Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18247 del 24/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 24/07/2017, (ud. 20/04/2017, dep.24/07/2017), n. 18247
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24399-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del -t Direttore
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
ELETTRONICA S.A.S. DI C.A. – C.F. (OMISSIS), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA B.CO DI S. SPIRITO 42 C/O lo studio GNOSIS
FORENSE S.R.L., rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE DI
FIORE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2746/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI, depositata il 20/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 2746/1/15, depositata il 20 marzo 2015, non notificata, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale 1 di Napoli, nei confronti della Elettronica S.a.s. di C.A. (di seguito società) per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, con recupero a tassazione di IVA per il 2008, non avendo l’Ufficio riconosciuto un credito da eccedenza d’imposta di cui a dichiarazione in rettifica presentata nel 2008 rispetto all’importo minore indicato nella dichiarazione del 2005 presentata nei termini.
Il giudice d’appello ha ritenuto legittimo il credito esposto dalla contribuente nella dichiarazione considerata dall’Ufficio omessa perchè tardiva, avendo la società comprovato l’effettiva esistenza del contestato credito IVA.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La società resiste con controricorso.
Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, art. 28, comma 3 e 4 e art. 54 bis, comma 2, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che in caso di omessa dichiarazione il credito IVA possa essere unicamente chiesto a rimborso e non portato in detrazione.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 e 8 bis in combinato disposto con la L. n. 449 del 1997, art. 5, comma 7 e del D.M. n. 275 del 1998, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che la dichiarazione integrativa, nel caso di correzione a vantaggio del contribuente, debba avvenire entro l’anno successivo alla dichiarazione da emendare.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.
Essi risultano manifestamente infondati, alla luce dei recenti orientamenti espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 30 giugno 2016, n. 13378) secondo cui, ferma restando l’ammissibilità, nella fattispecie in esame, del controllo automatizzato (cfr. Cass. 2016, 8 settembre 2016, n. 17758) la decadenza intervenuta sul piano amministrativo per tardiva dichiarazione correttiva in senso favorevole al contribuente non preclude, per quanto qui rileva, la possibilità del contribuente stesso di opporsi in sede giudiziaria alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione, allegando l’errore in cui la parte sia incorsa nell’originaria dichiarazione, essendo comunque sufficiente l’accertamento in detta sede dell’esistenza e della relativa quantificazione del credito IVA in contestazione (Cass. 8 settembre 2016, n. 17757).
Di detti principi questa Corte ha del resto fatto recente applicazione in altra analoga controversia pendente tra le parti medesime (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 28 febbraio 2017, n. 5234).
Il ricorso va pertanto rigettato, essendo la pronuncia impugnata conforme alle succitate pronunce.
La sopravvenienza in pendenza di giudizio dei menzionati interventi nomofilattici giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017