Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18241 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. II, 16/09/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 16/09/2016), n.18241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23327/2011 proposto da:

Q.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati PAOLO CAMPAGNA, LUIGI MICHELE MARIANI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

NOMENTANA 13, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCESCO ULISSE,

rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA VARESE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 779/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 11/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato VARESE Nicola, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Q.D., quale assegnatario in locazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica (nella fattispecie l’int. (OMISSIS) dello stabile condominale sito in (OMISSIS)) impugnava la delibera assembleare di quel condominio del 17 aprile 2003, che aveva approvato – secondo il Q., stesso, senza il quorum legale – il rendiconto di gestione ed il riparto delle spese dell’esercizio 2002.

La proposta domanda, resistita dal Condominio di (OMISSIS), veniva rigettata dall’adito Tribunale di Genova con sentenza n. 4653/2005, che compensava le spese di lite.

Avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza il Q. interponeva a appello resistito dalla parte appellata, la quale – a sua volta – proponeva appello incidentale in punto di regolamentazione delle spese effettuata nel primo grado del giudizio.

L’adita Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 779/2011, respingeva l’appello principale, accoglieva – in parte – quello incidentale e regolava come da dispositivo le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorre il Q. con atto, genericamente svolto – come da sua epigrafe – “ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 e art. 111 Cost.. Resiste con controricorso l’intimato Condominio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- In via preliminare deve valutarsi l’ammissibilità del proposto ricorso in esame.

Quest’ultimo, del tutto carente quanto alla dovuta esposizione dei fatti di causa, risulta articolato in una serie di motivi (per di più indifferenziati e non numerati) del tutto mancanti della prescritta indicazione dei vizi denunciati e delle relative delle norme violate, norme, come innanzi già rilevato, epigrafate solo genericamente e senza nesso specifico alcuno rispetto alle mosse doglianze.

Quest’ ultime, per quanto ricostruibile dall’esame del ricorso così come proposto, risultano attenere a vari ed indistinti profili relativi a questioni di legittimazione, di riparto delle spese e di valutazione di delibere condominiali.

Senonchè, al di là delle ragioni di inammissibilità innanzi già accennate, deve ulteriormente rilevarsi che i motivi esposti, in sintesi e per quanto ricostruibili alla stregua del ricorso così come proposto, attengono tutti – in sostanza – a questioni di valutazioni del fatto già congruamente svolte dal Giudice del merito di merito e comunque svolte con censure generiche o prive dell’osservanza del noto principio di autosufficienza.

Nella sostanza le svolte censure tendono al riesame, in questa sede non più possibile, di profili di merito come se fosse ancora possibile – innanzi a questa Corte – un nuovo giudizio di appello. Al riguardo non possono che richiamarsi e ribadirsi noti e condivisi principi, alla cui stregua, va rammentato, “per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a pone il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa” (Cass. civ., Sezione 6-3, Ord. 3 febbraio 2015, n. 1926).

Non può, pertanto, che affermarsi l’inammissibilità del ricorso così come proposto, ricorso – per di più – del tutto elusivo della realtà, già registrata nei due pregressi gradi del giudizio, e relativa al fatto che l’assegnatario in locazione di un alloggio di edilizia pubblica residenziale ha, secondo la legge applicabile (L.R. Liguria n. 10 del 1994) un limitato diritto di voto nelle assemblee condominiali.

2.- Le spese del giudizio, stante la ritenuta inammissibilità del ricorso, vanno poste a carico del ricorrente e determinate così come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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