Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18259 del 06/09/2011
Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 06/09/2011), n.18259
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.P., residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso per
procura in calce al ricorso dall’Avvocato Roda Carmela Margherita,
elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, viale delle
Milizie n. 58;
– ricorrente –
contro
Prefettura di Brescia;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1161 del Giudice di Pace di Brescia,
depositata il 30 giugno 2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5
luglio 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;
udite la difesa del ricorrente svolta dall’Avvocato Carmela
Margherita Roda;
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 13 ottobre 2006, S.P. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1161 del Giudice di Pace di Brescia, depositata il 30 giugno 2006, che aveva rigettato l’opposizione da lui proposta per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione con cui il Prefetto di Brescia gli aveva irrogato una sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9, accertata mediante strumento di rilevazione elettronico.
La Prefettura di Brescia non si è costituita.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione di legge, lamentando che la decisione impugnata non abbia tenuto conto delle disposizioni di cui all’art. 201 C.d.S..
Il motivo è inammissibile, atteso che la sua esposizione non si conclude con la formulazione del ” quesito di diritto “, così come previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile nella fattispecie, essendo stato il provvedimento impugnato depositato dopo il 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).
Nè assume rilevanza che la L. n. 69 del 2009, art. 47, abbia disposto l’abrogazione dell’art. 366 bis. Come questa Corte ha già precisato (Cass. n. 7119 del 2010), il principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè il correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima Legge (4 luglio 2009), comportano infatti che per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati precedentemente a tale data e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 tale norma è da ritenersi ancora applicabile. Il secondo motivo di ricorso denunzia contraddittorietà ed insufficienza di motivazione, assumendo che le affermazioni del giudice di pace secondo cui la condotta degli agenti accertatori è stata corretta e l’apparecchio di rilevazione elettronico della velocità era funzionante non appaiono sostenute da alcun elemento di fatto o riscontro positivo. Anche questo motivo è inammissibile.
Il mezzo, infatti, non solo solleva censure generiche che investono accertamenti di fatto, ma, per come formulato, non appare conforme alla prescrizione dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, la quale, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 20603 dell’1.10.2007 (poi ulteriormente confermato da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra le quali si segnalano le ordinanze n. 8897 del 2008 e n. 4309 del 2008), impone al ricorrente che denunzi il difetto di motivazione della decisione impugnata l’onere non solo di dedurre in modo specifico la relativa censura, ma anche di formulare, al termine di essa, un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, costituente un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inammissibilità. Nel caso di specie, il motivo formulato dal ricorrente manca di tale indicazione riassuntiva e sintetica e ciò determina, a mente dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), la sua inammissibilità.
Il ricorso va pertanto respinto.
Nulla si dispone sulle spese di lite, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011