Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18235 del 16/09/2016
Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18235
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25358/2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
A.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 100/2010 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA,
depositata il 07/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/07/2016 dal Presidente e Relatore Dott. AURELIO CAPPABIANCA;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.M. propose ricorso avverso avviso di accertamento – per Irpef, Iva ed Irap relative all’annualità 2002 – fondato sull’applicazione delle risultanze degli studi di settore.
L’adita commissione provinciale accolse il ricorso, in funzione di motivo (l’assoggettamento dell’attività esercitata a studio di settore, “SD35U”, diverso rispetto a quello, “SD4/U”, indicato in dichiarazione e nella comunicazione all’uopo prescritta) non ricompreso nel ricorso introduttivo, ma introdotto dal ricorrente solo con memoria illustrativa successivamente depositata.
In esito all’appello dell’Agenzia, la decisione fu confermata dalla Commissione regionale.
I giudici del gravame ritennero il motivo aggiunto, determinante secondo la decisione di primo grado, legittimamente introdotto, poichè inserito in memoria tempestivamente depositata prima dell’udienza e tale, quindi, da consentire all’Agenzia ogni opportuna controdeduzione.
Contro la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in tre motivi.
Il contribuente non ha depositato controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i tre motivi di ricorso, l’Agenzia censura la decisione impugnata – sotto il profilo della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, sotto quello dell’ultrapetizione ed, infine, quello del vizio di motivazione – per aver ritenuto ammissibilmente introdotta, al di fuori delle condizioni previste dal combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, doglianza articolata, non nel ricorso introduttivo, ma solo successivamente.
Il dedotto vizio di violazione di legge è fondato e va accolto.
Invero, secondo consolidato orientamento di questa Corte, il giudizio tributario in quanto caratterizzato in base alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, art. 19 e art. 24, comma 2, da un meccanismo d’instaurazione di tipo impugnatorio (circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati), ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo di primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti. Con la conseguenza che – al di fuori dell’ipotesi, che qui non risulta ricorrere, di motivo che si renda necessario aggiungere a causa del “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione” (cfr. il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2) – il mancato rilievo di un profilo d’illegittimità dell’atto di accertamento nel ricorso introduttivo rende l’atto medesimo definitivo, per quel profilo, sicchè la successiva deduzione del vizio, comportando l’esame di una nuova causa petendi, deve essere dichiarata inammissibile, anche in sede di giudizio di legittimità (in assenza di precedente declaratoria), restando irrilevante anche l’eventuale accettazione del contraddittorio sul merito, dato il rilievo di ordine pubblico del divieto di ius novorum (v. Cass. 25756/14, 22662/14, 15051/14, 19337/11, 13934/11, 28680/05, 12147/04, 9754/03).
Le ulteriori doglianze restano assorbite.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone l’accoglimento del ricorso. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.
PQM
La Corte: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016