dell’Inps di cui alla cartella notificata a Panceri & C. srl per sopravvenuta prescrizione quinquennale.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate Riscossione con un motivo. Panceri & C. srl è rimasta intimata.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata

Diritto

RILEVATO

CHE:

1.- con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 17,18,19,20; violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 19,49,77 e 86, Violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartella di pagamento non impugnata dal debitore.

2.- Il ricorso, col quale si mira a mettere in discussione il principio della durata quinquennale della prescrizione dei crediti previdenziali iscritti a ruolo per effetto della novazione oggettiva e soggettiva del credito, è infondato alla stregua dell’orientamento di questa Corte già affermato dalle SU n. 23397/2016 e ribadito anche di recente, tra le altre, da Cass. nn. 11335/2019 e 31352/2018.

3. E’ stato invero osservato da questa Corte che il conferimento al concessionario della funzione di procedere alla riscossione dei crediti, nonchè la regolamentazione ex lege della procedura e la previsione di diritti e obblighi del concessionario stesso, non determina il mutamento della natura del credito previdenziale e assistenziale, che è assoggettato per legge ad una disciplina specifica. Nè tantomeno potrebbe determinarsi in tal modo una modifica del regime prescrizionale, che per i contributi sarebbe incompatibile con il principio di “ordine pubblico” dell’irrinunciabilità della prescrizione, valorizzato anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23397 del 17/11/2016, che ha affermato il principio richiamato dal giudice di merito ed alla quale occorre dare continuità (vedi sul punto anche Cass., Sez. lav., 15 ottobre 2014, n. 21830; Id. 24 marzo 2005, n. 6340; Id. 16 agosto 2001, n. 11140; Id. 5 ottobre 1998, n. 9865; Id. 6 dicembre 1995, n. 12538; Id. 19 gennaio 1968, n. 131). In assenza di un titolo giudiziale definitivo, che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito e produca la rideterminazione in dieci anni della durata del termine prescrizionale ex art. 2953 c.c., continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, e non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione della regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c., 4.

4.- Nè giova alla tesi della ricorrente il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore.

5.- Analogamente, la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197, contempla un termine di prescrizione decennale che è relativo al “riaffido” da parte dell’ente creditore all’agente per la riscossione dei crediti – già oggetto di dichiarazione di “saldo e stralcio” ai sensi dell’art. 1 cit., comma 184 e ss. – e rispetto ai quali siano sorte irregolarità o falsità. Tale termine di prescrizione che, si ripete, si riferisce ai rapporti interni tra ente creditore e agente della riscossione (“Nell’ipotesi di mancata tempestiva prodiqione della documentazione a seguito della comunicazione di cui al comma 196, ovvero nei casi di irregolarità o omissioni costituenti falsità, non si determinano gli effetti di cui al comma 184 e al comma 185 e l’ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 3, comma 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, procede, a seguito di segnalazione dell’agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a riaffidare in riscossione il debito residuo. Restano fermi gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate”) non si confonde con quello quinquennale valevole nei confronti del soggetto passivo del debito contributivo e di cui si discute invece nel giudizio.

6. Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.

7. Nulla per le spese essendo il controricorrente rimasto intimato. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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