Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18249 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. II, 05/08/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELL’ARTE 85, presso lo studio dell’avvocato GRECO

FILOMENA, rappresentato e di teso dagli avvocati DI FOGGIA STEFANO,

PIANESE FRANCESCO PAOLO;

– ricorrente –

contro

COM GRIGLIANO IN CAMPANIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3529/2003 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’ingegnere T.G., con atto notificato il 29.10.98, citò al giudizio del Tribunale di Napoli il Comune di Giugliano, al fine di sentirlo condannare al pagamento della somma di complessive L. 86.064.007, a saldo dei compensi, come da parcelle corredate da pareri di congruità del competente ordine professionale, relativi agli espletati incarichi di direttore dei lavori per la realizzazione di tratti fognari e di redazione di una perizia di variante, rispettivamente conferitigli con Delib. di giunta del 26 febbraio 1988 e del 31.5.91.

Costituitosi il comune convenuto, contestò la spettanza di due retribuzioni, opponendo l’unicità dell’incarico professionale.

Con sentenza del 30.10.2000 il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda, condannò il convenuto al pagamento della somma di L. 10.967.460, oltre agli interessi legali, con totale compensazione delle spese, ritenendo che solo per il primo incarico, e non anche per il secondo (per il quale era mancata la stipulazione nelle forme di legge), si fosse perfezionato il contratto, peraltro senza specificazione del compenso, che pertanto andava determinato nei limiti riconosciuti in corso di causa dal comune.

All’esito dell’appello del T., resistito dal Comune di Giugliano, con sentenza 25.11-10.12.03 la Corte di Napoli, in parziale accoglimento del gravame, per il resto disatteso, condannava il convenuto al pagamento all’attore degli interessi, sul la somma liquidata dal primo giudice, in misura rapportataci sensi della L. 2 marzo 1949, n. 143, art. 9, al tasso ufficiale di sconto della Banca d’Italia, a partire dalla data del 10.11.97 (sessantesimo giorno successivo alla consegna della parcella), oltre al rimborso di un terzo delle spese dei due gradi de giudizio, che per il resto compensava.

Tale decisione, per quel che ancora rileva nella presente sede, veniva motivata sulle seguenti essenziali ragioni: a) unicità dell’incarico conferito ed espletato, non costituendo la perizia di variante una prestazione autonoma, ma solo lo sviluppo di quella prevista nell’unico contratto, avente ad oggetto la direzione dei lavori di rifacimento di una rete fognaria comunale; b) applicabilità alla fattispecie dell’art. 14 della tariffa di cui alla citata L. n. 143 del 1949, a termini del quale avrebbe dovuto essere considerata l’unica voce tabellare, la classe 8^, contemplante gli impianti per la provvista, condotta, distribuzione d’acqua ….

fognature urbane”, nel cui ambito non era prevista (come per altre classi) la suddivisione degli incarichi in diverse categorie, sicchè non poteva accedersi alla tesi dell’appellante, secondo cui avrebbero dovuto essere liquidati due importi diversi, l’uno per la direzione di lavori in cemento armato, l’altro per il lavoro di rifacimento della fognatura.

Avverso tale sentenza il T. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.

Non ha resistito il Comune il Comune di Giugliano.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 della tariffa professionale di cui alla L. n. 143 del 1949, con connessa carenza di motivazione, censurando la riportata argomentazione sub b) di cui in narrativa, secondo cui ai fini della determinazione del compenso non sarebbe possibile frazionare i lavori per categorie appartenenti a classi.

Tale interpretazione del dettato tariffario, “stravolgendo il contenuto dei due pareri di congruità” prodotti, sarebbe ingiustificata “sotto il profilo sia logico che tecnico”, non tenendo conto che la norma in esame “si è preoccupata di chiarire che il frazionamento è possibile nel l’ambito della stessa classe”, nè del parametro del “consuntivo lordo” di cui al successivo art. 15.

Precisando quest’ultimo che le competenze sono calcolate in base alla percentuale del consuntivo lordo dell’opera indicata nella tabella A, che a sua volta individua e separa esattamente le opere nelle varie classi e categorie, sarebbe “improponibile l’assunto che vede il frazionamento possibile solo nell’ambito della stessa classe”.

Si soggiunge che a tale diversa e più corretta interpretazione della norma tariffaria condurrebbe la considerazione che “ad ogni tipologia di opere corrispondono diverse entità e difficoltà della prestazione professionale, restando quindi esclusa la possibilità di cumulare importi di categoria e classi diverse.

Le censure sono infondate.

La Corte d’Appello ha correttamente applicato il dettato tariffario, che per la sua chiarezza non dava adito a diverse interpretazioni.

Benvero, l’art. 14 della tariffa, nello stabilire che le opere vengono “suddivise nelle classi e categorie” di cui all’elenco in calce, e che “se un lavoro professionale interessa più di una categoria, gli onorari spettanti al professionista vengono commisurati separatamente agli importi dei lavori di ciascuna categoria e non globalmente”, impone anzitutto all’interprete di ricercare la classe in cui le opere da retribuire siano sussumibili e, successivamente, nell’ambito della stessa, ove suddivisa in categorie, di frazionare il compenso in relazione a quelle di appartenenza. Ma se la classe di appartenenza delle opere non sia a sua volta suddivisa in categorie, tale frazionamento non è possibile, ostandovi l’unitarietà dell’incarico professionale, pur accertata e dichiarata dai giudici di appello, con argomentazione non censurata nel ricorso. Di nessun apporto alla tesi sostenuta nell’impugnazione risulta, poi, il richiamo ad una disposizione, quella contenuta nell’art. 15 della tariffa, che nel definire il “consuntivo lordo dell’opera” quale “somma di tutti gli importi liquidati alle varie imprese o ditte per forniture computati al lordo degli eventuali ribassi, aumentata degli eventuali importi suppletivi accordati alle stesse in sede di conto finale o di collaudo e senza tener conto, invece delle detrazioni che il direttore dei lavori o il collaudatore potesse aver fatto per qualsiasi ragione …”, risponde a finalità palesemente diverse da quelle di classificazione delle opere e non si vede, pertanto, quale rilevanza possa assumere ai fini dell’interpretazione del precedente art. 14 e dell’annesso elenco.

Alla stregua di quest’ultimo, dunque, essendo l’opera nella specie affidata ed eseguita riconducibile alla classe 8^, prevedente “Impianti per provvista, condotta, distribuzione d’acqua – Fognature urbane”, e non essendo nell’ambito di tale classe prevista alcuna ulteriore divisione dei lavori per categorie, correttamente la corte territoriale ha disatteso la richiesta di liquidazione separatala cumularsi con quella attribuita in base alla classe (monocategoriale) di appartenenza, di opere asseritamente comportanti impegni aggiuntivi, in termini di studio e calcoli, di cui avrebbe potuto solo tenersi conto nell’ambito della concreta discrezionale determinazione, entro i limiti tabellari, della misura del compenso.

Diversamente opinandoci perverrebbe all’erogazione di un corrispettivo multiplo, a cavallo di più classi di opere, pur in cospetto di un unico incarico e con sostanziale reiterazione di compensi, effetto che, risolvendo una questione insorta in controversia caratterizzata da parziali analogie con la presente, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno ritenuto non compatibile con il dettalo di cui al l’art. 14 cit. negando la possibilità di riconsiderare le strutture complesse in cemento armato, di cui alla categoria f) della classe 1^, quale autonoma opera, rispetto a quelle relative ai edifici di maggior importanza, di cui alla categoria c) della medesima classe, si da attribuire due voci di compenso per lo stesso lavoro, essendo l’uno già incluso nell’altro (Cass. S.U. n. 5078/03). Tale principio, derivante dalla considerazione che il legislatore abbia tenuto conto, ai fini della classificazione, di ogni possibile tipologia delle opere elencate in ciascuna categoria, enunciato in fattispecie nella quale la richiesta era stata formulata con riferimento a due distinte categorie della medesima ci asse, comporta a fortiori l’infondatezza della pretesa in esame in questa sede, nella quale si invoca l’ulteriore retribuzione di lavori accessori (strutture in cemento armato ed antisismiche, che avrebbero completato rimpianto fognario de qua), con riferimento ad una categoria contemplata in una classe diversa da quella di appartenenza dell’opera principale.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Non vi è luogo, infine, a regolamento delle spese, non avendo il Comune di Giugliano resistito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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