Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18249 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 16/09/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29460-2011 proposto da:

GRUPPO COIN SPA, (OMISSIS), IN PERSONA DELL’AMM.RE DELEGATO E

DIRETTORE GENERALE, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

SANT’ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

D’ERCOLE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO ANELLI;

– ricorrente –

Nonchè da:

(GIA’ HAYS SODIBELCO SPA), ORA KUEHNE + NAGEL SRL, (OMISSIS), IN

PERSONA DEL PROPRIO LEGALE RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 109, presso lo studio dell’avvocato

ANDREA PANZAROLA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CORRADO PAPONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

GRUPPO COIN SPA (OMISSIS), IN PERSONA DELL’AMM.RE DELEGATO E

DIRETTORE GENERALE, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

SANT’ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

D’ERCOLE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO ANELLI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

EXEUFIS SPA IN LIQUIDAZIONE IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 178/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato Palombi Nicola con delega depositata in udienza

dell’Avv. Stefano D’Ercole difensore del Gruppo Coin spa, che ha

chiesto l’accoglimento delle difese esposte ed in atti;

udito 1’Avv. Andrea Panzarola difensore della controricorrente e

ricorrente incidentale che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

incidentale e il rigetto del ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi

del ricorso principale, per l’inammissibilità o, in subordine, per

il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l La Hays Sodibelco spa convenne davanti al Tribunale di Milano la Gruppo Coin spa e la sua dante causa (Eurinvest spa) per ottenerne la condanna solidale al risarcimento dei danni causati da una serie di inadempienze contrattuali. A sostegno della domanda la società attrice espose le seguenti circostanze:

– che in esecuzione dell’accordo-quadro del 16.5.1996 la Standa spa e Belcogelo spa avevano sottoscritto, il successivo 25.5.1996, un contratto di gestione riguardante la fornitura, nel Centro Distribuzione di (OMISSIS), di una serie di servizi logistici (custodia e movimentazione di merci distribuite dalla Standa) da parte della Belcogelo (divenuta altresì, in virtù di successivo contratto 10.7.1996, cessionaria del ramo di azienda rappresentato dal suddetto Centro);

– che con lettera del 26.11.1998 la società Standa – in vista di una prossima ristrutturazione implicante cessioni di vari rami di azienda tra cui anche quello relativo alla vendita di generi non alimentari alla Gruppo Coin – comunicò alla Hays Sodibelco (frattanto succeduta alla Belcogelo nella attività di cessionaria della attività di logistica e trasporto nel Centro di Distribuzione di (OMISSIS)) richiesta di risoluzione consensuale del contratto, con decorrenza 31.12.1998, e contestuale richiesta di stipulazione in data 14.12 1998, di due nuovi contratti, con decorrenza dal 1.1.1999 al 30.6.2002, aventi ad oggetto la gestione di servizi divisione magazzini (contratti simili, nel loro contenuto, a quello precedentemente stipulato il 25.5.1996); che la stipulazione dei due nuovi contratti avvenne in data 14.12.1998;

– che la Gruppo Coin spa, subentrata (quale cessionaria di ramo di azienda) alla Standa nel comparto merceologico non alimentare, era diventata anche committente dei servizi logistici affidati ad Hays Sodibelco;

– che la società Gruppo Coin, verso la fine del 1999, aveva proposto altresì di risolvere anticipatamente il rapporto al 1.7.2000 con la previsione di un indennizzo, ma la trattativa si arenò per l’esiguità dell’indennizzo offerto dalla proponente;

– che a partire dal gennaio 2000 la Gruppo Coin aveva cominciato a ridurre progressivamente i servizi di logistica affidati alla società attrice, per poi recedere unilateralmente dal contratto.

Tanto premesso, la Hays Sodibelco domandò pertanto la condanna solidale delle convenute al pagamento della somma non inferiore a Euro 6.000.000,00 oltre rivalutazione monetaria e interessi dalla domanda al saldo.

Si costituirono entrambe le convenute opponendosi alla domanda. La Gruppo Coin, in particolare, eccepì che nessuno dei contratti prevedeva un vincolo di esclusiva e nego che la riduzione dello smistamento nel CE.DT. di (OMISSIS) integrasse violazione dei patti sottoscritti il 14.12.1998. Osservò che fin dall’epoca delle trattative per la rinegozia ione degli accordi del 1998 l’attrice era stata messa a conoscenza dell’intenzione della Gruppo Coin di ridurre progressivamente l’attività logistica commissionata, nell’ambito di una progressiva ristrutturazione aziendale e precisò che proprio in previsione di ciò le parti pattuirono, in luogo delta tariffa fissa di cui ai precedenti accordi del 1996, una tariffa variabile con andamento inversamente proporzionale al quantitativo di merci fatte pervenire a (OMISSIS) in modo tale che, al diminuire dei colli movimentati, corrispondesse un incremento della remunerazione spettante all’attrice per prestazione unitaria.

2 Esaurita la fase istruttoria (caratterizzata da produzione documentale, prova testimoniale e consulenza tecnica di ufficio), il Tribunale adito, con sentenza 25.7.2007, rigettò la domanda, e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 24.1.2011 – per quanto ancora interessa in questa sede – in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dalla società attrice Hays Sodibelco, accerto l’inadempimento contrattuale della Gruppo Coin e la condannò al risarcimento dei danni in favore dell’appellante nella misura di Euro 1.138.767, da rivalutarsi dal primo gennaio 2000 sino alla data della sentenza, oltre interessi di legge, con le stesse decorrenze, sulla somma progressivamente rivalutata.

Per giungere a tale conclusione la Corte milanese – sempre per quanto ancora rileva – osservò:

– che sia il contratto del 25.S.1996 (tra Belcogelo, in seguito denominata Hays Sodibelco spa, e Standa) che quello 19.12.1998 (tra Hays Sodibelco spa e Standa) prescindevano da un vincolo di esclusiva a favore dei contraenti, sicchè anche in costanza di rapporto non era vietato al Gruppo Coin di commissionare a terzi i servizi logistici del settore merceologico appartenente alla Standa e quindi di utilizzare un centro di distribuzione diverso per l’espletamento dei servizi logistici relativi a prodotti del Gruppo Standa commercializzati dall’appellata, così come non era vietato all’appaltatrice di servirsi di altri clienti utilizzando lo stesso Centro Distribuzione di (OMISSIS);

– che la Hays Sodibelco era ben consapevole della riduzione delle merci trattate dopo il subingresso del Gruppo Coin nel contratto di gestione di serviti, essendone stata informata, come riferito da svariati testi;

che l’appellata Coin a partire da gennaio 2000 aveva drasticamente ridotto i volumi di attività del CE.DI. di (OMISSIS) fino a farli scomparire in una sorta di illegittimo recesso, in violazione dei patti del contratto 14.12.1998;

che, pur accertato L’inadempimento contrattuale, non era stata fornita la prova di danno emergente, mentre poteva riconoscersi solo un danno da lucro cessante;

– che non si riteneva opportuno rinnovare la CTU per quantificare i danni, ben potendosi provvedere con operazioni aritmetiche partendo dal numero minimo mensile di colli e dal prezzo di ciascuno;

– che la decorrenza della rivalutazione monetaria andava calcola La dal gennaio 7000 sino alla data della sentenza con gli interessi legali sulla somma progressivamente rivalutata.

3 Per la cassazione di tale sentenza la Gruppo Coin ricorre con tre motivi, a cui resiste la Kuehne + Nagel srl (già Hays Sodibelco spa) con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in tre motivi e contrastato, a sua volta, da controricorso depositato dalla società ricorrente principale.

La Exeufis spa in liquidazione (già Eurinvest Spa, gia Euridea spa, già Standa spa) non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La Gruppo Coin spa e la Kuehne + Nagel srl hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

RICORSO PRINCIPALE PROPOSTA DALLA GRUPPO COIN SPA.

1. Col primo motivo la società ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione delle norme di diritto sulla determinazione degli obblighi risarcitori per “mancato guadagno” in caso di inadempimento delle obbligazioni e sulla ripartizione dei relativi oneri probatori (artt. 1218,1223,1224 e 2697 c.c.). Si rimprovera in particolare alla Corte di Appello di avere erroneamente calcolato il danno da “lucro cessante”, sulla base di una movimentazione di 200.000 colli “mensili”, ed erroneamente rapportato il danno ai “ricavi” aziendali, mentre invece avrebbe dovuto considerare anche l’esistenza di “costi” da detrarre per pervenire all’utile netto, da prendere a base per stabilire l’ammontare del lucro cessante.

2 Col secondo motivo la ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

La Coin critica la Corte d’Appello per avere prestato pedissequa adesione al contenuto della comparsa conclusionale redatta dalla Hays nel giudizio di gravame e per essere incorsa in contraddizione avendo ritenuto non rispettati i “minimi garantiti” mentre in una parte precedente della motivazione aveva affermato cosa ben diversa e cioè che il contratto “non prevedeva un minimo garantito”. Osserva ancora la ricorrente che la Corte d’Appello, per giustificare un danno da lucro cessante ancorato ai “ricavi”, avrebbe dovuto dimostrare – e non lo ha fatto – che i costi non avrebbero avuto alcuna incidenza sui detti ricavi.

Evidenzia inoltre una carenza nel percorso argomentativo perchè la stessa consulenza tecnica di ufficio aveva evidenziato l’esistenza di costi variabili correlati alla quantità di colli movimentati. Rimprovera inoltre alla Corte di Appello una serie di errori di calcolo.

3 Col terzo motivo denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in tema di danni conseguenti alla violazione di obbligazioni pecuniarie in rapporto alla rivalutazione monetaria (artt. 1218,1219,1223,1224 e 1282 c.c.): la Corte d’Appello – osserva la ricorrente – ha errato nel far decorrere la rivalutazione dal gennaio 2000, cioè dal momento iniziale dell’inadempimento, in cui è evidente che taluni dei ricavi non avrebbero potuto neppure essere conseguiti. Precisa al riguardo che se il danno consiste come pure afferma la Corte d’Appello – nella illegittima privazione di un certo ricavo mensile nell’arco di trenta mesi, appare illogico calcolare la decorrenza della rivalutazione dal giorno iniziale di tale periodo. Altro errore commesso dalla Corte di merito consiste a dire della ricorrente – nell’avere omesso di far decorrere gli interessi dalla sentenza, prevedendo invece un calcolo sulla somma progressivamente rivalutata.

4 Le prime due censure – che ben si prestano ad una trattazione congiunta (per la loro comune attinenza al tema della quantificazione del danno da inadempimento contrattuale) – rispondono allo standard richiesto dall’art. 366 c.p.c.contenendo, oltre agli altri elementi richiesti dalla norma, l’esposizione sommaria dei fatti della causa e la specifica indicazione dei motivi, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda.

Fatta questa precisazione resasi necessaria in considerazione della specifica eccezione sollevata nel controricorso – il Collegio ne rileva altresì la fondatezza.

Il presente giudizio di legittimità attiene unicamente al tema della quantificazione del danno, essendosi ormai formato il giudicato sulla sussistenza di una responsabilità contrattuale della società Gruppo Coin.

Ebbene, come già in passato affermato da questa Corte, in tema di risarcimento del danno, la determinazione del lucro cessante va desunta dalla ricostruzione ideale di quanto il creditore avrebbe conseguito per normale successione di eventi, in base ad una ragionevole e fondata attendibilità, qualora la obbligazione fosse stata adempiuta; ma siffatta ricostruzione non può essere suffragata sul solo piano ipotetico dell’astratta possibilità di lucro, bensì deve muovere da una situazione concreta, che consenta di ritenere fondata ed attendibile quella possibilità (v. Sez. 3, Sentenza n. 2380 del 15/05/1978 Rv. 391784; Sez. 2, Sentenza n. 347 del 15/01/1980 Rv. 403740).

Tale determinazione è comunque frutto di apprezzamenti del giudice di merito sottratti al sindacato di legittimità, ove congruamente motivati ed immuni da vizio logico e giuridico.

Nel caso di specie, la sentenza impugnata presenta diverse fratture nel percorso logico-argomentativo.

Ed intatti, a parte gli evidenti errori di calcolo mostrati a pag. 5 della parte motivazionale sul sistema di calcolo dell’ammontare dei mancati ricavi (il numero di 200.000 colli era infatti da considerarsi su base annuale e non “mensile”, e, conseguentemente, la somma finale di Lire 2.205.000.000, pari a Euro 1.138.787,00, non derivava dalla semplice moltiplicazione per trenta mesi dell’importo “di cui sopra” (cioè Lire 882.000.000), ma dalla previa divisione per dodici del suddetto importo e poi dalla moltiplicazione per 30), una prima contraddizione si rinviene nella parte in cui affronta il tema dei “minimi garantiti”.

In proposito va rilevato che sempre a pag. 5, richiamando le argomentazioni sostenute dall’appellante nella comparsa conclusionale, la Corte di merito dà atto di una previsione, nell’accordo, di “introiti minimi garantiti” mentre in un precedente passaggio della motivazione (precisamente nella pagina 2 della motivazione) aveva affermato che il contratto gestione servizi “non prevedeva un minimo garantito”. Trattasi, come è evidente, di due proposizioni in palese contrasto Ira loro che intaccano seriamente l’iter argomentativo seguito dalla Corte milanese.

Inoltre, il calcolo del danno sotto il profilo del “lucro cessante” (per l’anticipata interruzione del rapporto di collaborazione con due anni di anticipo rispetto alla data di scadenza dell’accordo contrattuale) viene ancorato dalla Corte d’Appello alla privazione dei “ricavi connessi e pur previsti come inderogabili….” e detti ricavi vengono “parificati ai profitti mancati”. Ancora, sempre sulla base di un ragionamento mutuato dalla comparsa conclusionale dell’appellante, la Corte milanese afferma (contraddicendosi, come già sei è detto) che “gli introiti minimi garantiti dall’accordo si configurano essenzialmente nella fattispecie come utile netto marginale non acquisito, come tale non influenzabile dai costi (facendo riferimento non al risultato del conto economico, sibbene all’alea contrattuale del cessato contratto” (v. pag. 5 della motivazione).

Un tale percorso motivazionale si presenta carente sotto il profilo logico argomentativo perchè non arriva a chiarire in modo adeguato il nucleo della questione: come sia giustificabile nel caso di specie la completa equiparazione dei “ricavi” aziendali ai profitti netti dell’imprenditore, prescindendo cioè assolutamente dai costi sostenuti per la produzione.

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte in più occasioni ha avuto modo di affermare, con riferimento al risarcimento del danno per mancato guadagno, che questo va rapportato all’utile netto, tenendo conto, quindi, degli oneri sopportati (v. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 9132 del 06/06/2012 Rv. 622655; Sez. 3, Sentenza n. 1189 del 09/05/1966 Rv. 322378 entrambe in tema di appalto; v. altresì sez. L, Sentenza 108 del 08/01/1993 Rv. 480180 in tema di agenzia; Sez. 3, Sentenza n. 2912 del 28/07/1975 in tema di contratto d’opera).

Nè può ritenersi esaustivo l’argomento (genericità della replica da parte della società appellata) che la Corte d’Appello utilizza per rafforzare la sua affermazione: la tesi dall’appellante (e fatta propria dalla Corte d’Appello) era stata per la prima volta introdotta solo in comparsa conclusionale nel giudizio di gravame e la società appellata aveva comunque contestato l’assunto mostrando in tal modo di non voler prestare nessuna acquiescenza alla tesi avversaria.

Si rende pertanto necessaria la cassazione della sentenza con rinvio per nuovo esame sul tema della liquidazione del danno da lucro cessante a cui dovrà provvedere il giudice di rinvio dandone adeguata motivazione sul sistema di calcolo prescelto.

Resta logicamente assorbito l’esame del terzo motivo del ricorso principale che, come si è visto, attiene unicamente al sistemi di calcolo di interessi e rivalutazione.

RICORSO INCIDENTALE PROPOSTO DALLA KUEHNE + NAGEL SRL (GIA’ HAYS SODIBELCO SPA.

1 Richiamate anche con riferimento a) ricorso incidentale le considerazioni sopra svolte sul rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (avendo anche la ricorrente mosso analoghe eccezioni), osserva la Corte che col primo motivo di ricorso incidentale la Kuehne + Nagel srl denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, violazione degli artt. 115,116,191 e 194 c.p.c., dolendosi del difetto di motivazione sul mancato rinnovo della consulenza tecnica di ufficio finalizzata alla quantificazione dei danni. Secondo la ricorrente, la Corte di merito, su un tema centrale e potenzialmente assorbente, si è limitata a ritenere sufficiente l’espletata consulenza tecnica venendo in tal modo meno all’obbligo motivazionale, reso necessario a fronte dei rilievi tecnico-valutativi mossi dall’appellante all’operato dei consulenti tecnici di ufficio i quali avevano omesso qualsiasi forma di indagine diretta e/o accesso ai documenti contabili e societari prodotti. Ritiene la società Hays che la mancata rinnovazione della consulenza tecnica si è tradotta in un mancato esercizio del diritto di difesa.

Il motivo è privo di fondamento.

La giurisprudenza di legittimità non è univoca sul tema oggetto del motivo di ricorso. Nel panorama delle decisioni di questa Corte, ad un primo orientamento secondo cui in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice è tenuto a motivare sul rigetto della argomentata richiesta di rinnovazione delle indagini tecniche rivolta dalla parte (v. tra le varie, Sez. 1, Sentenza n. 9379 del 27/04/2011 Rv. 617847; Sez. 3, Sentenza n. 14775 del 02/08/2004 Rv. h16136) se ne contrappone un secondo (affermato da Sez. 3, Sentenza n. 17693 del 19/07/2013 Rv. 628711; Sez. L, Sentenza n. 20227 del 24/09/2010 Rv. 614790) secondo cui in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto.

E’ stato altresì affermato che è ammissibile la richiesta nel giudizio d’appello di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio ove si contestino lo valutazioni tecniche del consulente fatte proprie dal giudice di primo grado, poichè non viene chiesta l’ammissione di un nuovo mezzo di prova. Il giudice, peraltro, se non ha l’obbligo di motivare il diniego, che può essere anche implicito, è tenuto a rispondere alle censure tecnico-valutative mosse dall’appellante avverso le valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata, sicchè l’omesso espresso rigetto dell’istanza di rinnovazione non integra un vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche alla sentenza impugnata (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5339 del 18/03/2015 Rv. 634871).

Ebbene, pur volendosi aderire al primo degli orientamenti richiamati (quello, cioè; che la Hays pone a base della propria censura), deve escludersi, nel caso di specie, il dedotto vizio motivazionale: se è vero infatti che la Corte di merito ha esordito ritenendo bastevole “per la risoluzione della presente controversia, la documentazione dalla parti prodotta, l’istruzione probatoria svoltasi, nonchè l’espletata C.T.U.” è altrettanto vero che la Corte non si è limitata a tale affermazione, avendo più avanti evidenziato, con riferimento alla mancanza di prova del danno emergente, “l’estrema difficoltà ad espungere dalla contabilità generale tenuta dalla Hays Sodibelco quella gestionale, specificamente riconducibile ai rapporti con il Gruppo Coin spa” e “la carenza di dati forniti dall’interessata in ordine ai costi sopportati per tenere a disposizione del Gruppo Coin spa una organizzazione aziendale efficiente ed operativa allo scopo di realizzare i risultati contrattualmente esigibili”. Sulla base di tali rilievi ha ritenuto significativa la conclusione della inverificabilità dei costi a cui erano pervenuti i consulenti tecnici.

Sulla specifica richiesta di rinnovo delle operazioni peritali, ha ritenuto la Corte di merito che “alla base delle conclusioni della consulenza tecnica espletata non vi sia un lavoro superficiale dell’ausiliare del giudice, che invitò sin dall’inizio delle operazioni peritali la Hays Sodibelco spa ad indicare le fonti dei dati contenuti in ciascuno dei documenti citati, sibbene una carenza di dati provvisti di sicura concludenza e pertinenza, che avrebbe dovuto tornire la contabilità della società appellante, non essendo di ausilio in tal senso le pur numerose testimonianze escusse” (v. pagina 4 della motivazione).

Come si vede, la Corte d’Appello ha dato conto in maniera esaustiva della propria scelta di non dare corso al rinnovo della consulenza, richiamando sostanzialmente la regola dell’onere probatorio, e quindi la censura, così come formulata, non coglie nel segno.

2 Col secondo motivo la Kuehne + Nagel srl denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con tale censura si critica il mancato riconoscimento del danno emergente sotto il profilo della mancata dimostrazione dei costi sostenuti per avere dato esecuzione ai contratti stipulati col Gruppo Coin. Si ritiene che tali riscontri sarebbero dovuti emergere proprio dalla consulenza tecnica, rivelatasi invece, contraddittoria e incompleta. Procede poi ad una serie d5 considerazioni sulla natura della contabilità aziendale; a dire, della Hays sarebbe comunque illogico ritenere che dei 145 dipendenti impiegati presso il CE.DI di (OMISSIS) nessuno di essi integrasse un costo giustificato dalle commesse del principale cliente dell’azienda (che movimentava oltre il 55% del fatturato/ricavi). A sostegno di tale affermazione rileva di avere dovuto avviare una procedura di mobilità nei mesi in cui andava concretizzandosi l’abusivo recesso del Gruppo Coin.

Il motivo è infondato.

La natura del vizio dedotto rende opportuno richiamare il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, puó legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 17477 del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n. 13045 del 27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014 Rv. 629382).

Nel caso in esame, si è fuori da tale ipotesi estrema perchè la Corte d’Appello ha spiegato le ragioni per cui non ha ritenuto provata la sussistenza del danno emergente rilevando che “la voce relativa espressa nei costi sostenuti per avere dato esecuzione ai contratti stipulati con il Gruppo Coin spa” difettava di prova circa:

1) l’entità ed i riscontri obiettivi di tali costi riferiti;

2) il rapporto di causalità tra i costi dedotti con le specifiche richieste mosse e le esigenze riferite dalla committente Gruppo Coin Spa (evidenziandosi la mancanza di prova sul fatto che i dipendenti interessati fossero effettivamente impiegati allo scopo di effettuare prestazioni a favore del Gruppo Coin spa).

La Corte ha dato anche una spiegazione di tale convincimento rilevando altresì: 1) – l’estrema difficoltà ad espungere dalla contabilità generale tenuta dalla Hays Sodibelco spa quella gestionale, specificamente riconducibile ai rapporti con il Gruppo Coin spa”; 2) “la carenza di dati forniti dall’interessata in ordine ai costi sopportati per tenere a disposizione del Gruppo Coin Spa una organizzazione aziendale efficiente ed operativa allo scopo di realizzare i risultati contrattualmente esigibili”. Ha quindi ritenuto significativo che gli stessi consulenti tecnici abbiano ritenuto tali costi per la massima parte inverificabili (v. pag. 4 della motivazione).

Siffatto percorso argomentativo, che investe tipici apprezzamenti di fatto, rientranti nelle prerogative del giudice di merito, si presenta adeguato e privo di vizi logici, come tale inattaccabile dalla critica della ricorrente incidentale che invece, sotto l’apparente denunzia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, sollecita sostanzialmente una alternativa ricostruzione delle risultanze processuali e quindi una attività che, come si è visto, nel giudizio di legittimità è assolutamente preclusa, a meno di non voler snaturarne la funzione.

3 Col terzo motivo la società ricorrente incidentale denunzia ancora, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio criticando le modalità di liquidazione del lucro cessante adottate dalla Corte territoriale (ed in particolare il criterio dell’allineamento al mancato ricavo minimo che la Hays sperava di conseguire in caso di adempimento, moltiplicato per il numero di esercizi). Ad avviso della ricorrente incidentale la Corte d’Appello avrebbe dovuto invece utilizzare il sistema dei volumi di riferimento richiamati nell’art. 5 punto 1 del contratto di gestione e servizi divisione magazzini del 14.12.1998, che richiamava a sua volta la tariffa “lire/collo”, distinguendo tra Beni Largo Consumo e Beni Semidurevoli.

4 Questo motivo, che riguarda le modalità di liquidazione del lucro cessante, resta logicamente assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale, relativi anch’essi al tema del lucro cessante.

In conclusione, la sentenza va cassata in relazione all’accoglimento dei primi due motivi di ricorso principale con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie i primi due motivi del ricorso principale e dichiara assorbito il terzo; rigetta i primi due motivi di ricorso incidentale e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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