Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18239 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18239 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 10701-2010 proposto da:
DERENCIN FLAVIO(DRNFLV44D26620C) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 6, presso lo studio dell’avvocato
MASSANO MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MANTOVANI ANDREA, CORNELIO ENRICO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

Data pubblicazione: 29/07/2013

12, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

di TRENTO del 3/11/2009, depositato il 02/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CAMPANILE;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Trento, con il decreto indicato in epigrafe, in
parziale accoglimento della domanda di equa riparazione avanzata da
Derencin Flavio, in proprio e quale erede di Nives Surian Derecin, in
relazione alla durata non ragionevole di una causa intrapresa in data 28
novembre 1992 nei confronti del Ministro del tesoro, per ottenere — ai
sensi della 1. n. 135/1985 – il ristoro di quanto perduto in Fiume dal
proprio dante causa Ferruccio Derencin e conclusasi in 15 dicembre
2008, determinata in anni otto la durata ragionevole del giudizio,
condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del
predetto, in proprio, della somma di € 7.833,33 (considerata una durata
non ragionevole di anni sette e dieci mesi), e, quale erede della Surian
(per un periodo, fino al decesso avvenuto il 20.3.2007, di sei anni e
quattro mesi), di € 6.333,33 con gli interessi legali dalla data della domanda.
Veniva rigettata la domanda nella parte relativa a voci di danno di natura patrimoniale, dedotte in relazione a una procedura esecutiva subito a causa della impossibilità (attribuita al ritardo del giudizio presupposto) di onorare un mutuo contratto dalla Surian, con ipoteca sulla
propria casa..
Per la cassazione di tale decreto il Derencin ha proposto ricorso, affidato a due motivi.
Con ordinanza in data 25 settembre 2012 questa Corte, constatata la
notificazione del ricorso alla sola Avvocatura Distrettuale, ne ha disposto la rinnovazione, all’esito della quale l’Amministrazione ha deposita-

Ric. 2010 n. 10701 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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avverso il decreto n. 318/2009 R.G. V.G. della CORTE D’APPELLO

to controricorso, ed ha proposto ricorso incidentale, affidato a un motivo.
Il Collegio ha disposto la forma semplificata nella redazione della sentenza.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della 1.
n. 89 del 2001, artt. 81 e 64 disp. att. c.p.c., nonché motivazione insufficiente ed illogica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5
c.p.c., sostenendosi che la Corte di appello avrebbe erroneamente, e in
maniera del tutto apodittica, determinato in anni otto la durata ragionevole del giudizio.
Invero la Corte territoriale, nell’indicare il periodo di durata ragionevole del primo grado in anni quattro, in relazione alla maggiore complessità determinata dalle consulenze richieste per la determinazione del
valore dei beni, e nel determinare pari durata per il grado di appello,
con riferimento sia alle esigenze peritali che all’emanazione di una sentenza non definitiva, si è discostata in maniera adeguata, fornendo
congrua motivazione, dai parametri normalmente utilizzati, ma tuttavia
derogabili in funzione della maggiore complessità del giudizio presupposto, per la verifica della violazione, in concreto, del principio della
ragionevole durata del giudizio.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 1223 c.c. e vizio motivazionale in relazione all’esclusione del danno patrimoniale.
In proposito si osserva che la sentenza impugnata si è correttamente
conformata all’orientamento in materia di risarcibilità del danno patrimoniale di questa Corte, secondo il quale legge n. 89 del 2001, nel ricollegare l’equa riparazione alla mera constatazione dell’avvenuto superamento del termine di ragionevole durata del processo, attribuisce alla
relativa obbligazione natura indennitaria, la quale esclude la necessità di
una verifica in ordine all’elemento soggettivo della violazione, non vertendosi in tema di obbligazione “ex delicto”, ma non comporta alcun
automatismo in favore del so ggetto che lamenti l’inosservanza dell’art.
6, par. 1, della CEDU, non configurandosi il pregiudizio patrimoniale
indennizzabile come “danno evento”, riconducibile al fatto in sé dell’irragionevole protrazione del processo. Pertanto incombe al ricorrente
l’onere di fornire la prova della lesione della propria sfera patrimoniale
prodottasi quale conseguenza diretta ed immediata della violazione,
sulla base di una normale sequenza causale, aggiungendosi che, in tanto
può essere riconosciuto in favore dell’istante il danno patrimoniale, in
quanto questo, oltre ad essere causalmente ricollegato al fatto costituiRic. 2010 n. 10701 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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Motivi della decisione

Rimanendo la questione confinata nell’ambito del maggior rigore probatorio che si richiede in relazione al danno patrimoniale, nel senso
che si richiede, come correttamente affermato dalla corte territoriale
con valutazione sorretta da congrua motivazione, la sussistenza di un
nesso causale immediato fra il ritardo nella definizione del giudizio e il
pregiudizio sofferto (Cass., 20 dicembre 2011, n. 27660; Cass. 27 settembre 2006, n. 21020; Cass, 28 settembre 2005, n. 18953), deve rilevarsi come superi il vaglio di legittimità la valutazione circa
l’insussistenza di detto nesso, diretto ed immediato, fra il ritardo nella
definizione del giudizio intrapreso dal ricorrente e dalla sua dante causa
e la perdita dell’abitazione, ovvero la vendita della stessa nell’ambito di
una procedura esecutiva anche – come si sostiene — a seguito di offerta
inferiore al suo valore iniziale. Trattasi, invero, di circostanza dipendente in via diretta e immediata dall’ inadempimento del mutuo, rispetto al quale l’indisponibilità economica derivante (anche) dal ritardo nella percezione del credito vantato nel giudizio presupposto funge da
mera condizione, svincolata da qualsiasi nesso di conseguenzialità necessaria con il dedotto pregiudizio.
Del pari infondato è l’unico motivo del ricorso incidentale, con il quale
l’Amministrazione deduce che la Corte territoriale, quanto al primo triennio, avrebbe adottato un criterio (€ 1.000,00 per anno), difforme da
quello normalmente utilizzato in casi analoghi (euro 750,00 per anno).
La Corte di appello, riconoscendo le somme sopra indicate, non si è
affatto discostata in maniera irragionevole dai parametri normalmente
adottati dalla Corte Europea in casi analoghi, bensì ha validamente esercitato la sua discrezionalità nella determinazione dell’indennizzo nel
sostanziale rispetto di quei parametri, fornendo al riguardo congrua
motivazione. La liquidazione del danno, proprio perché effettuata
nell’ambito dei limiti, anche di natura quantitativa, riservati a una valutazione di merito, si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità..
Non può omettersi di rilevare che, in relazione alla valutazione discrezionale propria del metodo equitativo, da applicarsi nella presente materia, è necessario — onde scongiurare l’ipotesi di una quantificazione
arbitraria – che il giudice di merito fornisca, come nella specie, indicazioni sui criteri che lo hanno guidato nel giudicare proporzionata una
certa misura del risarcimento; tale motivazione, per altro, può assumeRic. 2010 n. 10701 sez. M1 – ud. 19-03-2013
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to dalla abnorme durata del processo presupposto, non abbia avuto – o
non abbia potuto avere in quel processo uno specifico ristoro, anche
attraverso la rivalutazione delle somme oggetto del contendere, senza
che rilevi la asserita insufficienza del ristoro stesso (Cass., 16 marzo
2005, n. 5724; Cass. 5 settembre 20011, n. 18148).

P. Q .M.
Rigetta il ricorso principale e l’incidentale; dichiara interamente compensate le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, in data 19 marzo 2013.

re in un decreto anche caratteri di sommarietà, purché — come nel caso
in esame – si riescano ad individuare, almeno per grandi linee ed anche
dall’insieme delle indicazioni espresse nel provvedimento, i fondamentali elementi di giudizio sui quali la decisione è basata. ( Cass. n. 2037
del 2000; Cass., n. 8 del 2003).
In considerazione della reciproca soccombenza, vanno compensate le
spese processuali relative al presente giudizio di legittimità

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