Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1824 del 24/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 07/12/2016, dep.24/01/2017), n. 1824
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24768-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88,
presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, rappresentata e
difesa dall’avvocato UGO CANIPESI giusta procura speciale in calce
al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2745/48/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della CAMPANIA, emessa il 18/12/2014 e depositata il
20/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
Fatto
IN FATTO
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di P.C. (che resiste Con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 2745/48/2015, depositata in data 20/03/2015, Con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF dovuta, a seguito di rettifica del valore di un terreno edificabile oggetto di compravendita nell’anno 2007, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, hanno sostenuto che “il corrispettivo sulla cui base calcolare l’imponibile ai fini IRPEF non si identifica con l’imponibile ai fini dell’imposta di registro”, ma che ciò non esclude che l’Amministrazione finanziaria possa in via induttiva procedere all’accertamento della maggiore plusvalenza in base all’accertamento effettuato per il registro, salva prova contraria offerta dalla contribuente; nella specie, la ricorrente era stata in grado di superare le presunzioni dell’Ufficio.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Diritto
IN DIRITTO
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., non avendo la C.T.R. spiegato le ragioni poste a fondamento dell’adottata decisione.
2. La censura è infondata.
La C.T.R., dopo avere aderito alla tesi dell’Ufficio in ordine alla utilizzabilità del valore del bene definito ai fini dell’imposta di Registro, ha ritenuto che, nella specie, la contribuente avesse comunque fornito valida prova contraria al fine di superare detta presunzione, attraverso la propria complessiva “ricostruzione” dei fatti.
La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. n. 16736/2007). Ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R., sia pure in maniera sintetica, ha ritenuto di non potere confermare, nella sua entità, il maggiore valore del terreno accertato dall’Ufficio, tenuto conto degli elementi di prova contraria offerti dalla contribuente.
Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione. I profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (cfr. Cass. 5315/2015).
Deve, peraltro, rilevarsi che, nelle more del giudizio, è intervenuto il D.Lgs. n. 147 del 2015, il quale all’art. 5, comma 3 prevede che il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, arrt. 58, 68, 85 e 86 e il D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5, 5 bis, 6 e 7 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. n. 347 del 1990.
La norma e da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso, atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da C. Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative (Cass. 7488/2016; Cass. 6135/2016). L’applicazione della normativa sopravvenuta farebbe in ogni caso cadere l’atto impositivo oggetto del presente giudizio, già annullato dalla C.T.R..
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Tenuto conto dello ius superveniens, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Dichiara intregralmente compensate tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017