Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1824 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 27/01/2020), n.1824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24844-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del

procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GIROLAMO DA CARPI N. 6, presso lo studio dell’avvocato DEL

VECCHIO ELENA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIBERTO 61,

presso lo studio dell’avvocato PECORARO VALTER ARNALDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI TURSI PAOLO;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, V. CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO,

D’ALOISIO CARLA, MARITATO LELIO, DE ROSE EMANUELE, VITA SCIPLINO

ESTER ADA, MATANO GIUSEPPE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 506/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO

ROBERTO.

Fatto

RITENUTO

Che:

la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’appello proposto da Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza che, in sede di opposizione ad intimazione di pagamento, aveva dichiarato l’estinzione dei crediti dell’Inps e dell’Inail di cui alle cartelle notificate a C.P. per sopravvenuta prescrizione quinquennale.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate Riscossione con un motivo al quale C.P. si è opposto con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

RILEVATO

Che:

1. – con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c. e dell’art. 2946 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 122 del 1999, artt. 19 e 20 nella parte in cui la sentenza impugnata non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore.

2. – Il ricorso, col quale si mira a mettere in discussione il principio della durata quinquennale della prescrizione dei crediti previdenziali iscritti a ruolo per effetto della novazione oggettiva e soggettiva del credito, è infondato alla stregua dell’orientamento di questa Corte già affermato dalle SU n. 23397/2016 e ribadito anche di recente, tra le altre, da Cass. nn. 11335/2019 e 31352/2018.

3. – E’ stato invero osservato da questa Corte che il conferimento al concessionario della funzione di procedere alla riscossione dei crediti, nonchè la regolamentazione ex lege della procedura e la previsione di diritti e obblighi del concessionario stesso, non determina il mutamento della natura del credito previdenziale e assistenziale, che è assoggettato per legge ad una disciplina specifica. Nè tantomeno potrebbe determinarsi in tal modo una modifica del regime prescrizionale, che per i contributi sarebbe incompatibile con il principio di “ordine pubblico” dell’irrinunciabilità della prescrizione, valorizzato anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23397 del 17/11/2016, che ha affermato il principio richiamato dal giudice di merito ed alla quale occorre dare continuità (vedi sul punto anche Cass., Sez. lav., 15 ottobre 2014, n. 21830; Id. 24 marzo 2005, n. 6340; Id. 16 agosto 2001, n. 11140; Id. 5 ottobre 1998, n. 9865; Id. 6 dicembre 1995, n. 12538; Id. 19 gennaio 1968, n. 131). In assenza di un titolo giudiziale definitivo, che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito e produca la rideterminazione in dieci anni della durata del termine prescrizionale ex art. 2953 c.c., continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3 e non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione della regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. 4.

4. – Nè giova alla tesi della ricorrente il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore.

5. – Analogamente, la L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 197 -richiamato dalla ricorrente nella memoria depositata prima dell’adunanza- contempla un termine di prescrizione decennale che è relativo al “riaffido” da parte dell’ente creditore all’agente per la riscossione dei crediti – già oggetto di dichiarazione di “saldo e stralcio” ai sensi dello stesso art. 1, comma 184 e ss. – e rispetto ai quali siano sorte irregolarità o falsità. Tale termine di prescrizione che, si ripete, si riferisce ai rapporti interni tra ente creditore e agente della riscossione (“Nell’ipotesi di mancata tempestiva prodnione della doarmenta.zione a seguito della comunicazione di cui al comma 196, ovvero nei casi di irregolarità o omissioni costituenti falsitat, non si determinano gli effetti di cui al comma 184 e al comma 185 e l’ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 3, comma 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, procede, a seguito di segnalazione dell’agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a affidare in riscossione il debito residuo. Restano fermi gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate non si confonde con quello quinquennale valevole nei confronti del soggetto passivo del debito contributivo e di cui si discute invece nel processo.

6. Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’INPS in Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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