Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18243 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 16/09/2016, (ud. 13/05/2016, dep. 16/09/2016), n.18243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDACIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15208/2012 proposto da:

E.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TERENZIO 7, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO ABBAMONTE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.S., C.I., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato MARZIA DE

SANCTIS, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO CAPASSO;

– ricorrenti e controricorrenti incidentali –

contro

E.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TERENZIO 7, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO ABBAMONTE, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

E.A., L.G., P.M., E.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1350/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso

con compensazione alle spese.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

I coniugi E.S. e C.I., quali proprietari di due locali terranei alla (OMISSIS), convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli E.L., E.A., L.G., E.A. e P.M. (quest’ultimo, originario venditore degli immobili, quale garante degli altri convenuti) chiedendo la loro condanna alla demolizione delle strutture abusivamente realizzate su una striscia di cortile, adiacente i detti locali, e, quindi, al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento del danno.

Resistevano alla domanda attorea i coniugi E.A. – L.G., E.L. e P.M. deducendo l’inesistenza di qualunque violazione.

In particolare i primi anzidetti convenuti chiedevano, in via riconvenzionale l’abbattimento di quanto di illecito realizzato – viceversa – dagli attori, nonchè il risarciniento del danno. L’ E.A., con distinto atto, conveniva in giudizio i coniugi E. – C. (che resistevano alla domanda confermando anche in via riconvenzionale, la propria posizione processuale), chiedendo l’abbattimento di opere abusive asseritamente commesse dagli stessi.

L’adito Tribunale, con sentenza del 20 febbraio 2004, condannava i convenuti L. – E., con vincolo solidale, a pagare agli attori E. – C. la somma di 1.013,08, oltre interessi; condannava il convenuto E.L. a pagare ai predetti attori la somma di Euro 2.532,70, oltre interessi; condannava gli attori E. – C., in solido, a pagare a L.G. ed E.A. Euro 388,00, a E.L. 509,00 ed a E.A. 314,00, oltre interessi su tutte le dette somme, rigettando ogni altra domanda o capi di domande poste in via principale o riconvenzionale e compensando integralmente le spese di lite.

Avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza interponevano appello, chiedendone la riforma, E.L., L.G., E.A., E.A. e P.M..

Resistevano alla detta impugnazione, di cm chiedevano il rigetto, gli appellati E. – C..

L’adita Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 1350/2012 accoglieva, per quanto di ragione, il proposto gravame ed, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava E.S. e C.I. alla riduzione in pristino, come da disposizioni in atti, del vano cucina dell’immobile di loro proprietà, nonchè al ripristino dei di loro locali interrati, confermando nel resto l’impugnata sentenza e compensando tra le parti le spese del giudizio.

Per la cassazione della suddetta decisione della Corte distrettuale ricorre l’ E.L. con atto affidato ad un unico motivo. Resistono con controricorso E.S. e C.

Iolanda, che propongono ricorso incidentale fondato su tre ordini di motivi, avverso il quale resiste con controricorso l’ E.L..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il motivo del ricorso principale si censura il vizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, nonchè l’ulteriore vizio, ex n. 3 art. cit., di violazione dell’art. 1362 c.c., in tema di interpretazione del contratto.

Il motivo non può essere accolto.

Parte ricorrente censura la gravata decisione – definita “evidentemente contraddittoria e lacunosa” – per aver essa assunto la completezza del rogito a mezzo di atto per notaio Pelosi del 1974 al fine della costituzione della servitù di altius non tollendi.

La censura, in punto, è tesa ad una inammissibile rivalutazione – in punto di fatto – di quanto già congruamente già esaminato dal Giudice del merito.

In proposito non può che richiamarsi il noto e condiviso orientamento già affermato da questa Corte secondo cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

Il motivo in esame, in modo promiscuo, prospetta – come innanzi già accennato – pure un vizio di violazione di legge con riguardo all’interpretazione del suddetto rogito.

Senonchè la deduzione – in modo indistinto e nel corpo di uno stesso motivo di ricorso – di vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3, in aggiunta alla pretesa carenza motivazionale osta di per sè a quella chiarezza, specificità e pertinenza necessaria nella deduzione del motivo di ricorso per cassazione.

Al riguardo va richiamato il noto e condiviso principio, già espresso da questa Corte, secondo cui “il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intellegibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto ovvero le carenze della motivazione” (Cass. civ. sez. 3, 25 settembre 2009, n. 20652).

E tanto poichè, comunque, è necessario che “dal testo del ricorso si evincano con sufficiente chiarezza le questioni sottoposte al Giudice di legittimità” (Cass. civ., SS.UU. 31 ottobre 2007, n. 23019).

Per di più parte ricorrente, pur affermando che “la sentenza no si è data carico d’ indicare donde nell’atto sarebbe stato evincibile che la servitù era stata posta a favore di tutte le residue proprietà del P.”, non si è comunque essa peritata di indicare, con la prescritta sufficienza, gli elementi in basi ai quali doveva ritenersi errata la valutazione svolta con la decisione impugnata.

Sotto tale profilo il motivo è carente per mancanza di autosufficienza e carenza della indicazione degli specifici elementi indicativi, a contrario, della pretesa erroneità del decisum assunto dai Giudice del merito.

In proposito deve ribadirsi i consolidato orientamento di questa Corte (SS. UU. 2 dicembre 2008, n. 28547) secondo cui era onere della parte ricorrente quello di procedere alla riproduzione diretta del contenuto o, almeno, all’indicazione specifica della parte del documento fondante la censura mossa all’impugnata sentenza (Cass. civ., Sez. 5, Sent. 20 marzo 2015, n. 5655) ovvero, ancora, adempiere puntualmente almeno l’onere di indicare specificamente la sede (fascicolo di ufficio o di parte di uno dei pregressi gradi del giudizio) ove rinvenire. i detti documenti (Cass. civ., Sez. 6, Ord. 24 ottobre 2014, n. 22607).

Il motivo è, pertanto, inammissibile nel suo complesso.

2.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce il vizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, nonchè l’ulteriore vizio, ex n. 3 art. cit., di violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 115 c.p.c. e 1102 c.c., in particolare contestando la carenza di interesse sulla domanda di riempimento dei locali interrati sottostanti la proprietà dei coniugi ricorrenti incidentali.

Il motivo del ricorso incidentale in esame attiene, nel suo complesso, ad una valutazione in punto di fatto concreto già effettuata opportunamente e congruamente motivata con la sentenza impugnata.

Lo stesso elemento-cardine del motivo ovvero la pretesa carenza di interesse quanto al riempimento dei locali interrati” costituisce emblematicamente un aspetto valutativo in Punto di mero apprezzamento del fatto che appalesa in tutta la sua evidenza la non ammissibilità della svolta doglianza.

3.- Con il secondo motivo parti ricorrenti incidentalmente lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3, carenza motivazionale e violazione e falsa applicazione degli artt. 346 e 324 c.p.c..

Il motivo postula un profilo relativo alle pretese conseguenze di una asserita mancata impugnazione, da parte degli appellanti, del capo della decisione di primo grado nella parte in cui rigettava la l’istanza di abbattimento “anzichè dolersi del rigetto totale della domanda proposta” con conseguente errore della Corte nel non ritenere il preteso “intervenuto giudicato in ordine alla decisione del giudice di primo grado di rigetto della domanda di accertamento della illegittimità della costruzione del sottotetto e della conseguente richiesta di abbattimento e di risarcimento del danno”.

Senonchè la ricostruzione, svolta nella parte espositiva del motivo qui in esame, degli elementi costitutivi del preteso intervenuto giudicato, non è confortata dal prescritto puntuale e completo assolvimento dei dovuti oneri di allegazione.

Il motivo è privo di autosufficienza in quanto, con citazione a stralcio di passi, parti di atti e documenti, non indica in modo chiaro ed autosufficiente i punti in base ai quali si sostanzierebbe effettivamente il dedotto intervenuto giudicato.

La carenza, oltre che sostanziare appieno una ipotesi di inammissibilità rientrante fra quell’e già delineate dalla giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. SS.UU. 2 dicembre 2008, n. 28547), appare particolarmente grave data la specifica peculiarità della concreta fattispecie sottesa ad decisum dei Giudici del merito.

La parziale allegazione di brani della sentenza di primo grado non consente il completo esame del decisum relativo non solo alla differente vicenda giuridica della sopraelevazione realizzata dal ricorrente E.L. ma anche alla condanna dei coniugi C.- E. per il danno alla veduta dell’ E.A..

Il motivo è, dunque, inammissibile.

4.- Con il terzo motivo del ricorso incidentale si prospetta il vizio di violazione degli artt. 1058 e 1362, e carenza motivazionale in punto di interpretazione del contratto inter partes (per Notaio Pelosi del 11-11-1978).

In sostanza si lamenta che la Corte distrettuale ha ritenuto la violazione della servitù altius non tollendi anche con riferimento alla realizzata cucinetta.

Viene dedotta, nel ricorso incidentale, la necessità dell’ individuazione specifica del fondo servente e del fondo dominate e l’oggetto in cui sarebbe consiste l’assoggettamento alla serivtù. Il tutto ai sensi dei canoni tracciati dalla invocata giurisprudenza (Cass. 8885/2000).

Ma, proprio alla stregua dei suddetti canoni, era del tutto chiaro che vi era stata, col citato rogito, la costituzione dell’anzidetta servitù anche “in favore delle parti residue” oggetto dell’acquisto, come correttamente motivato dalla impugnata sentenza.

Il motivo è, dunque, inammissibile.

5.- Alla stregua di tutto quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto vanno rigettati entrambi i propositi ricorsi principale e incidentale.

6.- Le spese del giudizio vanno, conseguentemente, compensate fra le parti.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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