Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18253 del 02/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/09/2020, (ud. 24/06/2020, dep. 02/09/2020), n.18253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33367-2018 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 2, presso

lo studio dell’avvocato GIANFRANCO GALELLA, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1412/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/09/2018 r.g.n. 1038/2015.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Roma ha accolto il reclamo proposto da G.L. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città ed, in riforma della stessa, ha dichiarato illegittimo il licenziamento a lui intimato dalla Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. in data 15.12.2009 ed a decorrere dal 7.11.2009, in relazione all’avvenuto superamento del periodo di comporto; ne ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro ed ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni maturate e non erogate dalla data del licenziamento all’effettiva reintegra con interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo oltre che al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, rigettando le altre domande e condannando la società al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che erroneamente la sentenza di primo grado avrebbe trascurato di considerare che il lavoratore, prima della scadenza del periodo di comporto, aveva chiesto di poter usufruire di un periodo di congedo senza assegni per trenta giorni al fine di limitare l’assenza per malattia e scongiurare il superamento del periodo di comporto. Ha quindi osservato che tenendo conto di tale richiesta alla data dell’intimazione del licenziamento il periodo di comporto, interrotto, non sarebbe maturato e, per l’effetto, ha dichiarato illegittimo il licenziamento e reintegrato il lavoratore applicando l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori nel testo antecedente le modifiche apportate con la legge del 2012.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso la società Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. che ha articolato due motivi ai quali ha resistito con controricorso G.L.. Il Procuratore generale ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso o, comunque, per il suo rigetto. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1362 e ss. c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

4.1. Osserva la ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che la società non avrebbe tenuto conto delle richieste avanzate dal lavoratore in ordine alla concessione dei periodi di congedo per limitare la durata dell’assenza per malattia. Nel riportare la corrispondenza intercorsa tra le parti, depositata nei precedenti gradi di giudizio, la società evidenzia che tale affermazione della Corte territoriale è in palese violazione dei canoni di interpretazione della documentazione prodotta in giudizio.

4.2. Osserva infatti che, dal tenore letterale della comunicazione del 24 giugno 2009, emergeva con chiarezza che al lavoratore era stato comunicato il superamento del comporto a retribuzione intera; che il lavoratore era stato, del pari, avvisato della data di scadenza finale del comporto, anche a retribuzione ridotta, ed informato della possibilità, nel perdurare della malattia, di avvalersi di ulteriori dodici mesi di aspettativa non retribuita per ragioni di salute. Infine era stato reso edotto della possibilità, per la società, di avvalersi della risoluzione del rapporto ai sensi dell’art. 26 punto 11 del c.c.n.l. di categoria.

4.3. Evidenzia che dalla lettura della lettera del 22 settembre 2009 emergevano chiaramente le ragioni per le quali la società non aveva dato seguito alla richiesta formulata dal lavoratore di usufruire di un congedo per gravi ragioni familiari ai sensi dell’art. 35 del c.c.n.l. (consentito solo nei limiti dettati dal D.P.C.M. n. 278 del 2000, art. 2) ed era stata ribadita la possibilità di avvalersi, invece, dell’aspettativa per motivi di salute.

4.4. Che nella successiva lettera del 13 ottobre 2009 tale ultima opportunità era stata ancora una volta rimarcata e si era rammentata la necessità di depositare idonea documentazione medica.

4.5. Infine nella comunicazione del 2 novembre 2009 la società aveva fatto presente che anche il comporto di dodici mesi era stato raggiunto e che dunque, per evitare il suo superamento, la società aveva d’ufficio imputato all’aspettativa per motivi di salute – unico strumento utilizzabile – l’assenza del lavoratore dal 19 al 21 ottobre 2009. Gli aveva poi rammentato che ulteriori assenze per motivi di salute avrebbero dovuto essere imputate ad aspettativa e che, in caso contrario, la società si sarebbe avvalsa della facoltà di risolvere il rapporto di lavoro.

4.6. Ritiene perciò che se la Corte di merito avesse interpretato la documentazione secondo il canone letterale e tenendo conto dell’intenzione delle parti sarebbe giunta alla conclusione che, in assenza di una richiesta di aspettativa, il licenziamento era stato legittimamente intimato.

4.7. Diversamente decidendo, e ritenendo che non si sarebbe tenuto conto delle richieste di congedo avanzate, la sentenza sarebbe incorsa nella violazione di legge denunciata trascurando inoltre di procedere ad una interpretazione secondo buona fede che avrebbe dovuto convincerlo della correttezza della condotta tenuta dalla società.

5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del c.c.n.l. 3 26.9/26.11 delle attività ferroviarie del 16.4.2003 oltre che dell’art. 2110 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5.1. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto della differenza esistente tra il congedo per gravi motivi familiari, disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.l., e l’aspettativa per motivi di salute di cui all’art. 26 dello stesso c.c.n.l.. Mentre il primo richiede che siano documentati gravi motivi riconducibili a quelli individuati nel D.P.C.M. n. 278 del 2000, art. 2 la seconda è prevista dall’art. 26 del c.c.n.l. proprio per il caso in cui, approssimandosi i limiti del comporto, perduri la malattia.

5.2. Evidenzia che il tenore letterale delle disposizioni collettive era talmente chiaro da non necessitare il ricorso ad altri criteri di interpretazione. Sottolinea che la previsione di una ulteriore aspettativa per malattia, infrazionabile, è stata prevista dalle parti collettive per il caso di malattie di particolare gravità che autorizzino il protrarsi dell’assenza anche oltre il termine di comporto generalmente fissato. Nell’affermare che la società non avrebbe preso in considerazione le richieste del lavoratore la Corte di merito trascura di tenere conto del contenuto del lungo carteggio intercorso tra le parti rivelatore della buona fede e correttezza della condotta datoriale così incorrendo anche nella violazione delle disposizioni che autorizzano il recesso dal rapporto di lavoro al verificarsi di determinate condizioni (art. 2110 c.c.).

6. Tanto premesso ritiene il Collegio che le censure, da esaminare congiuntamente, devono essere accolte.

6.1. Ritiene infatti il Collegio che il presupposto su cui la sentenza fonda le sue conclusioni muova, come denunciato nel primo motivo di ricorso, da una implausibile interpretazione della copiosa documentazione depositata in giudizio e riportata per esteso nel ricorso.

6.2. Ed infatti la sentenza impugnata ha dichiarato illegittimo il licenziamento affermando che la Società “non ha in alcun modo tenuto in considerazione delle richieste avanzate dal lavoratore in ordine alla concessione di periodi di congedo al fine di limitare la durata dell’assenza e, quindi, di scongiurare il superamento del comporto”. Sulla base di tale premessa, quindi, il giudice di secondo grado ha considerato nuovamente la durata del comporto accertando che “ove si fosse tenuto in considerazione della richiesta di congedo del lavoratore che ne avrebbe interrotto la decorrenza, non sarebbe stato superato”.

6.3. Si osserva tuttavia che a fronte di reiterate richieste del lavoratore di poter fruire di congedi straordinari non retribuiti ai sensi dell’art. 35 e 26.9 del c.c.n.l. la società, che aveva già informato il lavoratore della complessiva situazione in cui versava rispetto alle assenze dal lavoro accumulate, ha dato riscontro alle richieste di ulteriore congedo formulate sottolineando quali erano gli strumenti ancora a disposizione del lavoratore per non maturare il periodo di comporto per malattia previsto dal contratto collettivo di categoria.

6.4. Va rammentato che il contratto collettivo delle attività ferroviarie del 16 aprile 2003, applicabile alla fattispecie in esame, prevede due distinti istituti: l’aspettativa per motivi di salute disciplinata dall’art. 26 del c.c.n.l. ed il congedo straordinario per gravi motivi disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.l..

6.5. La prima è concessa al lavoratore che la chieda, per un periodo massimo di dodici mesi e sulla base della documentazione medica allegata alla richiesta, al fine di agevolare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore. Il secondo, disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.l., può essere accordato ove connesso a motivi di salute, nei limiti dettati dalla L. n. 54 del 2000, art. 4, comma 2 e dal D.P.C.M. n. 278 del 2000, art. 2.

6.6. Orbene il giudice di appello ha trascurato di considerare che è proprio a questi due istituti – cumulativamente e atecnicamente indicati come congedo straordinario non retribuito – che il lavoratore fa riferimento nelle domande, ripetute, avanzate dopo che la società datrice lo aveva allertato dell’approssimarsi del raggiungimento del periodo massimo di assenze accumulabile. A queste richieste pertanto la società ha dato riscontro fornendo una interpretazione della natura dei congedi e delle condizioni per ottenerli e sollecitando il lavoratore a documentare coerentemente le sue domande.

6.7. L’interpretazione data dalla Corte di merito, allora, è dissonante rispetto al contenuto letterale delle risposte inviate dalla società in replica alle domande di “congedo straordinario” formulate e non è logicamente plausibile sostenere che la società non le abbia prese in considerazione.

6.9. Al lavoratore, come si è ricordato, è stato comunicato sia il superamento del comporto a retribuzione intera sia la data di scadenza finale del comporto, anche a retribuzione ridotta. Inoltre è stato informato della possibilità di avvalersi di un’ulteriore aspettativa documentando la malattia e delle conseguenze del compimento del periodo massimo di assenza consentita (comunicazione del 24 giugno 2009). Sostenere che la società non avesse affatto tenuto in considerazione le richieste di concessione di ulteriori periodi di congedo avanzate dal lavoratore per scongiurare il superamento del comporto è ricostruzione che distorce il tenore letterale delle risposte date alle richieste del lavoratore, trascura di verificare quale fosse la reale intenzione delle parti ed incorre perciò nella denunciata violazione delle regole di interpretazione della documentazione allegata in giudizio. Sì può discutere se sia o meno corretto il diniego del congedo straordinario per gravi ragioni familiari disciplinato dall’art. 35 del c.c.n.l.. Si può verificare se era stata ritualmente avanzata e documentata una domanda di ulteriore aspettativa per motivi di salute ai sensi dell’art. 29 dello stesso c.c.n.l.. Si può per l’effetto ritenere che il licenziamento intimato fosse comunque illegittimo ma non si può affermare che la società datrice non abbia tenuto conto delle richieste avanzate.

8. In conclusione, per le ragioni esposte, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, dovrà verificare la legittimità del licenziamento intimato al signor G. tenendo conto delle domande di congedo/aspettativa avanzate aì sensi degli artt. 26.9 e 35 del c.c.n.l. e dei riscontri alle stesse da parte della RFI s.p.a.. Alla Corte del rinvio va demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2020

 

 

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