Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18256 del 06/09/2011

Cassazione civile sez. II, 06/09/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 06/09/2011), n.18256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31670-2005 proposto da:

B.G.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A. CARONCINI 6, presso lo studio

dell’avvocato CONTARDI GENNARO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.F.V.O. (OMISSIS);

– intimata –

sul ricorso 4043-2006 proposto da:

F.F.V.O. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio

dell’avvocato PERSICHELLI CESARE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CALUSSI GABRIELLA;

– ricorrenti –

e contro

B.C.A. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1272/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato CONTARDI Gennaro, preliminarmente chiede rinvio per

trattative sulla definizione della causa, in subordine accoglimento

del ricorso principale e rigetto ricorso incidentale;

udito l’Avvocato PERSICHELLI Cesare, difensore del resistente che ha

chiesto rigetto del ricorso principale e preliminarmente si oppone

alla richiesta di parte avversa;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso in via preliminare, non

si oppone al rinvio nel merito inammissibilità di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1987, B.G.A. conveniva di fronte al tribunale di Arezzo la propria moglie separata F. F.V.O., lamentando che il castello posto in (OMISSIS) era stato acquistato e restaurato dalla donna con denaro di esso attore e chiedendo pertanto di essere considerato unico proprietario dell’immobile, svolgendo in subordine domanda di indebito arricchimento.

Definito il giudizio in ordine alla domanda principale, lo stesso proseguiva relativamente alla subordinata, nella resistenza della convenuta; la domanda veniva respinta dal Tribunale e il B. G. proponeva appello.

Con sentenza del 4.3/8.9.2005, la Corte di appello di Firenze, nella contumacia della controparte, rigettava l’impugnazione, e regolava le spese.

Osservava la Corte gigliata che le emergenze processuali, desunte dalla CTU e dalla documentazione acquisita non confortavano la tesi attorea, segnatamente in ragione della mancanza di concreti riscontri concernenti sia i lavori di ristrutturazione che l’acquisto dell’immobile, in correlazione con le conclusioni raggiunte dal CTU:

quanto alla prova per testi richiesta, non erano stati indicati i nominativi dei testi da assumere e, pur essendo ancora possibile provvedervi, la Corte, considerata la abnorme durata del procedimento, non riteneva di consentire un ulteriore differimento.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di un solo motivo,il lustrato con memoria, il B.G.; resiste con controricorso la controparte, proponendo a sua volta ricorso incidentale, in cui con due motivi, si eccepisce l’avvenuta estinzione del processo di primo grado e la inammissibilità dell’appello.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la medesima sentenza e vanno pertanto riuniti a norma dell’art. 332 c.p.c.. Per ragioni di preliminari età logica, va esaminato per primo il ricorso incidentale.

Con il primo motivo, si lamenta l’avvenuta estinzione del processo di prime cure a causa della intervenuta morte dell’unico procuratore della odierna ricorrente incidentale, asseritamente dichiarata, e la mancata riassunzione del processo stesso nei termini; la doglianza, peraltro formulata genericamente, senza indicazione delle norme che si assumono violate e senza specifico riferimento al provvedimento di interruzione del processo, non ha pregio.

Invero, non si da conto di un intervenuto provvedimento di interruzione del giudizio, nè si esplicita come e quando il processo sarebbe stato riassunto. Se è vero che può dedursi che si lamenti la violazione di una norma processuale, cosa questa che facultizza questa Corte all’esame diretto delle carte processuali sul punto, è pur vero che, per addurre un vizio relativo ad estinzione per mancata riassunzione nei termini, non può, ai fini della specificità del motivo, omettersi di dar conto dello specifico modo in cui la questione processuale si pone.

Difettando del tutto tale necessaria esplìcitazione, il motivo risulta assolutamente generico e, come tale inammissibile.

Con il secondo motivo, sempre senza specifica intestazione del motivo ed indicazione delle norme che si assumono violate, si lamenta che l’atto di citazione in appello è rivolto al procuratore della parte e non alle parte stessa.

In fatto, la circostanza risulta comprovata dalla semplice lettura dell’atto in questione; peraltro dal contesto complessivo dell’atto stesso, come articolato, impostato e notificato, non può revocarsi in dubbio che dallo stesso emerge chiaramente, a parte l’evidente errore nell’indicazione della persona che si cita, che lo stesso è diretto all’odierna ricorrente incidentale, la quale infatti si è costituita, ha esplicitato le sue difese e pertanto ha potuto contraddire liberamente agli argomenti contenuti nell’atto di appello.

Ne consegue che l’errore commesso non ha causato alcun disguido nella predisposizione e nella esplicitazione delle difese della reale destinataria della citazione in appello ed ha così raggiunto pienamente il suo scopo, riscontro questo che consente la reiezione anche di tale motivo e, con esso, del ricorso incidentale.

Venendo all’esame del ricorso principale, l’unico motivo in cui lo stesso si articola è intestato a violazione degli artt. 116 e 244 c.p.c..

Ci si duole del fatto che la Corte gigliata, rifacendosi anche alle conclusioni raggiunte dal CTU, abbia ritenuto non provato che l’acquisto e la ristrutturazione del castello fossero avvenuti con denaro di spettanza del ricorrente principale.

In realtà, nella confutazione delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, ci si riferisce a risultanze desumibili alla intestazione degli assegni su cui si controverte e alla prova articolata al riguardo e non espletata.

Così come esplicitato, il ricorso viola il principio di autosufficienza, in quanto avrebbe dovuto riportare i nominativi dei prenditori degli assegni emessi sui conti intestati al B. G. e provare che gli stessi erano i soggetti incaricati della ristrutturazione del castello e ciò non è stato fatto.

Nè a tali fini rileva la doglianza relativa alla mancata ammissione della prova richiesta, in quanto, a prescindere dai motivi della mancata ammissione, il capitolato della stessa non è stato riportato testualmente in ricorso e tanto non consente a questa Corte di valutare la decisività della prova stessa.

Il motivo non può essere pertanto accolto e il ricorso principale deve essere pertanto respinto.

La reiezione dei entrambi i ricorsi giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, la Corte li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2011

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