Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18244 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 24/06/2021), n.18244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2059-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.M., in qualità di erede di P.E.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIMA, 28, presso lo studio

dell’avvocato MARCO ALBANESE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO COSA;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 520/2013 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

BOLOGNA, depositata il 28/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/03/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La sig.ra P.E. impugnò dinanzi alla Commissione tributaria di primo grado di Bologna l’avviso di accertamento a lei notificato per maggiori importi per IRPEF ed ILOR dovute in relazione all’anno d’imposta 1986 per effetto della contestazione della percezione di maggior reddito di capitale in relazione alla distribuzione di utili extracontabili da parte della società Ventuno S.p.A., a ristretta base partecipativa tra lei ed il coniuge C.P., ciascuno titolare del 50% del capitale sociale.

Detto accertamento traeva origine da altro accertamento, per il medesimo anno d’imposta, avente come destinataria la Faste S.r.l., legale rappresentante della quale era il sig. C.M., figlio dei coniugi C.P. ed P.E., anch’essa società a ristretta base partecipativa, essendo il capitale sociale della stessa ripartito fra tre soci, la succitata Ventuno S.p.A., titolare del 70% del capitale sociale, C.M. ed M.A., questi ultimi titolari ciascuno del 15% del medesimo.

L’accertamento, col quale era stata imputata alla Faste S.r.l. per il suddetto anno d’imposta 1986 maggiore IRPEG dovuta rispetto a quanto dichiarato, era anch’esso di natura presuntiva, essendo basato sull’attribuzione di maggior corrispettivo rispetto a quello dichiarato come conseguito dalla vendita alla società S.p.A. General Mount Group di (OMISSIS) di un importante immobile, con relativi arredi, nel centro storico di (OMISSIS), soggetto a vincolo della competente Sopraintendenza, valutato dal fisco, sulla base di perizia giurata di stima, in complessive Lire 1.406.000.000, di cui Lire 1.260.000.000 per l’immobile e Lire 146.000.000 per gli arredi connessi, a fronte dell’importo di Lire 275.000.000 dichiarato come percepito dalla Faste S.r.l..

La Commissione tributaria di primo grado respinse il ricorso della contribuente P..

A seguito dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza di primo grado, la Commissione tributaria di secondo grado, in accoglimento del gravame, annullò l’atto impositivo.

La Commissione tributaria centrale (di seguito, per brevità, CTC), sezione staccata dell’Emilia – Romagna, con sentenza n. 520/2013, depositata il 28 novembre 2013, non notificata, revocato l’originario decreto di estinzione del giudizio, respinse il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, nei confronti del C.M. quale erede alla madre P.E., deceduta il (OMISSIS), avverso la sentenza di secondo grado ad essa sfavorevole, ritenendo illegittimo l’accertamento in ragione del fatto che la realizzazione di maggior reddito da capitale da parte della P. era basato su duplice presunzione: la presumibile percezione da parte della Faste S.r.l. di un corrispettivo, molto superiore a quanto contabilizzato negli atti di bilancio e contabili, derivante dalla vendita del summenzionato prestigioso immobile alla S.p.A. General Mount Group ed, ancora, la presunzione della distribuzione degli utili extrabilancio ai soci della Faste S.r.l., tra i quali la Ventuno S.p.A., anch’essa a ristretta base sociale, della quale ultima la P. deteneva all’epoca il 50% del capitale sociale.

Avverso la succitata sentenza della CTC l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale resiste con controricorso il C.M..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 41, comma 1, lett. c), applicabile ratione temporis, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, e art. 41 bis, nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la CTC, pur rilevando come non fosse di per sè ostativa all’applicazione della presunzione di distribuzione di utili extrabilancio tra soci di società di capitali a ristretta base partecipativa la circostanza che tra detti soci figurasse altra società di capitali, nella fattispecie concreta sottoposta al suo esame riteneva illegittimo l’accertamento perchè basato su doppia presunzione, quella della percezione da parte di Faste S.r.l. di corrispettivo notevolmente superiore a quello dichiarato per la vendita d’immobile di pregio con annessi arredi e, quindi, la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili tra i soci di quest’ultima, tra i quali la società Ventuno S.p.A., di cui la P. possedeva il 50% del capitale sociale, e ciò sebbene la stessa CTR avesse rilevato come entrambe le presunzioni fossero di elevato grado di probabilità.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria, in via subordinata, denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, riferito alla circostanza che sia le società Faste S.r.l. e Ventuno S.p.A., sia l’altro socio di quest’ultima, Pietro C., coniuge della P., hanno presentato domanda integrativa di condono, ai sensi della L. n. 413 del 1991, con definizione automatica delle rispettive liti per gli anni dal 1985 al 1990, risultando quindi i relativi giudizi dichiarati estinti con ordinanza. Detta circostanza, secondo l’Amministrazione ricorrente, evidenziata nel ricorso proposto dinanzi alla CTC, qualora fosse stato tenuta in debito conto dal giudice tributario, avrebbe dovuto indurlo a ritenere che, per l’effetto della definitività conseguita dagli accertamenti emessi nei loro confronti, l’esistenza di utili extracontabili doveva ritenersi definitivamente accertata.

3. In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, globalmente inteso, come proposto dall’Amministrazione finanziaria, per difetto di autosufficienza, sostenendo il controricorrente che l’assemblaggio, nel corpo del ricorso medesimo, di parti fotocopiate o scannerizzate tanto della sentenza impugnata quanto degli avvisi di accertamento aventi come destinatari rispettivamente la Ventuno S.p.A. e la Faste S.r.l. sarebbe inidoneo a rispettare compiutamente il requisito della sommaria esposizione dei fatti, previsto, tra gli altri, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, al n. 3, appunto a pena d’inammissibilità del ricorso.

3.1. Invero è sufficiente osservare che il ricorso dell’Amministrazione non si limita ad un mero assemblaggio di detti atti, ma li utilizza a completamento di un’esposizione sintetica del fatto processuale tale da illustrare i punti rilevanti della questione devoluta all’esame della Corte. Deve essere pertanto ribadito il principio in virtù del quale si è ritenuto che non violi il principio di autosufficienza, avuto riguardo alla complessità della controversia, il ricorso per cassazione confezionato mediante inserimento di copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, qualora la riproduzione di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 24 luglio 2018, n. 19562; Cass. SU 24 febbraio 2014, n. 4324).

4. Il primo motivo di ricorso è fondato.

4.1. In tema di società a ristretta base partecipativa, questa Corte ha più volte affermato che è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 18 ottobre 2017, n. 24534; Cass. sez. 5, 2 marzo 2011, n. 5076; Cass. sez. 5, 22 aprile 2009, n. 9519; Cass. sez. 5, 15 maggio 2003, n. 7564), non essendo in ogni caso sufficiente ad integrare detta prova contraria la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., 22 novembre 2017, n. 27778).

4.2. La stessa CTR, nella pronuncia in questa sede impugnata, ha anche ricordato come la presunzione di riparto degli utili extracontabili tra i soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa non sia neutralizzata dallo schermo della personalità giuridica, estendendo la sua efficacia a tutti i gradi di organizzazione societaria per i quali si riscontri a ristrettezza della compagine sociale (cfr. Cass. sez. 5, 10 giugno 2009, n. 13338).

4.3. Il fondamento logico della costruzione giurisprudenziale si rinviene nella “complicità” che normalmente avvince un gruppo societario composto da poche persone, sicchè vi è la presunzione che gli utili extracontabili siano stati distribuiti ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, salva la prova contraria a carico del contribuente che, come si è detto, i maggiori ricavi siano stati accantonati o reinvestiti (Cass., sez. 5, 26 maggio 2008, n. 13485).

4.4. Tale principio è stato più di recente completato, precisandosi che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio può essere vinta dal contribuente anche fornendo la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 27 settembre 2018, n. 23247; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2018, n. 18042; Cass. sez. 5, 14 luglio 2017, n. 17461; Cass. sez. 6-5, ord. 2 febbraio 2016, n. 1932).

4.5. La decisione impugnata, nel disconoscere nella fattispecie in esame la legittimità dall’accertamento presuntivo, si pone in primo luogo in difformità dall’indirizzo giurisprudenziale di riferimento, laddove non rileva che il fatto noto sul quale è costruita la presunzione semplice innanzi ricordata, di matrice giurisprudenziale, è proprio la ristretta base partecipativa, da cui ricavare in via di ragionamento inferenziale il fatto ignoto della distribuzione tra i soci degli utili extracontabili. Tuttavia, quand’anche – in relazione alla peculiarità della fattispecie in esame, in cui l’accertamento del maggior reddito da capitale in capo alla P., dante causa dell’odierno controricorrente, trae origine da un accertamento presuntivo di maggiori ricavi dapprima in capo alla Faste S.r.l., partecipata, tra gli altri, dalla Ventuno S.p.A., della quale ultima azionista al 50% era la P. con azioni paritarie a quelle del coniuge C.P., e quindi, in capo alla Ventuno S.p.A., deve rilevarsi come la sentenza impugnata si ponga ugualmente in contrasto con l’orientamento più recente espresso in materia da questa Corte, al quale in questa sede va assicurata ulteriore continuità, secondo cui “(n)el sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile nè agli artt. 2729 e 2697 c.c., nè a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costruire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea in quanto a sua volta adeguata a fondare l’accertamento del fatto ignoto” (cfr. Cass. sez. 5, ord. 1 agosto 2019, n. 20748; in senso conforme si vedano anche Cass. sez. 5, 7 dicembre 2020, n. 27892 e Cass. sez. 5, ord. 29 ottobre 2020, n. 23860).

5. La sentenza impugnata, che si pone in contrasto col suddetto principio di diritto, va pertanto cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, restando pertanto assorbiti l’esame del secondo, proposto in via meramente subordinata dalla ricorrente Amministrazione finanziaria, e la correlativa eccezione d’inammissibilità di detto secondo motivo quale formulata dal controricorrente.

6. La causa va rinviata dunque per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, che nell’uniformarsi al principio di diritto come innanzi trascritto, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

 

 

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