Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1825 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 20/01/2022), n.1825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21095-2020 proposto da:

BPER BANCA S.P.A. (già Banca Popolare dell’Emilia Romagna), con sede

in Modena, alla via San Carlo n. 8/20, in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. ing. F.P., rappresentata

e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso,

dall’Avvocato Sergio Giangreco, presso il cui studio elettivamente

domicilia in Roma, alla via Montebello n. 104.

– ricorrente –

contro

AUTOSTOP DI I.D. & C. S.A.S., con sede in Cosenza,

alla via Monte Santo n. 11, in persona del suo legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale

allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Gianluca Gallucci,

con cui elettivamente domicilia in Roma, alla via Asiago n. 9,

presso lo studio dell’Avvocato Edoardo Spighetti.

– controricorrente –

avverso la sentenza, n. cronol. 836/2020, della CORTE di APPELLO di

CATANZARO, depositata in data 13/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott.

EDUARDO CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 13 giugno 2020, n. 836, la Corte di appello di Catanzaro rigettò il gravame proposto dalla BPER Banca s.p.a. (già Banca Popolare dell’Emilia Romagna soc. coop. a r.l.) contro l’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. resa dal Tribunale di Cosenza che, accogliendo la corrispondente domanda di ripetizione di indebito della Autostop di I.D. & C. s.a.s., aveva condannato la prima alla restituzione, in suo favore, della somma di Euro 339.889,43, oltre interessi, per addebiti, recanti la causale “pagamenti diversì, di cui la banca non aveva fornito alcuna adeguata giustificazione.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, respinta l’eccezione dell’appellante relativa alla mancata contestazione, nei termini di legge e del contratto, degli estratti conto trasmessi alla propria cliente, rilevò che “… il correntista dispone delle somme depositate sul conto corrente ma che ad esse ha accesso attraverso titoli od operazioni che sono rilasciati e/o che passano attraverso la banca, e che dunque esigono, anche a garanzia dell’istituto, onde evitare la sua responsabilità come depositarlo, che vi siano atti scritti di disposizione delle somme a dar certezza sull’an della disposizione e sul soggetto che la effettua. La qualità di depositario in capo all’istituto fa sorgere la sua responsabilità di custodire e comporta, altresì, una volta allegata l’esistenza del contratto di conto corrente e delle poste attive su esso giacenti, l’onere per la depositaria di provare l’esatto adempimento della sua obbligazione, che postula l’osservanza di tutte le procedure previste per garantire alla controparte la disponibilità dei propri denari. Nel momento in cui il correntista dichiari che le somme giacenti sul conto sono inferiori a quelle che egli avrebbe dovuto avere e che vi sono prelievi di cui disconosce la paternità, alleghi insomma la esistenza di somme depositate sul conto e la loro perdita, è l’istituto che deve dimostrare di aver correttamente custodito le somme del cliente, assicurando che solo costui potesse disporne, nei modi previsti dallo stesso istituto (assegno, distinta di prelievo, bonifico, ordine di giroconto etc). Prova che, nel caso, supponeva proprio quella produzione documentale che la banca, con argomentazioni già ritenute (da sentenza passata in giudicato) infondate, ha pervicacemente ed ostinatamente omesso di effettuare. Va sottolineato, peraltro, come tutti gli altri prelievi di danaro dal conto segnalino la modalità con cui essi sono avvenuti: v’e’ il riferimento ad uno specifico assegno, bancario o circolare, ad un bonifico, ad un prelievo allo sportello: sicché quella mera dizione “pagamenti diversi”, non accompagnata da alcunché sulle modalità e non spiegata da documenti che la banca è tenuta a conservare, se consente di cogliere che i relativi importi siano stati prelevati, non permette però di affermare se ciò sia avvenuto ritualmente, in conformità agli specifici doveri di diligenza assunti dalla banca col rapporto”.

2. Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la BPER Banca s.p.a., affidandosi ad un motivo, illustrato anche da memoria ex art. 380-bis c.p.c.. Resiste, con controricorso, la Autostop di I.D. s.a.s..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico formulato motivo lamenta la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione dell’art. 1832 c.c., applicabile al conto corrente bancario in forza del richiamo operato dall’art. 1857 c.c., e dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova in capo a chi esercita il diritto”. In sintesi, si deduce che: i) era incontroverso che all’avvenuta tempestiva trasmissione, alla Autostop di I.D. & C. s.a.s., degli estratti conto, non aveva fatto seguito alcuna opposizione e/o contestazione della correntista nei termini di legge. Pertanto, la domanda di quest’ultima era rimasta sfornita di prova, “non potendosi ritenere sufficiente la mancata consegna dei documenti ex art. 119 TUB, anche a seguito della sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1018/14, posto che il giudicato riguardava la sola consegna dei documenti ingiunti e non la ripetizione delle somme risultanti dalle scritture”; i:) l’art. 2697 c.c. impone l’assolvimento dell’onere della prova in capo al titolare del diritto azionato. Nella specie, dunque, “la corte di appello, così come il tribunale, ha ritenuto erroneamente che tale onere fosse sulla convenuta banca, facendo discendere dal passaggio in giudicato del monitorio relativo alla consegna dei documenti il diritto alla ripetizione, visto che i documenti avrebbero potuto evidenziare il pagamento da parte dell’attore e non la carenza di una causa debendi tra l’altro mai contestata”; “dalla omessa consegna della documentazione, non può derivare il diritto automatico alla ripetizione delle somme anche alla luce del principio secondo cui l’approvazione del conto ex art. 1832 c.c., applicabile al conto corrente bancario in forza del richiamo operato dall’art. 1857 c.c., rende incontestabili le annotazioni derivanti dalla mancata tempestiva impugnazione da parte del cliente. (…1. Ne consegue, pertanto, una presunzione di legittimità delle annotazioni effettuate dalla banca e l’incontestabilità delle operazioni di addebito in conformità alle disposizioni impartite dal cliente”.

2. La descritta doglianza si rivela complessivamente immeritevole di accoglimento.

2.1. Invero, va subito ricordato che è consolidato il principio per cui, ai sensi dell’art. 1832 c.c. (cui rinvia l’art. 1857 c.c. in relazione alle operazioni bancarie in conto corrente), la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate (con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse), ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti (r., ex multis, Cass. n. 30000 del 2018; Cass. n. 23421 del 2016; Cass. n. 11626 del 2011). Tutto ciò significa che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o

dell’eliminazione di partite del conto corrente Cass. n. 11749 del 2006). Come precisato da questa Corte, infatti, deve ritenersi che l’approvazione dell’estratto conto – per quel che riguarda i cosiddetti aspetti sostanziali, restando invece disciplinati dall’art. 1832, comma 2, quelli formali – abbia la funzione di rendere incontestabile in giudizio la verità storica dei dati riportati nel conto, lasciando aperta la possibilità di porre in questione la portata ed il significato giuridico dei fatti ad essi corrispondenti (cfr., in motivazione, Cass. n. 30000 del 2018 e Cass. n. 6736 del 1995).

2.2. Nella specie, la Autostop di I.D. & C. s.as. ha agito invocando la restituzione, in suo favore, di Euro 339.889,43, oltre interessi, che ha assunto esserle stati illegittimamente addebitati con la causale, affatto generica, “pagamenti diversi” inerenti al rapporto di conto corrente n. 55712, intrattenuto dalla stessa presso la banca odierna ricorrente. Come è evidente, allora, l’approvazione tacita ex artt. 1832 e 1857 c.c., da parte della prima, non ha avuto l’effetto di rendere incontestabile la spettanza delle somme oggetto di annotazione in addebito sul conto, giacché la controversia non ha investito la verità storica delle operazioni di addebito (che sono, in sé, del tutto pacifiche), quanto il dato della non debenza delle corrispondenti somme trattenute dalla banca ricorrente. In altri termini, la contestazione ha riguardato l’insussistenza di concreti titoli giuridici posti a fondamento degli addebiti predetti (rectius: l’assenza di titoli che potessero giustificarli in tutto o in parte).

2.3. Ora, in tema di ripetizione di indebito, opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore, il quale, quindi, è tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento (nella specie incontroverso) sia la mancanza di una causa che lo giustifichi Cass. n. 33009 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 30713 del 2018; Cass. n. 7501 del 2012. Con specifico riguardo alla ripetizione in materia di conto corrente bancario, si veda Cass. n. 24948 del 2017); assetto che, evidentemente, non esclude la possibilità di perseguire tale prova, una volta allegato il verificarsi delle corrispondenti evenienze, anche mediante la richiesta di esibizione o acquisizione officiosa dei corrispondenti documenti. Ne’ un siffatto onere subisce deroga quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude, né inverte, il relativo onere Cass. n. 8018 del 2021). Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo Cass. n. 8018 del 2021).

2.3.1. Giova considerare, poi, che, prima di intraprendere questo giudizio, la Autostop di I.D. s.a.s. aveva vanamente richiesto alla banca la consegna della documentazione corrispondente a quegli addebiti, giusta il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119, comma 4, (T.U.B), successivamente ottenendo pure un decreto ingiuntivo di consegna, la cui opposizione proposta dalla banca era stata respinta dal Tribunale di Cosenza con sentenza n. 1018/2014, divenuta definitiva ma rimasta inosservata quanto alla condanna, ivi inflitta alla opponente, di consegna alla controparte della sola documentazione infradecennale rispetto alla suddetta richiesta.

2.3.2. E’ noto, poi, che, “in tema di esecuzione del contratto, la buona fede si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da speafici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte; tra i doveri di comportamento scaturenti dall’obbligo di buona fede vi è anche quello di fornire alla controparte la documentazione relativa al rapporto obbligatorio ed al suo svolgimento; in materia di contratti bancari, il diritto alla documentazione trova fondamento, oltre che negli artt. 1374 e 1375 c.c., anche nell’art. 119 TU leggi bancarie, il quale pone a carico della banca l’obbligo di periodica comunicazione di un prospetto che rappresenti la situazione del momento nel rapporto con il cliente ed accorda a questi il diritto di ottenere – a sua spese, limitatamente agli ultimi dieci anni, indipendentemente dall’adempimento del dovere di informazione da parte della banca e anche dopo lo scioglimento del rapporto – la documentazione di ciascuna operazione registrata sull’estratto conto” Cass. n. 12093 del 2001). In altri termini, il diritto del cliente di ottenere dall’istituto bancario la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio, previsto dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119, comma 4, si configura come un diritto sostanziale la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica “finale” e non strumentale, onde per il suo riconoscimento non assume alcun rilievo l’utilizzazione che il cliente intende fare della documentazione, una volta ottenutala Cass. n. 24641 del 2021, in motivazione; Cass. n. 12093 del 2001, Cass. n. 11733 del 1999). La sussistenza di quel diritto sostanziale, peraltro, era stata già affermata, in termini analoghi, in relazione ad epoca in cui la norma in discorso non era stata ancora posta, in applicazione del principio di buona fede oggettiva e della sua attitudine ad operare anche quale fonte d’integrazione della stessa regolamentazione contrattuale ex art. 1374 c.c.Cass. n. 24641 del 2021, in motivazione; Cass. n. 4598 del 1997).

2.3.2.1. Naturalmente – è superfluo dire – la ricostruzione del diritto sancito dall’art. 119, comma 4, nei termini indicati non esclude che, in via di fatto, la richiesta di documentazione possa essere avanzata in vista della predisposizione dei mezzi di prova necessari ai fini di un’azione del cliente, o chi per lui, contro la banca.

2.3.2.2. E’ utile rimarcare pure che, come opportunamente puntualizzato da Cass. n. 24641 del 2021, “l’obbligazione di consegna periodica degli estratti conto, nell’ambito dei rapporti regolati in conto corrente, ai sensi dell’art. 119, comma 2, si differenzia dall’obbligazione, sancita dal comma 4 della stessa disposizione, di consegna di “copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”. La differenza è lampante: i) l’obbligazione di cui al comma 2 sorge con la stipulazione del contratto, che ne regola i tempi, ed in particolare la cadenza, ed oggi anche i modi, dal momento che gli estratti conto possono essere consegnati, a scelta del cliente, in cartaceo o su supporto informatico, con la conseguenza che l’inadempimento dell’obbligazione, tenuto conto che essa è modellata quale obbligazione da adempiersi presso il cliente, creditore della prestazione, si consuma una volta che il termine sia spirato senza che la banca abbia provveduto, salvo il caso della causa non imputabile, alla consegna degli estratti conto nei modi contrattualmente previsti; ii) l’obbligazione di cui al comma 4 sorge sì dal contratto, ma deve essere adempiuta solo se il cliente abbia avanzato la relativa richiesta, sicché, fintanto che la richiesta non sia stata avanzata, attraverso l’esercizio della facoltà normativamente contemplata, neppure diviene attuale l’obbligazione in capo alla banca, con l’ulteriore conseguenza che non è pensabile il concretizzarsi di un suo inadempimento, che invece scatta solo ove la richiesta del cliente vi sia stata, e sia spirato inutilmente il termine allo scopo previsto. Si tratta insomma, nella previsione del comma 4, di un diritto potestativo, che, fintanto che non venga esercitato, rimane confinato nel mondo del possibile giuridico”.

2.3.3. Va sottolineato, infine, che la ripartizione dell’onere della prova deve tenere conto, oltre che della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio, riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’agire in giudizio, della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova Cass., SU., n. 13533 del 2001, in motivazione; più di recente, in massima: Cass. n. 6008 del 2012; Cass. n. 486 del 2016). Tale criterio, per il limite concettuale che è ad esso immanente, non può essere invocato ove ciascuna delle parti acquisisca la disponibilità della prova documentale di cui si dibatta Cass. n. 33009 del 2019), sicché, laddove la mancata acquisizione di detta prova sia da imputarsi proprio alla parte che di tanto si avvantaggi (nella specie, peraltro, gravata di uno specifico obbligo di consegna giusta il già citato art. 119 TUB, comma 4), esso ritorna pienamente utilizzabile in favore della controparte incolpevole.

2.3.4. Ne consegue, allora, che, a fronte del reiterato inadempimento della banca odierna ricorrente a consegnare la documentazione ripetutamente richiestale dalla sua correntista, impostole anche dal Tribunale di Cosenza con la già citata sentenza n. 1018/2014, deve considerarsi affatto corretta la conclusione della corte distrettuale secondo cui “il correntista dispone delle somme depositate sul conto corrente, ma ad esse ha accesso attraverso titoli od operazioni che sono rilasciati e/o che passano attraverso la banca, e che dunque esigono, anche a garanzia dell’istituto, onde evitare la sua responsabilità come depositario, che vi siano atti scritti di disposizione delle somme a dar certezza sull’an della disposizione e sul soggetto che la effettua”.

2.3.5. Alteris verbis, ove il correntista lamenti che le somme giacenti sul conto sono inferiori a quelle che egli avrebbe dovuto avere e che vi sono prelievi, recanti la generica dicitura “pagamenti diversì, di cui disconosce la paternità, così allegandone la perdita, è l’istituto rimasto colpevolmente inadempiente al proprio obbligo (sancito dall’art. 119 T.U.B., comma 4) di consegna della corrispondente documentazione a dover dimostrare di aver correttamente custodito le somme del cliente, assicurando che solo costui potesse disporne, nei modi previsti dallo stesso istituto (assegno, distinta di prelievo, bonifico, ordine di giroconto, etc). Prova che, nel caso, postulava proprio quella produzione documentale che la banca, con argomentazioni già ritenute (da sentenza passata in giudicato) infondate, ha omesso di effettuare.

3. Il ricorso, dunque, va respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità, nonché quelle del subprocedimento, ex art. 373 c.p.c., n. 1172/2020 r.g., svoltosi innanzi alla Corte di appello di Catanzaro e conclusosi con il rigetto della ivi invocata sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza qui impugnata (la cui liquidazione compete esclusivamente a questa Corte, una volta che la corrispondente istanza sia stata tempestivamente sottoposta al contraddittorio, come avvenuto nella specie attraverso la notifica del controricorso. Cfr. Cass. n. 26966 del 2018; Cass. n. 24201 del 2018; Cass. n. 21198 del 2015; Cass. n. 19544 del 2015), regolate dal principio di soccombenza e quantificate come in dispositivo, con attribuzione all’Avv. Gianluca Gallucci, difensore della controricorrente, per dichiarazione di fattone anticipo.

3.1. Deve darsi atto, infine, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della banca ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la BPER Banca s.p.a. (già Banca Popolare dell’Emilia Romagna soc. coop. a r.l.) al pagamento:

i) delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge, con attribuzione all’Avv. Gianluca Gallucci per dichiarazione di fattone anticipo;

i:) delle spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c., liquidate, in favore della società controricorrente, in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con attribuzione all’Avv. Gianluca Gallucci per dichiarazione di fattone anticipo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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