Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18252 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/07/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 05/07/2019), n.18252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25886-2017 proposto da:

SOLUZIONE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BARBARA COLOMBARI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della

SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO,

LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1273/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 23/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 23.3.2017, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da Soluzione s.r.l. avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per contributi omessi in danno di talune lavoratrici subordinate formalmente assunte con contratti di collaborazione a progetto; che avverso tale pronuncia Soluzione s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2702 c.c., nonchè omesso esame della produzione documentale avente ad oggetto i contratti di collaborazione, per avere la Corte di merito ritenuto la genericità del progetto indicato in questi ultimi senza debitamente valutare il programma assegnato a ciascuna collaboratrice;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 62,per avere la Corte territoriale ritenuto che il programma di lavoro assegnato alle collaboratrici non fosse specifico;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c. per non avere la Corte di merito valorizzato, ai fini del decidere, le deposizioni testimoniali raccolte in prime cure, dalle quali emergeva la piena autonomia dei rapporti di collaborazione in questione;

che il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure rivolte all’impugnata sentenza, e sono inammissibili per difetto di specificità, atteso che i contratti della cui omessa valutazione ed erronea qualificazione si duole parte ricorrente non sono stati trascritti in ricorso, se non per talune parti riferibili peraltro a cinque delle sei collaboratrici indicate a pag. 6 della sentenza impugnata, in spregio al consolidato principio secondo cui il ricorrente che denunci l’omessa o inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti di cui lamenta l’omessa o inesatta valutazione (cfr. fra le tante Cass. nn. 29093 del 2018, 14107 del 2017, 19410 del 2015);

che parimenti inammissibile è il terzo motivo, atteso che la Corte di merito ha correttamente fatto discendere la conversione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato dall’accertamento della carenza di specificità del progetto, uniformandosi alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69,comma 1, anche nella versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (Cass. nn. 17127 del 2016 e 8142 del 2017, tutte sulla scorta di Cass. nn. 9471 e 12820 del 2016), e, non avendo parte ricorrente censurato codesta ratio decidendi, non può che darsi continuità al principio secondo cui la proposizione con il ricorso per cassazione di censure prive di specifica attinenza al detivon della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso, non potendo quest’ultimo essere configurato quale impugnazione rispettosa del canone di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 17125 del 2007; nello stesso senso, più recentemente, Cass. nn. 11637 del 2016 e 24765 del 2017);

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza; che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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