Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18242 del 24/06/2021
Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 24/06/2021), n.18242
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 09170/2014 R.G. proposto da:
F.A. e F.M., elettivamente domiciliate in
Roma, viale Camillo Sabatini n. 150, presso lo studio dell’avv.
Antonio Cepparulo, rappresentate e difese dall’avv. Andrea Amatucci,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1071/48/14 della Commissione tributaria
regionale della Campania, depositata in data 4 febbraio 2014;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23 marzo 2021
dal Consigliere Paolo Fraulini.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. La Commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’impugnazione proposta da F.A. e F.M., quali eredi della contribuente P.M., deceduta nelle more del giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), contenente ripresa a tassazione di una plusvalenza reddituale derivante dalla definitività di una pregressa comunicazione di rettificazione del prezzo di vendita di un immobile.
2. Il giudice di appello, dopo aver affermato l’ammissibilità del gravame dell’Ufficio, ha rilevato nel merito che l’avviso impugnato si basava sulla definitività dell’accertamento della plusvalenza, derivante dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’autonomo procedimento di impugnazione dell’avviso di rettifica, ai fini dell’imposta di registro, del prezzo di vendita di un immobile appartenuto alla dante causa. A tal proposito, la CTR ha rilevato che l’unico elemento rilevante era la definitività dell’accertamento di maggior prezzo, irrilevanti essendo le ragioni, processuali o di merito, che avevano determinato la pronuncia pregiudiziale. Ha, poi, soggiunto il giudice di appello che tale accertamento pregiudiziale qualifica nel giudizio di ripresa della plusvalenza ai fini delle imposte dirette una presunzione semplice, che tuttavia va contraddetta dalla dimostrazione, di cui è onerato il contribuente, dell’effettiva consistenza del prezzo incassato dalla vendita, prova nella specie del tutto mancante.
3. Per la cassazione della citata sentenza F.A. e F.M. hanno proposto ricorso affidato a due motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
4. Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: “I – Violazione Art. 360 c.p.c., commi 1 e 5, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 67 TUIR, da parte della CTR ed per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, deducendo che la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe carente dal punto di vista dell’interpretazione della corretta applicazione sulla valutazione della plusvalenza tassabile di immobili ai fini delle imposte sul reddito, siccome nel caso di specie sarebbe stata fornita la prova dell’effettivo prezzo riscosso, del tutto in linea con il valore del bene compravenduto, anche in relazione al fatto che la sentenza resa in tema di rettifica del prezzo ai fini dell’imposta di registro era stata impugnata in cassazione e non conteneva comunque alcun diverso accertamento di merito, essendo stata pronunciata in rito.
b. Secondo motivo: “II – Violazione art. 360 c.p.c., comma 1, per violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver ritenuto che la ricorrente avrebbe potuto superare la presunzione dando prova che il prezzo incassato era quello indicato nell’atto di vendita.
2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’inammissibilità dell’avversa impugnazione, di cui chiede comunque il rigetto.
3. Il ricorso va accolto, nei limiti e per le considerazioni che seguono.
4. Nelle more del presente giudizio è entrato in vigore il disposto del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3, che, in tema di imposte sui redditi, esclude l’accertamento induttivo della plusvalenza ricavata dalla cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale. Questa Corte (Ordinanza n. 9513 del 18/04/2018; Sentenza n. 12131 del 08/05/2019; Ordinanza n. 1903 del 19/01/2021) ha condivisibilmente qualificato la suddetta norma di interpretazione autentica della normativa di settore (testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 58, 68, 85 e 86, e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5-bis, 6 e 7), come tale avente efficacia retroattiva. Tanto determina che è l’Ufficio erariale a dover individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la relativa prova contraria. Nel caso in esame, come si evince dalla sentenza impugnata e dalle difese che l’erario ha svolto in questa fase, nessun altro elemento, diverso rispetto al valore accertato in sede di imposta di registro, è stato allegato dall’Amministrazione finanziaria, la cui unica deduzione era riferita alla definitività del pregresso accertamento del valore del terreno dichiarato nell’atto di cessione.
5. Tanto determina che la sentenza, che a tali principi non è conforme, va cassata e, non essendo necessari altri accertamenti di merito, la causa può essere decisa nel merito con l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato.
6. La circostanza, dedotta dalle ricorrenti nella memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., secondo cui sarebbe stato emesso un provvedimento di sgravio per effetto di estensione in autotutela del giudicato parzialmente favorevole al coobbligato, non appare decisiva ai fini del decidere, atteso che le ricorrenti non fanno valere il giudicato parzialmente favorevole ai sensi dell’art. 1306 c.c., ma chiedono l’accoglimento totale del ricorso.
7. Le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti, atteso che la controversia è decisa sulla base di ius superveniens.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’avviso di accertamento. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021