Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18240 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 24/06/2021), n.18240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 09078/2014 R.G. proposto da:

Associazione Nuoto Club Vigevano, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Tronto n. 32, presso lo studio dell’avv. Giulio Mundula, che la

rappresenta e difende con l’avv. Fulvio Aricò, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/36/13, così rettificata la diversa

indicazione n. 128/36/13 in atti e registri, della Commissione

tributaria regionale della Lombardia, depositata in data 1 ottobre

2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 marzo 2021

dal Consigliere Paolo Fraulini.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Associazione Nuoto Club Vigevano avverso la decisione di primo grado che aveva solo parzialmente accolto l’impugnazione proposta avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) che contestava la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2005.

2. Ha rilevato il giudice di appello che, trattandosi di controversia di valore superiore ad Euro 2.582,28, era necessaria la difesa tecnica di un legale, che nella specie mancava, risultando l’impugnazione sottoscritta dal Dott. A.L., non avvocato, il cui ius postulandi era riferito a una “procura in atti”, che si identificava nella procura rilasciata a margine del ricorso di primo grado, interpretabile come estesa a tutto il giudizio e, quindi, anche alla fase di appello. Tanto determinava a giudizio del giudice di secondo grado, il difetto assoluto della procura alle liti in appello, con conseguente inammissibilità del gravame.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Associazione Nuoto Club Vigevano ha proposto ricorso affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

4. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso lamenta:

a. “I Motivo: preliminarmente sull’affermata assenza della procura alle liti per il grado di appello” e “Argomenti ex artt. 83 e 182 c.p.c.”, deducendo l’erroneità della sentenza per aver ritenuto inammissibile l’appello per inesistenza della procura alle liti, laddove era evidente che nella specie la parte aveva inteso conferire mandato per impugnare anche l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio e che l’eventuale difetto di assistenza tecnica legale doveva essere oggetto di sanatoria a opera della CTR, in difetto di chè dovevano ritenersi violati gli artt. 83 e 182, formulando all’uopo due distinti quesiti di diritto sottoposti all’attenzione della Corte.

b. “II Motivo. Merito – Violazione di legge” e “Merito – Legge fiscale”, deducendo l’erroneità della sentenza per non aver rilevato la nullità del processo verbale di accertamento redatto dopo il superamento dei limiti temporali previsti dalla L. n. 215 (recte: n. 212) del 2000, art. 12, e per non aver rilevato l’extra fiscalità delle associazioni sportive dilettantistiche, considerando invece tassabile ogni provento accertato nell’anno di imposta verificato.

c. “III Motivo – Onere della prova”, deducendo l’erroneità della sentenza per non aver correttamente addossato all’Agenzia delle Entrate l’onere della prova della sussistenza dei presupposti della pretesa impositiva, proponendo a questa Corte un quesito di diritto volto a conoscere se nel processo tributario possano ritenersi applicabili le disposizioni previste dal codice di procedura civile relative alle prove testimoniali che, per l’ipotesi di cassazione con rinvio, la censura formula in distinti capitoli con indicazione dei testimoni da escutere, sollevando anche questione di costituzionalità del divieto previsto ad opera del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.

2. L’Agenzia delle Entrate evidenzia nel controricorso che l’avversa impugnazione è diretta avverso una sentenza indicata con numero errato, e ne eccepisce comunque l’inammissibilità e l’infondatezza.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. L’impugnazione risulta proposta avverso la sentenza della CTR della Lombardia n. 128, pronunciata in data 24 giugno 2013 e depositata in data 1 ottobre 2013. In realtà, come riconosce la stessa Agenzia controricorrente, tale elemento non può condurre a incertezza sulla volontà di impugnare la diversa e coeva sentenza n. 127 della CTR della Lombardia, correttamente riferita all’anno di imposta 2005 oggetto del presente giudizio, posto che i riferimenti contenuti nel corpo del ricorso alla sentenza n. 127 del 2013 e alla sentenza di primo grado (CTP Pavia n. 252/01/12) inducono a ritenere chiaramente esplicitata la volontà della contribuente di impugnare innanzi a questa Corte la sentenza n. 127, dovendo relegarsi l’indicazione dell’epigrafe a un mero lapsus calami.

5. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (a partire da Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; Sez. 2, Sentenza n. 9647 del 02/05/2011; Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/08/2015; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020; Sez. U, Sentenza n. 2155 del 01/02/2021) secondo cui qua/ora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata.

6. Il primo motivo, contrariamente a quanto imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, omette di indicare a quali tra i diversi parametri previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, faccia riferimento. E’ opportuno ricordare che il giudizio di cassazione è un’impugnazione in senso stretto, ed è a critica vincolata, sicchè risulta proponibile solo nei limiti previsti dal citato art. 360 codice di rito, dovendo escludersi la possibilità di dedurre genericamente argomenti tendenti a un complessivo riesame della vicenda processuale (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019; id. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014). Ed è sulla parte ricorrente che, a norma del successivo art. 366 c.p.c., incombe l’onere di indicare a quale dei diversi parametri di impugnazione la censura si riferisca, con l’esplicitazione delle ragioni giuridiche dimostrative della fondatezza degli assunti. Nel caso di specie, tuttavia, a pagina 12 del ricorso si rinviene un riferimento all’error in procedendo in cui sarebbe incorso il giudice di appello per non aver applicato l’art. 182 c.p.c.. Il chè induce a ritenere che, nonostante la rilevata mancanza di indicazione specifica, la censura sia comunque sostanzialmente riferibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

7. In tali termini, il motivo è infondato. La procura alle liti, nel caso di specie, non poteva valere per il grado di appello, posto che il soggetto cui era stata conferita per il primo grado non è un avvocato e, quindi, non poteva avere ius postulandi per il grado di appello, ove la difesa tecnica è obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 12 e 18. L’art. 182 c.p.c., si applica senz’altro al processo tributario, come effetto della previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, come del resto affermato anche da questa Corte (Sez. 5, Ordinanza n. 17986 del 04/07/2019; id., Ordinanza n. 6799 del 11/03/2020); tuttavia, come questa Corte ha evidenziato (Sez. U, Sentenza n. 13431 del 13/06/2014; Sez. 2, Sentenza n. 8933 del 29/03/2019) il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purchè anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. Posto che nella specie è pacifico che alcuna valida procura sia stata rilasciata entro il termine di costituzione in appello della contribuente, si determina l’inammissibilità del relativo gravame.

8. La soccombenza regola le spese.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Associazione Nuoto Club Vigevano a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese della presente fase di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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