Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18247 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 24/06/2021), n.18247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. Di MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3033-2015 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIA 833,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA MACCHIA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3699/2014 della COMM.TRIB.REG.LAZIO,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/03/2021 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il sig. P.P. fu destinatario di avviso di accertamento col quale, in virtù della presunzione di distribuzione di utili extracontabili tra soci di società di capitali a ristretta base partecipativa, era recuperata a tassazione la maggiore IRPEF ritenuta dovuta per redditi da capitale per l’anno d’imposta 2006, che scaturiva da accertamento per il medesimo anno d’imposta nei confronti delle società O.R.V.I. Divisione Serramenti S.r.l. e O.R.V.I. Divisione Prefabbricati S.r.l. in ciascuna delle quali il P. era socio titolare del 70% del capitale sociale (l’altra socia essendo la sorella P.M., proprietaria della quota residua).

L’atto impositivo fu impugnato dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) del Lazio, che accolse parzialmente il ricorso del contribuente, riducendo il maggiore imponibile accertato in ragione di quanto statuito dalla medesima CTR con le pronunce di primo grado nel frattempo intervenute nei confronti delle due società, nei limiti della quota del 70% detenuta dal P. in ciascuna di esse.

Con sentenza n. 3699/22/14, depositata il 5 giugno 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, rilevando che nelle more la stessa CTR aveva accolto, con le sentenze n. 5532/22/14 e 5333/22/14, entrambe depositate il 27 maggio 2014, gli appelli dell’Ufficio avverso le pronunce di primo grado relative agli accertamenti nei confronti delle società, determinò il reddito da partecipazione del P. in relazione al reddito accertato nei confronti delle società in virtù delle due sentenze da ultimo citate.

Avverso la sentenza della CTR n. 3699/22/14 il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorrente deduce che, avendo l’Ufficio come unico motivo di appello avverso la sentenza di primo grado lamentato la violazione dell’art. 2909 c.c., per avere la CTP ridotto la materia imponibile in ragione della riduzione operata riguardo agli accertamenti nei confronti delle due società, sebbene le rispettive pronunce non fossero passate in giudicato, la sentenza in questa sede impugnata, nel confermare la legittimità dell’operato dell’Ufficio, sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione, non avendo l’Agenzia delle Entrate, nel ricorso in appello formulato domanda subordinata indirizzata alla limitazione della misura dell’imponibile in ragione di quanto deciso nelle controversie aventi ad oggetto gli accertamenti societari.

1.1. Va premesso che è priva di fondamento l’eccezione dell’Amministrazione controricorrente relativa alla pretesa carenza di autosufficienza dell’avverso ricorso, essendo il relativo requisito stato soddisfatto da parte ricorrente mediante l’allegazione al ricorso per cassazione tanto della sentenza di primo grado, quanto del ricorso in appello proposti dall’Ufficio avverso la sentenza medesima.

1.2. Ciò premesso, il motivo è tuttavia infondato.

1.2.1. Nel processo tributario, a carattere impugnatorio, il divieto di ultrapetizione va riferito alle domande o eccezioni in senso stretto e non certo alle mere argomentazioni difensive (cfr. Cass. sez. 5, ord. 3 febbraio 2021, n. 2413).

1.2.2. Orbene, come è dato rilevare dallo stesso ricorso del contribuente, nel censurare la sentenza di primo grado per avere ridotto l’imponibile accertato in relazione a quanto deciso nelle controversie relative alle società partecipate dal P., quantunque le stesse non avessero acquisito autorità di giudicato, l’Ufficio, nel concludere per la conferma del proprio operato, non ha fatto altro che riportarsi alle contestazioni di cui all’avviso di accertamento, miranti al recupero d’imposta in misura maggiore di quella determinata dalla CTP.

1.2.3. D’altronde è noto che l’ambito del thema decidendum nel giudizio tributario è delimitato, quanto alla pretesa impositiva dell’Amministrazione finanziaria, proprio dall’avviso di accertamento e, correlativamente, dai motivi d’impugnazione proposti dal contribuente.

1.2.4. La sentenza in questa sede impugnata, che, in accoglimento del gravame proposto dall’Ufficio, ha confermato in toto il maggior reddito di capitale di cui all’avviso di accertamento impugnato (con le ulteriori conseguenze riguardo a sanzioni ed interessi), resta dunque pur sempre nei limiti dell’originaria pretesa impositiva, come espressamente reiterata e precisata nelle conclusioni rassegnate con il ricorso in appello.

2. Deve infine rilevarsi che, nelle more della decisione del presente giudizio, nel quale, peraltro, parte ricorrente non ha, come si è visto, formulato alcuna doglianza per la violazione dell’art. 295 c.p.c., con riferimento alla pendenza dei giudizi vertenti sugli accertamenti societari per la stessa annualità d’imposta (2006), si è formato il giudicato a seguito delle pronunce di questa Corte, Cass. sez. 5, 23 ottobre 2020, n. 23280 e Cass. sez. 5, 19 novembre 2020, n. 26332, che hanno rigettato i rispettivi ricorsi della Divisione Serramenti S.r.l. (già O.R.V.I. Divisione Serramenti S.r.l.) e della Divisione Prefabbricati S.r.l. (già O.R.V.I. Divisione Prefabbricati S.r.l.) avverso le summenzionate sentenze della CTR del Lazio, donde l’integrale conferma della legittimità degli accertamenti riguardanti il maggior reddito d’impresa di dette società a ristretta base partecipativa e la conferma della rideterminazione del maggior reddito da capitale in capo al P., socio di entrambe, per la stessa annualità, in virtù dell’applicazione della presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extracontabili.

3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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