Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1824 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22166-2019 proposto da:

SA. UG. & C. SAS, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO

22, presso lo studio dell’avvocato ANGELO COLUCCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI FRANCHI;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI,

44, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MARIA VERRECCHIA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 128/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto dalla Sa. Ug. & C s.a.s., affidandolo a due motivi, ricorso avverso la sentenza n. 128/19, depositata in data 11 gennaio 2019, con la quale la Corte d’Appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto dalla odierna ricorrente avverso l’ordinanza ex art. 702 bis c.p. del 14 novembre del Tribunale di Parma, con cui è stata dichiarata la nullità del contratto quadro ex art. 23 TUF e dell’ordine di acquisto del 2 marzo 1998 di obbligazioni argentine per l’importo di Euro 764.261,11, ma sono state rigettate le domande restitutorie e risarcitorie svolte in ragione dell’intervenuta prescrizione;

– che, in particolare, per quanto di interesse, la Corte d’Appello ha ritenuto che, relativamente al termine di decorrenza della prescrizione per l’azione di risarcimento del danno, anche considerando come dies a quo la data del default dello Stato argentino, coincidente con il 23.12.2001, la Sa. Ug. & C. s.a.s. non aveva prodotto la documentazione necessaria a supportare la propria allegazione di aver interrotto la prescrizione decennale, non rientrando tra la documentazione prodotta nel grado di appello la domanda di mediazione che si asseriva essere stata depositata nel 2011, ma soltanto una copia dell’ordine di acquisto dei titoli e giurisprudenza su tematiche analoghe;

– che la Banca Nazionale del Lavoro spa si è costituita in giudizio con controricorso;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380 bis c.p.c.;

– che entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., sul rilievo che, decorrendo il termine di prescrizione previsto da tale norma dal momento in cui l’effetto lesivo della condotta altrui è oggettivamente percepibile, l’investitore ha avuto la consapevolezza di aver perso il capitale investito nell’acquisto dei bond argentini solo allorquando l’Argentina, in data 23.12.2001, ha dichiarato pubblicamente il proprio default;

2. che il motivo è inammissibile, non avendo la ricorrente colto la ratio decidendi;

che, infatti, il giudice di merito non ha tatto escluso che il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno ritYcl decorresse dalla data del default dello stato argentino, evidenziando che, anche considerando questa opzione, la prescrizione decennale era comunque irrimediabilmente maturata;

3. che con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2943 c.c., sul rilievo che, a differenza di quanto evidenziato nella sentenza impugnata, con l’appello era stato prodotto “il fascicolo di primo grado con gli atti e i documenti di cui all’indice” e detta produzione era stata vistata dalla cancelleria;

4. che il motivo è inammissibile;

che, posto che – come correttamente evidenziato dal giudice d’appello – è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello, se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame (vedi Cass. 1462/2013, vedi anche Cass. 28498/2005), nel caso di specie, emerge dalla ricostruzione della sentenza impugnata che la società ricorrente non ha riprodotto in appello tutti i documenti che aveva allegato al ricorso in primo grado, tra cui la domanda di mediazione (dal cui deposito sarebbe asseritamente emersa la prova dell’interruzione della prescrizione);

che tale accertamento in fatto è stata solo genericamente censurato, essendo stato apoditticamente prospettato che anche in appello sarebbero stati depositati i documenti già allegati al fascicolo di primo grado, ma che alla Corte sarebbe stato consegnato un altro fascicolo, circostanza che si evincerebbe anche dal fatto che la Sa. Ug. in corso un altro (imprecisato) appello; che, peraltro, si paventa un errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello, in relazione al quale avrebbe dovuto semmai proporsi l’azione di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c., la quale sarebbe stata preclusa solo ove il dibattito processuale avesse investito la questione della rituale presenza in atti del documento (Cass. 15043/2018; Cass. 12904/2007; Cass. 6556/1997);

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese delle spese di lite che liquida in Euro 7.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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