Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18240 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18240 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 29255-2010 proposto da:
MENEGHINI ANNA (MNGNNA20H66F8390) elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato DE VITA FRANCESCO, rappresentata e difesa dagli avvocati
ADDEZIO GIANCARLO, ZUPPARDI EZIO MARIA giusta mandato in atti;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;
– intimato –

Data pubblicazione: 29/07/2013

avverso il decreto N. 2618/09 V.G. della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 6/11/09, depositato il 17/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CAMPANILE;
udito il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che ha con-

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Napoli, con il decreto indicato in epigrafe, in
parziale accoglimento della domanda di equa riparazione avanzata da
Meneghini Anna in relazione alla durata non ragionevole di procedimento instaurato, per il ricalcolo del trattamento pensionistico, davanti alla Corte dei Conti nel marzo del 1985, ed ancora non definito, ha
ritenuto che il diritto alla riparazione si prescriva entro il termine decennale.
Pertanto il diritto azionato è stato riconosciuto, accogliendosi
l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione, per un periodo di anni dieci (con decorrenza dal 6.5.99), liquidandosi la somma
di € 8.400,00 oltre agli interessi legali.
Per la cassazione di tale decisione la Meneghetti ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi.
L’amministrazione non svolge attività difensiva.
Il Collegio ha disposto la forma semplificata nella motivazione della
sentenza.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt. 2934 e 2964 c.c. e 4 della 1. n. 89 del 2001, rappresentandosi
l’esiguità della somma liquidata anche alla luce dell’erroneità
dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, in relazione alla quale
si sostiene l’incompatibilità con la decadenza prevista dall’art. 4 della 1.
n. 89 del 2001.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione del principio di ragionevolezza e del giusto processo, in quanto, secondo la tesi accolta
nell’impugnata decisione, le ricorrenti avrebbero dovuto necessariamente frazionare le loro pretese.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dei criteri stabiliti dalla
Cedu per la liquidazione del pregiudizio derivante dalla durata irragionevole del processo.
Ric. 2010 n. 29255 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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cluso per l’accoglimento del ricorso.

Ric. 2010 n. 29255 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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Il ricorso è fondato, nei seguenti termini.
Le censure, che possono essere congiuntamente esaminate in considerazione della loro intima connessione, attengono al tema della prescrizione in relazione alla domanda di riparazione, nonché ai criteri di determinazione del periodo di durata non ragionevole e di liquidazione
del pregiudizio non patrimoniale.
Quanto al primo profilo, non esistono ragioni per discostarsi dal prevalente orientamento di questa Corte, secondo cui “in tema di equa
riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la 1. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto,
non consente di far decorrere il relativo termine della prescrizione
prima della scadenza del termine decadenziale previsto nel medesimo
art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre
all’incompatibilità tra prescrizione e decadenza se relative al medesimo
atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del
processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione delle
iniziative processuali, che l’operatività della prescrizione in corso di
causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo” (Cass. 20 dicembre 2009 n. 27719, Cass. 11
gennaio 2011, n. 478; Cass., 4 ottobre 2010, n. 20564).
Tale orientamento, del resto, è stato di recente confermato dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass., 2 ottobre 2012, n. 16783).
Quanto alla determinazione del periodo di durata ragionevole, deve
condividersi il rilievo secondo cui il periodo da valutarsi viene, in maniera del tutto ingiustificata, individuato in termini riduttivi, mentre
la questione relativa al criterio di calcolo dell’indennizzo, non essendo
tali parametri suscettibile di cosa giudicata (cfr. Cass., 15 novembre
2010, n. 23055, in motivazione), deve intendersi assorbita.
In considerazione dei motivi accolti il decreto deve essere cassato.
Il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di ventiquattro anni e due mesi circa (dal marzo 1985 al maggio 2009).
La Corte EDU, con due recenti decisioni (del 16 marzo 2010, Volta et
autres contro Italia, e del 6 aprile 2010, Falco et autres contro Italia),
ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il
danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione
ai singoli casi ed alle loro peculiarità, somme complessive d’importo
notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente
liquidate, con valutazione di detto danno che consente al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a liquidazioni dell’indennizzo più riduttive rispetto a quelle precedentemente

P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore della ricorrente, della
somma di Euro 12.084,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese
del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi
Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed
Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudi7io di legittimità, in complessivi Euro

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ritenute congrue (cfr., ex plurimis, le Cass., n. 14753/2010 e Cass. n.
1359 del 2011).
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa
riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del
processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata del processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in
ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il
soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente
resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una
condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l’esistenza di queste
situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la
deduzione che la domanda della parte sia stata dichiarata manifestamente infondata (cfr., ex plurimis e tra le ultime, Cass. nn. 9938 e
18780 del 2010; n. 10500 del 2011).
Appare pertanto equo, per il ristoro del pregiudizio non patrimoniale
in esame, l’indennizzo di Euro 500,00 per ciascuno degli anni di durata complessiva del processo : esso va quindi determinato, in relazione
alla durata come sopra determinata, in Euro 12.084,00, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione
e fino al saldo.
Le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, par. 4, e B, par. 1, allegate al D.M.
giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in
complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00
per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli
accessori come per legge; le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

510,00, oltre accessori di legge, da distrarsi a favore del difensore avv.
Zuppardi, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di con iglio della Sesta Sezione Civile, il 19 marzo 2013.

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