Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18234 del 29/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18234 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 20687-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO,
ANTONELLA PATTER_I, SERGIO PREDEN, giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
CONSOLE FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO
MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI PAOLO, che lo
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Data pubblicazione: 29/07/2013

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rappresenta e difende unitamente all’avvocato VACIRCA SERGIO, giusta procura a

– controricorrente avverso la sentenza n. 5843/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 22.6.2010,
depositata il 20/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonella Patteri che si riporta ai motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato Sergio Vacirca che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO FUGGI che si
riporta alla relazione scritta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE

I Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione

ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
Cf.

1.

– Con sentenza depositata il 20.8.10 la Corte d’appello di Roma dichiarava il diritto di

Franco Console alla riliquidazione della pensione sulla base di un’anzianità contributiva pari a 35
anni e, per l’effetto, condannava l ‘INPS al pagamento delle relative differenze. Tale statuizione
riformava parzialmente la pronuncia emessa in prime cure dal Tribunale della stessa sede, che
aveva accolto la domanda solo nei limiti dell’intervenuta decadenza triennale.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art. 47 d.P.R. n. 639/70, nel testo risultante dalle successive modifiche, per avere la Corte
territoriale negato l’applicabilità del regime di decadenza in esso previsto alle domande di
riliquidazione di prestazioni previdenziali già riconosciute.
2.1. — Parte intimata resiste con controricorso.
3. — Il ricorso è infondato.
Si premetta che l’originario testo dell’art. 47 d.P.R. 30.4.70 n. 639 stabiliva quanto segue:
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi all’autorità

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margine del controricorso;

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INPS c. Console

giudiziaria, ai sensi degli artt. 459 e ss. cod. proc. civ.. L’azione giudiziaria può essere proposta
entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso

pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti
pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date di cui al
precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a carico dell’assicurazione
contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria”.
Tali termini erano stati ritenuti dalle S. U. di questa S. C. (Cass. S. U. 21.6.90 n. 6245) di
decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire finalizzata unicamente a delimitare
l’efficacia temporale della condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, rappresentata
dall’attivazione e dall’esaurimento del procedimento amministrativo.
Col successivo art. 6 d. 1. 29.3.91 n. 103, convertito con modificazioni in legge 1 0.6.91 n. 166,
ritenuto da Corte Cost. n. 246/92 di interpretazione autentica del cit. art. 47, venne poi stabilito:
“1 – I termini previsti dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, commi 2 e 3 sono posti a pena
di decadenza per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. la decadenza determina
l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della
relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini
decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 – Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano
ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Successivamente, con l’art. 4 d.l. 19.9.92 n. 384, i commi 2 e 3 del cit. art. 47 sono stati sostituiti
dai seguenti:
“Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria può essere
proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della
decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del
termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei
termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla
data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni

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pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la

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della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l’azione giudiziaria può essere proposta, a
pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”.

istaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla
medesima data”.
Infine, 1 ‘art. 38 co. 1, lett. d), del d. 1. 6.7.2011 n. 98, convertito in legge n. 111/2011, ha
aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: “Le decadenze previste dai commi
che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di
prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine
di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della
sorte”, precisando al quarto comma che “le disposizioni di cui al comma 1, lett c) e d) si
applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente
decreto”.
Tale essendo il quadro di riferimento normativo, da ultimo la giurisprudenza (cfr., ad es., Cass.
20.1.2010 n. 948 e 26.1.2010 n. 1580), sulla base di Cass. S.U. 29.5.09 n. 12720, che ribadisce le
tesi della precedente Cass. S. U. 18.7.96 n. 6491) era, per quanto qui interessa e fino alla citata
recente novella del 2011, nel senso dell ‘inapplicabilità della decadenza alle domande di
adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall’ente
previdenziale.
La cit. sentenza del 29.5.2009 n. 12720 aveva affermato che “La decadenza di cui al D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito,
con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in
cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già
riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto
previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne
abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non
sia quello della ordinaria prescrizione decennale”.
La questione era stata nuovamente rimessa dalla Sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria
18.1.2011 n. 1071, alle S. U., sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non appariva
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L’art. 4, u.c. ha poi stabilito che le disposizioni indicate “non si applicano ai procedimenti

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giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle finalità della norma, riguardante ogni
tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.

dell’udienza avanti a queste ultime, la citata novella di cui all ‘art. 38 comma 1, lett. d), d. 1.
6.7.2011 n. 98, è stata quindi disposta la restituzione degli atti alla Sezione lavoro, in
considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito di investire della questione
le S. U, alla luce della valutazione dell’eventuale incidenza delle norme di legge citate
sull’interpretazione dell’art. 47 vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il proposito del
legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente,
quale consolidatasi per effetto delle pronuncia delle S. U. del 2009, conferma indirettamente la
corrispondenza di quest ‘ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla
novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle 5. U. della Corte e l’indiretta conferma
della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore militano, in definitiva, per
I ‘inapplicabilità del cit. art. 47, prima delle integrazioni apportate dall’art. 38 d. i. n. 98/2011,
all’ipotesi di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute
e liquidate dall ‘ente previdenziale.
In tal senso si è da ultimo pronunciata questa S.C. (v. sentenze 8.5.12 n. 6959, 9.5.12 nn. 7083,
7084, 7085, 7086, 7087, 7088, 7089, 7090, 7095, 10.5.12 nn. 7123, 7124 ed altre ancora).
4. – Per tutto quanto sopra considerato, si
PROPONE

il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
Il – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili,
siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza
il presupposto dell’art. 375 n. 5 c.p.c. per la definizione camerale del processo.
III – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
IV – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P. Q. M.
La Corte
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Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle S. U. della Corte e la data

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INPS c. Console

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro
P0,- 6 &01′”dc .
50,00 per esborsi e in euro 2.000,00 per compensi professionaliia , 01\A”~:
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Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.5.13.

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