Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18252 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., (COD. FISC. (OMISSIS)),

D.A.M., (COD. FISC. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo

studio dell’avvocato PANARITI BENITO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CLAUT VITTO PIETRO;

– ricorrenti –

contro

B.S., (COD. FISC. (OMISSIS)), D.M., (COD.

FISC. (OMISSIS)), B.M., (COD. FISC.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.G.

BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato MEREU PAOLO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MALATTIA BRUNO ANTONIO;

– controricorrenti –

e contro

V.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 722/2004 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 20/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/06/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato CLAUT VITTO PIETRO difensore del ricorrente che si

riporta agli atti.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.P., con due distinti atti in pari data (1.6.11.1987), proponeva opposizione avverso due decreti ingiuntivi con ciascuno dei quali si intimava a lui stesso ed a D. M.E. quanto al primo ed a D.A. relativamente al secondo, quali garanti, il pagamento di L. 150.000.000, quale prezzo per l’acquisto di 1750 azioni della Friuli Costruzioni Meccaniche spa, a favore rispettivamente di B. G. e di Z.M., i quali avevano chiesto ed ottenuto le ricordate ingiunzioni dal Presidente del tribunale di Pordenone, in relazione agli atti per notar Salice del 1985 che prevedevano appunto dette compravendite; gli opposti resistevano, assumendo la effettiva debenza delle somme di cui ai cennati decreti ingiuntivi.

Con successiva citazione del 1991, il C. e le D. convenivano di fronte allo stesso Tribunale Il B. e lo Z., chiedendo l’annullamento e/o la nullità dei ricordati atti di vendita, assumendo che doveva essere dichiarata la simulazione, o la rescissione degli atti stessi o la risoluzione dei medesimi per eccessiva onerosità sopravvenuta e dichiararsi l’invalidità e l’inefficacia delle obbligazioni accessorie e di garanzia.

La tesi attorea era quella secondo cui il prezzo delle azioni era stato stabilito in relazione alla effettiva esposizione debitoria dei soci Z. e B.; all’epoca il valore delle azioni era praticamente nullo e all’acquirente l’esposizione debitoria (gravissima) della società era stata tenuta nascosta. Sostenevano, quindi, l’inesistenza dell’oggetto della compravendita, e la mancanza di causa del contratto, atteso che le parti non avevano inteso cedere azioni, ma costituire una garanzia ai venditori.

Anche in tale sede, i convenuti, costituitisi, dedotta l’inconsistenza delle tesi di controparte, chiedevano il rigetto della domanda, con il favore delle spese.

Le tre cause venivano riunite e, con sentenza del 2000, l’adito Tribunale rigettava le opposizioni e la domanda attorea e compensava le spese.

Avverso tale decisione il C., D.A.M. e V.F., quale erede di D.M.E. proponevano appello, cui resistevano S. e B.M. e D.M., quali eredi di B.G. e Z.M., che proponevano a loro volta appello incidentale.

Con sentenza in data 30.6/20.11.2004, la Corte di appello di Trieste rigettava entrambe le impugnazioni e compensava le spese del grado.

Osservava la Corte giuliana che nella specie la causa doveva essere ravvisata nello scambio di cosa contro prezzo e che l’oggetto del contratto era nullo solo se il negozio non consentisse l’individuazione delle obbligazioni delle parti, elementi questi ravvisatali nell’atto in questione, mentre la corrispondenza del prezzo all’effettivo valore delle azioni era irrilevante atteso che non risultava che i venditori avessero fornito garanzia alcuna circa la situazione patrimoniale della società.

Era pure irrilevante l’eventuale errore di valutazione dell’acquirente, atteso che il difetto di qualità della cosa venduta non può riguardare il valore economico dei diritti che la partecipazione sociale è idonea ad attribuire, ma la qualità degli stessi. Del resto, il C., contabile della FCM, era perfettamente in grado di conoscere l’effettiva situazione patrimoniale della società.

L’azione di rescissione per lesione, poi, si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto, nè la rescindibilità del contratto può essere dedotta in via di eccezione quando l’azione sia prescritta; nella fattispecie, neppure era stata allegata la sussistenza dello stato di bisogno.

La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta poteva trovare applicazione per i contratti ad esecuzione continuata o periodica o differita e presuppone uno squilibrio sopravvenuto e non originario tra le prestazioni.

La dedotta simulazione sostanziatasi nel fatto che le parti avessero concordato la cessione delle azioni senza alcun corrispettivo era smentita dal contenuto delle stesse convenzioni a latere dei contratti di vendita.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, sulla base di sei motivi, il C. e D.A.M.; resistono con controricorso S. a e M.B. e D.M., anche nella qualità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente esaminata la questione, esplicitamente sollevata dal P.G. in udienza, della ammissibilità del ricorso in relazione alla (in)sussistenza del requisito dell’esposizione, in ricorso, dei fatti di causa.

Va evidenziato che a tale riguardo nella presente fattispecie ci si limita a prendere le mosse dall’appello proposto dagli odierni ricorrenti, con indicazione eslusivamente delle richieste conclusive avanzate, e successiva sintesi degli eventi (processuali) susseguitisi.

Manca totalmente la seppur sommaria esposizione dei fatti di causa che non possono essere compiutamente e comunque utilmente (ai fini del decidere) essere ricavati dai motivi di ricorso, che riflettono una ricostruzione parziale e soggettiva degli eventi, mentre manca qualunque accenno all’iter processuale antecedente alla proposizione dell’appello, che pure, a quanto si legge nella sentenza impugnata, era stato molto articolato.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che per soddisfare il requisito prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è indispensabile che dal contesto del ricorso – e cioè solo dalla lettura di tale atto ed escluso l’esame di ogni altro documento compresa la stessa sentenza impugnata – sia possibile desumere una conoscenza del fatto, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo, non potendosi distinguere, ai fini della sanzione di inammissibilità, fra esposizione del tutto omessa ed esposizione insufficiente (cons. Cass. SS. UU. 18.5.2006, n. 11653).

Nel caso che ne occupa, l’insufficienza dell’esposizione degli elementi di fatto rasenta la totale omissione e, pertanto, risulta evidente l’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso e in tal senso devesi provvedere; ogni altra questione risulta assorbita.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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