Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1825 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22662-2019 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OFANTO, 18,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO ESPOSITO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO RUGGIERO;

– ricorrente –

contro

SICURT SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.

DEL BANCO DI SANTO SPIRITO 42, presso lo studio dell’avvocato

GIUSTINO DI CECCO, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI

COLUCCIA;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 2399/2017 del TRIBUNALE di AREZZO,

depositato l’11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto da M.M., affidandolo a tre motivi, ricorso avverso il decreto del 11.6.2019 con cui il Tribunale di Arezzo ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L. Fall. proposta dall’odierno ricorrente avverso il decreto con cui il G.D. aveva rigettato la sua domanda di insinuazione, in prededuzione, al passivo della SICURT s.p.a. in Amministrazione Straordinaria per l’importo complessivo di Euro 44.225,93561,58, in relazione all’attività di consulenza contabile dallo stesso svolta a favore del Gruppo M., cui apparteneva la società sottoposta alla procedura concorsuale;

che il Tribunale aveva argomentato il rigetto sul rilievo che, pur avendo il ricorrente effettivamente svolto l’attività di consulenza per cui pretendeva il proprio compenso, tuttavia, l’incarico gli era stato conferito personalmente dal Commendatore M.P., il quale, alla luce della documentazione in atti, risultava essere il legale rappresentante di altre diverse società (Co. s.p.a. e M. Re s.p.a.), mentre nelle società del Gruppo M., di cui faceva parte la SICURT in A.S., era soltanto un socio diretto o indiretto;

che, pertanto, il rapporto contrattuale si instaurò non tra il M. e la società in A.S.- cui mai passò la titolarità di tale rapporto – ma tra l’odierno ricorrente ed il M. personalmente, nell’ottica di costui di tutelare le proprie partecipazioni nell’intera holding, della quale la M. Group s.r.l. era la capogruppo;

– che la SICURT s.p.a. in Amministrazione Straordinaria si è costituita in giudizio con controricorso;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380 bis c.p.c.;

che il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta dal ricorrente la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. nonchè del principio di diritto in base al quale una società è vincolata giuridicamente dagli atti e fatti compiuti dall’amministratore di fatto – nel caso di specie, rivestiva tale qualifica della società in A.S. proprio M.P. – soprattutto quando le sue disposizioni vengono ratificate dagli amministratori di diritto della società beneficiata dall’attività svolta dal terzo (non richiedendo tale ratifica forme particolari);

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione delle norme sul mandato e del principio in base al quale non poteva non ritenersi ratificato l’operato del M. alla luce del beneficio economico goduto dalla società in Amministrazione Straordinaria;

3. Con il terzo motivo è stato dedotto, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione, implicanti l’avvenuta conferma/ratifica dell’incarico conferito al ricorrente, sul rilievo che il Tribunale avrebbe omesso di riconoscere il M. come amministratore di fatto dell’intero Gruppo M., il libero accesso del ricorrente a tutti i locali delle società del gruppo, il continuo scambio di corrispondenza del ricorrente con i rappresentanti e collaboratori del gruppo M., la ratifica da parte del B., legale rappresentante della capogruppo M. Group, dell’operato svolto dal ricorrente;

4. che i primi due motivi, da esaminare unitariamente in considerazione della stretta connessione delle questioni trattate, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza;

che, in primo luogo, va osservato che è principio consolidato di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 09/07/2013, n. 17041);

che ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito – nel provvedimento impugnato

per cui è causa non vi è alcuna traccia della questione relativa alla dedotta qualifica di M.P. quale amministratore di fatto delle società del gruppo M., cui la Sicurt in A.S. apparteneva – è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonchè il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430);

che, nel caso di specie, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione, non avendo nemmeno dedotto di aver sottoposto tale tema d’indagine all’attenzione del giudice di merito, risultando anzi dalla parte narrativa del ricorso (pag.4) che, in sede di opposizione ex art. 98 L. Fall., il M. aveva allegato di aver provato il suo diritto al compenso per l’attività svolta attraverso numerosi documenti comprovanti lo scambio di corrispondenza con i rappresentanti del Gruppo M., e in particolare, con B.D., legale rappresentante della M. Group s.r.l. (dunque non solo alla qualifica, ma anche alla stessa persona di M.P. non risultava nel precedente grado effettuato alcun riferimento);

che, in ogni caso, il Tribunale con una valutazione in fatto che non è sindacabile in sede di legittimità, se non a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come interpretato alla luce dei parametri della sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014), ha accertato che il rapporto contrattuale da cui è sorto il diritto del M. al compenso è stato instaurato tra quest’ultimo ed il M. personalmente, con la conseguenza che le odierne censure del ricorrente si appalesano come di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal Tribunale di Arezzo, non consentita in questa sede;

che il riferimento all’istituto giuridico della ratifica, oltre che in palese contrasto con la dedotta qualifica del M. come amministratore di fatto di tutte le società del Gruppo – è parimenti inammissibile in quanto, presupponendo tale istituto che un soggetto privo del potere rappresentativo abbia speso il nome del soggetto (società) rappresentato, tale deduzione è diretta a contrastare la realtà effettuale accertata dal giudice di merito, secondo cui il rapporto contrattuale era stato instaturato dal M. non con la società in A. S., o, in generale, con quelle appartenenti al gruppo, ma con il M. personalmente; 5. che il terzo motivo – omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti – è inammissibile con riferimento alla dedotta mancata valutazione da parte del Tribunale di Arezzo di una circostanza, quale il mancato riconoscimento in capo a M.P. della qualità di amministratore di fatto del Gruppo M., che non rappresenta certo un “fatto storico”, bensì una qualificazione giuridica rimessa alla valutazione del giudice di merito, nonchè manifestamente infondato con riferimento agli altri elementi (accesso nei locali, corrispondenza con i rappresentanti del gruppo) che sono stati, invece, considerati dal Tribunale e dati anche per pacifici, anche se ritenuti non rilevanti;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4200,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15h ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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