Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18250 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 16/09/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO DI (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore,

rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del

ricorso, dall’Avv. Michele Pesiri, con domicilio eletto presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via G.A. Guattani, n. 14/A;

– ricorrente –

contro

M.A. e ME.Gi., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.

Francesco Palermo e Vincenzo Ussani d’Escobar, con domicilio con

eletto presso lo studio di quest’ultimo in Pieve di Cadore, n. 30,

villino 56/58;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma in data 6 luglio

2011.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 19

luglio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Mario Pesiri e Mario Romano, quest’ultimo per delega

dell’Avv. Vincenzo Ussani d’Escobar;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso:

“inammissibilità ex art. 372 c.p.c.; accoglimento primo motivo e in

subordine secondo motivo del ricorso”.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Accogliendo l’appello proposto da M.A. e Me.Gi., la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 6 luglio 2011, in riforma della sentenza in data 18 maggio 2005 del Tribunale di Roma, ha dichiarato la nullità della delibera dell’assemblea del Condominio di (OMISSIS), approvata nella seduta del 12 aprile 2001, nella parte in cui approva gli artt. 19 e 20 del nuovo regolamento di condominio che pongono a carico degli appellanti, in via esclusiva,sia le spese ordinarie che straordinarie relative alla copertura dello stabile e non solo quelle relative alla terrazza.

1.1. – La Corte d’appello rileva che la pronuncia di primo grado “considera solo la terrazza di copertura, per la quale effettivamente l’atto di acquisto, in corrispondenza della proprietà esclusiva di essa in favore degli appellanti ed aventi causa, attribuiva loro l’onere totale delle spese di manutenzione, stabilendo un regime che, pur in contrasto con i criteri indicati dall’art. 1126 c.c., relativo ai lastrici solari – ed applicabile… anche alla terrazza di copertura ad uso esclusivo – non è illegittimo, trattandosi di norma derogabile per la quale è fatta salva la possibilità di diversa convenzione tra le parti”. “Per le parti diverse dalla terrazza – prosegue la Corte di Roma – alle spese di manutenzione si applicherà il criterio di legge stabilito in ragione della natura e funzione di esse, conseguendone l’illegittimità del regolamento approvato limitatamente a quegli articoli che attribuiscono agli appellanti quelle spese in via esclusiva e quindi, oltre il citato art. 19, anche l’art. 20, all’altro strettamente correlato”.

2. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il Condominio ha proposto ricorso, con atto notificato il 18 gennaio 2012, sulla base di due motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza il Condominio ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.; inammissibilità dell’appello; insufficiente motivazione del rigetto dell’eccezione di inammissibilità) ci si duole che la Corte d’appello, argomentando in maniera insufficiente, abbia erroneamente ritenuto che i motivi di gravame articolati dagli appellanti fossero sufficientemente chiari e specifici, quando invece essi si risolvevano in una mera elencazione di sentenze della Corte di cassazione, prive di relazione con la materia del contendere e con la motivazione della sentenza del Tribunale. Gli appellanti – si sostiene – non avrebbero messo minimamente in discussione il fondamento logico-giuridico della pronuncia di primo grado, essendosi limitati a riproporre alla Corte d’appello tutte le questioni di merito già rese in primo grado, così chiedendo una semplice rinnovazione del giudizio.

1.1. – Il motivo è infondato.

Il Tribunale, nel rigettare la domanda del M. e della Me., ha escluso qualsiasi menomazione del diritto dominicale degli attori, così argomentando: “L’atto di vendita per notaio Cotogni del 1959 stabiliva che per accordo tra le parti la terrazza di copertura che verrà a risultare dalla sopraelevazione sarà di esclusiva proprietà dei M. e loro aventi causa, i quali dovranno provvedere a loro cura e spese alla completa manutenzione e a tutte le riparazioni ordinarie e straordinarie della terrazza stessa. Si ignora in causa se la sopraelevazione sia stata realizzata. L’art. 18 richiama nel regolamento l’atto di compravendita in modo che ne diventa parte integrante. L’art. 17 recita la terrazza di copertura nonchè la copertura tutta dello stabile stesso è di proprietà esclusiva dei M. e loro aventi causà, che è conforme al patto convenuto. L’art. 8 riserva al condominio soltanto la proprietà delle aree di accesso alle cabine e agli ascensori e alla antenna televisiva (quindi per il controllo e per la manutenzione ordinaria e straordinaria di esse) e anche del sottotetto (riservato in via esclusiva ai M.) ove non vi provvedano costoro. Questo è il senso che deve darsi alla norma. Ma qualunque oscurità o contraddizione presunta non è definibile dal giudice adito sia perchè nessuna domanda di interpretazione viene formulata al riguardo sia perchè, non emergendo alcuna menomazione del diritto domenicale degli attori, dalla lettura coordinata degli articoli, la incertezza interpretativa non dà origine ad una ipotesi di nullità secondo la previsione dell’art. 1138 c.c., Conseguentemente anche la eccezione della insufficienza del quorum deliberativo non ha fondamento, valendo la norma che prevede l’approvazione con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., cpv. 5, che l’assemblea ha espresso”.

L’atto di appello del M. e della Me. contiene una precisa e specifica contestazione alla ratio che sostiene la decisione di primo grado: evidenziando le “macroscopiche contraddizioni tra le disposizioni contenute” all’interno del regolamento (posto che mentre l’art. 2 elenca come “di proprietà comune” “i tetti e le relative pertinenze” e il successivo art. 8 riserva al condominio il diritto di accesso al sottotetto “per la manutenzione ordinaria e straordinaria… della copertura”, l’art. 17 indica la copertura tutta dello stabile tra i beni di proprietà esclusiva dei M. e loro aventi causa e l’art. 19 prevede che i M. e loro aventi causa sono tenuti alla manutenzione della copertura dello stabile e della terrazza); e richiamando sia il principio di diritto secondo cui i poteri dell’assemblea di condominio, fissati tassativamente dal codice, non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia la regola per cui, in tema di condominio di edifici, l’obbligo di provvedere alle spese, siano esse di natura ordinaria o straordinaria, attinenti alle parti del lastrico solare svolgenti comunque funzioni di copertura, vanno sempre suddivise tra il proprietario esclusivo del lastrico solare ed i condomini proprietari degli appartamenti sottostanti, secondo la porzione di cui all’art. 1126 c.c..

Correttamente la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello, posto che l’atto di impugnazione consentiva, con la prospettata denuncia dei vizi riscontrabili nella decisione di primo grado e le specifiche critiche indirizzate ad essa, l’immediata individuazione delle questioni da risolvere da parte del giudice del gravame.

2. – Con il secondo motivo (insufficiente e contraddittoria motivazione in punto di distinguo tra terrazza e copertura dello stabile) ci si duole che erroneamente la Corte territoriale abbia statuito che l’onere assunto nell’atto di compravendita del 1959 era limitato esclusivamente alla terrazza e non comprendeva il tetto, inteso come bene comune. Il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare che nell’atto del 1959 si previde genericamente, essendo a quell’epoca l’immobile di (OMISSIS) già munito di terrazza a copertura, che la terrazza di copertura che sarebbe risultata dalla sopraelevazione sarebbe stata di proprietà esclusiva dei M. e loro aventi causa, i quali però avrebbero dovuto provvedere a loro cura e spese alla sua completa manutenzione ed a tutte le riparazioni ordinarie e straordinarie. Deduce il Condominio che, a fronte del riconosciuto diritto di sopraelevazione e della proprietà esclusiva della terrazza di copertura, i M. hanno edificato ed hanno “deciso di chiudere a copertura non esclusivamente con un lastrico solare (terrazzo a copertura di esclusiva proprietà) ma parte con terrazzo e parte con un tetto a copertura che ha, addirittura, dato loro la possibilità di recuperare un altro spazio abitabile quale sottotetto da cui, attualmente, traggono un reddito”. Ad avviso del ricorrente, in conseguenza delle sopraelevazioni poste in essere la copertura dell’immobile di (OMISSIS), “indipendentemente dal fatto che fosse una terrazza o un tetto ma pur sempre una copertura”, rimaneva di proprietà esclusiva dei M. e loro aventi causa e di conseguenza gli stessi avrebbero dovuto provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, come da onere assunto in sede di acquisto del diritto di sopraelevazione.

2.1. – Il motivo è infondato.

Va premesso che non può avere ingresso in questa sede la dichiarazione del 12 aprile 1960 rilasciata da M.A. e rivolta al Comune di Roma in relazione alla vicenda della sopraelevazione, dichiarazione prodotta dal ricorrente unitamente al deposito del ricorso per cassazione. Si tratta infatti di documento di cui, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., non è ammesso il deposito in cassazione, non riguardando tale documento nè la nullità della sentenza impugnata, nè l’ammissibilità dello stesso ricorso o del controricorso.

Tanto premesso, la Corte d’appello ha avuto bensì presente che l’atto di acquisto M. del 19 gennaio 1959 conteneva una clausola di attribuzione ai M. e loro aventi causa della proprietà esclusiva sulla “terrazza di copertura” risultante dalla sopraelevazione, con conseguente onere di provvedere a loro cura e spese alla completa manutenzione e a tutte le riparazioni ordinarie e straordinarie della terrazza stessa; ma ha posto una distinzione tra la terrazza di copertura ed il tetto, interpretando la suddetta clausola attributiva della proprietà e dell’onere come limitata esclusivamente alla terrazza e non al tetto, inteso quale bene comune. La Corte d’appello ha infatti rilevato che per le “altre parti costituenti anche esse copertura dello stabile” non è rinvenibile “in quell’atto di acquisto alcuna deroga ai criteri di legge previsti”. La natura di bene comune del tetto – ha sottolineato la Corte territoriale – è confermata dallo stesso art. 2 del regolamento approvato nell’assemblea del 12 aprile 2001, il quale menziona “i tetti e le relative pertinenze” tra le proprietà comuni: di qui la dichiarata illegittimità delle disposizione del regolamento (gli artt. 19 e 20) che attribuiscono al M. e alla Me., in via esclusiva, l’onere delle spese di manutenzione di tutta la copertura dello stabile, e non della sola terrazza di copertura.

La sentenza impugnata si basa su di una motivazione congrua e priva di mende logiche e giuridiche, fondata sulla interpretazione delle clausole dell’atto di compravendita del 1959, la quale sfugge alla doglianza articolata con il ricorso, che non indica neppure quale canone interpretativo negoziale il giudice di merito abbia violato nel ricostruire la volontà delle parti.

Mette conto di ribadire, d’altra parte, che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad una clausola contrattuale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass., Sez. 3, 20 novembre 2009, n. 24539; Cass., Sez. 3, 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., Sez. 1, 17 marzo 2014, n. 6125).

Il motivo di ricorso finisce con il sollecitare una nuova ricostruzione della volontà negoziale e, con essa, un nuovo esame del merito della vicenda di fatto, il che fuoriesce dai limiti del sindacato della Corte di legittimità.

3. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Condominio ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 2.000, di cui Euro 1.800 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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