Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18244 del 02/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/09/2020, (ud. 24/06/2020, dep. 02/09/2020), n.18244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17241-2016 proposto da:

“LA BOTTEGA DISCANTICA” DI A.M.G., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE PARIOLI 63 INT 6, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI FOTI, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO STARVAGGI;

– ricorrente –

contro

S.L., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato LIDIA DIMASI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 639/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 01/07/2015 r.g.n. 500/2012.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di Messina, con sentenza del 1.7.2015, in parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Patti – che aveva condannato la Bottega Discantica, in persona della sua titolare, A.M.G., a corrispondere a S.L. la complessiva somma di Euro 43.690,34, a titolo di compensi per differenze retributive, per lavoro straordinario ed altro, condannava la Bottega Discantica a corrispondere alla lavoratrice, per i titoli di cui in motivazione, la somma di Euro 27.270,61;

2. la Corte osservava che la notifica del ricorso introduttivo correttamente era stata ritenuta effettuata in maniera rituale presso la sede della ditta, anche se non alla diretta destinataria, a mani del figlio della predetta – che, secondo l’assunto dell’appellante, non ne aveva dato notizia alla madre – trovando applicazione la L. n. 890 del 1982, il cui art. 7 prevedeva che il piego venisse consegnato nelle mani del destinatario e che la consegna dello stesso, nell’impossibilità di effettuazione a mani del diretto destinatario, potesse avvenire a mani di persona convivente anche temporaneamente con il primo, ovvero addetto alla casa, ovvero al servizio del destinatario, purchè il consegnatario non fosse persona manifestamente affetta da malattia mentale o infraquattordicenne e che, in mancanza di tali persone, il piego potesse essere consegnato al portiere dello stabile, ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, fosse comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario;

3. la Corte distrettuale aggiungeva che, essendosi il C., figlio dell’ A., qualificato come “persona delegata”, il piego doveva ritenersi legalmente conosciuto da quest’ultima, ciò che comportava l’inammissibilità della chiesta prova testimoniale;

4. quanto alle mansioni svolte dalla S., il giudice del gravame, all’esito dell’istruttoria orale, escludeva che le stesse, così come accertate, fossero inquadrabili nel profilo di “gerente”, apparendo piuttosto adeguatamente riconducibili al IV livello del c.c.n.l. del terziario, applicabile solo come riferimento parametrico, con conseguente esclusione della 14 mensilità dal computo delle competenze dovute;

5. di tale decisione domanda la cassazione la Bottega Discantica, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la S..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo è dedotto error in iudicando, rappresentato dalla violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., sul rilievo che la Corte distrettuale abbia omesso di considerare il rispetto dei parametri enunciati dal richiamato articolo e delle conseguenze in tema di inesistenza e non anche di nullità della notifica, rilievi svolti nelle note autorizzate del 16.1.2015, in cui si era contestata la regolarità della notifica in relazione al luogo ed alle modalità con le quali la stessa era stata effettuata, in difformità dai principi validi in tema di notificazione presso la sede legale della società e, in mancanza presso la stessa di addetto a ricevere la notifica, presso il rappresentante legale persona fisica, essendo prevista la possibilità di procedere nelle forme di cui agli artt. 140 e 143 unicamente nei confronti della “persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente”;

2. con il secondo motivo, si addebitano alla decisione violazione e/o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione all’art. 2697 c.c., deducendosi che le dichiarazioni rese dai testi escussi avevano offerto elementi parziali, indiziari, privi di qualsivoglia attestazione di continuità della prestazione svolta dalla S. in termini di costanza delle prestazioni lavorative realmente eseguite nelle ore indicate, nonchè inadatte all’assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla parte che intendeva avvalersi del diritto azionato;

2.1. oltre alla dedotta assenza di prova della subordinazione, si assume che il Collegio avrebbe dovuto ritenere congruente ai compiti svolti l’inquadramento della S. nel V livello c.c.n.l. di riferimento e si contestano le conclusioni della relazione di c.t.u., che, peraltro, aveva, secondo quanto trascritto nel motivo, fornito chiarimenti utili a sostenere che la S. potesse essere inquadrata nel I livello del ccnl settore commercio;

3. il terzo motivo è incentrato sulla deduzione di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, assumendo la ricorrente che la lavoratrice non aveva ottemperato all’ordine giudiziale di fornire prova della notifica dell’atto introduttivo contenuta nel fascicolo del Tribunale e che il giudice avrebbe dovuto esercitare i propri poteri ufficiosi al fine di rendere possibile l’esame dei documenti da offrire in comunicazione;

4. il primo motivo è infondato, in quanto la Bottega Discantica pacificamente non era una società, ma una ditta individuale, per la quale sono valide le regole in tema di notifica a persona fisica, da effettuarsi non già ai sensi dell’art. 145 c.p.c. – il quale riguarda le persone giuridiche, le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli artt. 36 e seguenti c.c. -, ma ai sensi degli artt. 138 e seguenti c.p.c.;

4.1. deve ritenersi che il relativo apprezzamento sia stato condotto conformemente ai dettami della disciplina normativa applicabile (cfr. Cass. 19.1.2005 n. 1092): ed invero, nella specie sono state applicate più specificamente le norme della notifica a mezzo posta effettuata nella sede della ditta individuale, che, normalmente, per le imprese individuali che tipicamente svolgono la propria attività in appositi locali vedono la coincidenza del centro dell’attività direttiva amministrativa ed organizzativa e di coordinamento dei fattori produttivi con il luogo in cui l’impresa svolge l’attività produttiva di beni e servizi, laddove per l’impresa individuale che svolga la propria attività senza l’imprescindibile necessità di appositi locali, coincide con la residenza del titolare;

4.2. il principio applicato è coerente con quanto previsto in tema di notificazione a mezzo posta a ditta individuale del primo tipo, secondo cui la consegna del plico è effettuata, tra le altre, alla persona addetta alla sede e, allorchè il conferimento del compito di ritirare l’atto sia dichiarato dalla persona cui lo stesso viene consegnato, e che sottoscrive l’avviso di ricevimento, l’agente postale è dispensato da ulteriori accertamenti, determinando tale dichiarazione la presunzione, fino a prova contraria, dell’esistenza dell’incarico, il quale non abbisogna di deleghe formali e continuative e può derivare anche da un mandato verbale e temporaneo (cfr., tra le altre, Cass. 5.2.20019 n. 2835, Cass. 24.10.2005 n. 20473, Cass. s.u. 22044/2004);

5. il secondo motivo è formulato in termini affatto generici quanto alla dedotta assenza degli elementi di subordinazione e pertanto sotto tale profilo si rivela inammissibile, al pari dell’ulteriore doglianza espressa in relazione al ritenuto riferimento parametrico alla categoria inquadramentale, posto che la sentenza d’appello ha ritenuto corretto l’inquadramento, seppure solo in via parametrica, nel IV livello e che non si deduce la violazione di alcuna norma contrattualcollettiva per sostenere che il livello non fosse congruente con le mansioni, limitandosi la ricorrente a trascrivere la declaratoria senza svolgere alcun apprezzamento critico sull’inquadramento operato nella decisione impugnata; in ogni caso, la censura è mal prospettata per non essere con la stessa individuata alcuna violazione del principio di riparto dell’onere probatorio, ma sollecitata unicamente una rivisitazione del merito, attraverso una diversa valutazione delle prove acquisite;

5.1 ancor prima deve rilevarsi che non si indica se il c.c.n.l. sia depositato, nè se ne precisa la sede di rinvenimento del testo integrale nelle produzioni di parte dei gradi di merito, in dispregio del principio secondo cui nel giudizio di cassazione l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7 di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi” (cfr., ex aliis, Cass. 18.9.2017 n. 21554);

6. l’ultimo motivo prospetta erroneamente un vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, laddove la deduzione rileva semmai in termini di error in procedendo, per il quale non è assolto in alcun modo l’onere di specificità richiesto; in ogni caso, anche ove si ritenesse corretta in astratto la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non è indicata in alcun modo la decisività del fatto storico, che neanche è individuabile come tale in base alle precisazioni fornite da Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439;

7. alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere complessivamente respinto;

8. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

9. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2020

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