Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18233 del 29/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18233 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 20493-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587,
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO LUIGI, PATTERI
ANTONELLA, PREDEN SERGIO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
DEL DOTTO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI
281/283, presso lo studio dell’avvocato ROSSI GUIDO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIA MILIANTI giusta mandato in calce al controricorso;
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Data pubblicazione: 29/07/2013

R.G. n. 20493/11
Ud. 13.5.13
INPS c. Del Dotto

– controrkorrente –

3/03/2011, depositata il 09/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che aderisce alla
relazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I – II consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione

ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
Gt

1.

– Con sentenza del 10.7.08 il Tribunale di Lucca riconosceva in favore di Luigi Del Dotto

la riliquidazione del trattamento pensionistico in suo godimento mediante calcolo della
contribuzione figurativa utile a pensione riferita alla retribuzione del relativo periodo comprensiva
degli emolumenti extramensili, il tutto — però – nei limiti del triennio a ritroso dalla domanda
giudiziale, in forza della ravvisata decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. n. 639/70.
1.1. – Con sentenza depositata il 9.3.11 la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della
statuizione di prime cure, negava l’applicabilità nel caso di specie della predetta decadenza,
riconoscendo il diritto del pensionato nei limiti della prescrizione decennale a retroagire dalla
domanda amministrativa.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS con un solo motivo con cui si duole di
violazione e falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639/70, nel testo risultante dalle successive
modifiche, per avere la Corte territoriale negato l’applicabilità del regime di decadenza in esso
previsto alle domande di riliquidazione di prestazioni previdenziali già riconosciute.
2.1. – Resiste con controricorso il Del Dotto.
3. — Il ricorso è infondato.

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avverso la sentenza n. 342/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

R.G. n. 20493/11
Ud. 13.5.13
INPS c. Del Dotto

Si premetta che l’originario testo dell’art. 47 d.P.R. 30.4.70 n. 639 stabiliva quanto segue:
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi all’autorità

entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso
pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la
pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti
pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date di cui al
precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a carico dell’assicurazione
contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria”.
Tali termini erano stati ritenuti dalle SU. di questa S.C. (Cass. SU. 21.6.90 n. 6245) di
decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire finalizzata unicamente a delimitare
l’efficacia temporale della condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, rappresentata
dall’attivazione e dall’esaurimento del procedimento amministrativo.
Col successivo art. 6 d.l. 29.3.91 n. 103, convertito con modificazioni in legge 1°.6.91 n. 166,
ritenuto da Corte Cost. n. 246/92 di interpretazione autentica del cit. art. 47, venne poi stabilito:
“1 – I termini previsti dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, commi 2 e 3 sono posti a pena
di decadenza per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. la decadenza determina
l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della
relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini
decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 – Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano
ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Successivamente, con l’art. 4 d.l. 19.9.92 n. 384, i commi 2 e 3 del cit. art. 47 sono stati sostituiti
dai seguenti:
“Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria può essere
proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della
decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del
termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei
termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla
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giudiziaria, ai sensi degli artt. 459 e ss. cod. proc. civ.. L’azione giudiziaria può essere proposta

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data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni
della gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 24 l’azione giudiziaria può essere proposta, a

L’art. 4, u.c. ha poi stabilito che le disposizioni indicate “non si applicano ai procedimenti
istaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla
medesima data”.
Infine, l’art. 38 co. 1, lett. d), del d.l. 6.7.2011 n. 98, convertito in legge n. 111/2011, ha
aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: “Le decadenze previste dai commi
che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di
prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine
di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della
sorte”, precisando al quarto comma che “le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si
applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente
decreto”.
Tale essendo il quadro di riferimento normativo, da ultimo la giurisprudenza (cfr., ad es., Cass.
20.1.2010 n. 948 e 26.1.2010 n. 1580), sulla base di Cass. S.U. 29.5.09 n. 12720, che ribadisce le
tesi della precedente Cass. S.0 18.7.96 n. 6491) era, per quanto qui interessa e fino alla citata
recente novella del 2011, nel senso dell ‘inapplicabilità della decadenza alle domande di
adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall’ente
previdenziale.
La cit. sentenza del 29.5.2009 n. 12720 aveva affermato che “La decadenza di cui al D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito,
con modifìcazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in
cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già
riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto
previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne
abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non
sia quello della ordinaria prescrizione decennale “.

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pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma”.

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INPS c. Del Dotto

La questione era stata nuovamente rimessa dalla Sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria
18.1.2011 n. 1071, alle S. U, sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non appariva

tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle S. U. della Corte e la data
dell’udienza avanti a queste ultime, la citata novella di cui all’art. 38 comma 1, lett. d), d. 1.
6.7.2011 n. 98, è stata quindi disposta la restituzione degli atti alla Sezione lavoro, in
considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito di investire della questione
le S. U., alla luce della valutazione dell’eventuale incidenza delle norme di legge citate
sull’interpretazione dell ‘art. 47 vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il proposito del
legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente,
quale consolidatasi per effetto delle pronuncia delle S. U. del 2009, conferma indirettamente la
corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla
novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle S. U. della Corte e l’indiretta conferma
della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore militano, in definitiva, per
l ‘inapplicabilità del cit. art. 47, prima delle integrazioni apportate dall’art. 38 d. 1. n. 98/2011,
all’ipotesi di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute
e liquidate dall ‘ente previdenziale.
In tal senso si è da ultimo pronunciata questa S.C. (v. sentenze 8.5.12 n. 6959, 9.5.12 nn. 7083,
7084, 7085, 7086, 7087, 7088, 7089, 7090, 7095, 10.5.12 nn. 7123, 7124 ed altre ancora).
4. – Per tutto quanto sopra considerato, si
PROPONE
il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
11 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili,
siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza
il presupposto dell’art. 375 n. 5 c.p.c. per la definizione camerale del processo.
III – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
IV – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
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giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle finalità della norma, riguardante ogni

R.G. n. 20493/11
Ud. 13.5.13
INPS c. Del Dotto

P. Q. M.

La Corte

50,00 per esborsi e in euro 2.000,00 per compensi professionali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.5.13.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro

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