Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18233 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26746/2011 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESARE FEDERICO GLENDI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 95/2010 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 17/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/07/2016 dal Consigliere Dott. MARCO MARULLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato COGLITORE per delega dell’Avvocato

MANZI che ha chiesto raccoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso notificato il 2.11.2011, C.L., a suo tempo esercente l’attività di panificatore, ha impugnato la sentenza con la quale la CTR Liguria ne aveva respinto l’appello avverso la decisione che in primo grado, accogliendone parzialmente il ricorso, aveva rideterminato il reddito di impresa imputatogli a mezzo di un pregresso avviso di accertamento.

La CTR, dopo aver estesamente esaminato la problematica legata agli studi di settore, ha ritenuto “corretta la decisione dei giudici di prime cure che hanno disposto l’annullamento degli avvisi di accertamento, rilevato che nella fattispecie il contribuente nell’anno esercitava attività di panetteria in due esercizi commerciali… ed uno dei due negozi era stato appena avviato”.

Il ricorso si vale di tre motivi ai quali replica l’erario con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’impugnante si duole ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e degli artt. 132 e 156 c.p.c., poichè, richiamato lo scopo della sentenza, nella specie “dal tenore della motivazione sembrerebbe che i giudici d’appello avessero deciso di dare piena ragione al contribuente”, in tal modo mostrando di ritenere corretta una decisione di annullamento dell’atto impugnato, mentre nella parte dispositiva “risulta formalmente disposta la reiezione degli appelli e la conferma della decisione di primo grado”, sicchè “appare oggettivamente arduo, se non impossibile, individuare l’esatta portata del comando giudiziale reso dalla sentenza impugnata”.

2.2. Il motivo è fondato ed, importando la cassazione dell’impugnata sentenza, assorbe conseguentemente gli altri motivi di ricorso.

2.3. Essendo funzione della sentenza quella di dare applicazione al caso concreto del comando giuridico racchiuso nella norma astratta mediante una coerente formulazione del dispositivo che quel comando concretamente enuncia rispetto alle ragioni della decisione esposte nella motivazione, è notoriamente “viziata da nullità la sentenza il cui dispositivo non contenga una precisa determinazione del diritto che riconosce o del bene che tende a far conseguire, così da lasciare assoluta incertezza sul contenuto e sulla portata della decisione e, quindi, sul concreto comando giudiziale” (16448/09). In particolare – e ciò con specifico riferimento al caso di specie ove si denuncia la discordanza tra motivazione e dispositivo – si afferma che il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determini “la nullità della sentenza, solo quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto” (26077/15).

2.4. Ora, nella specie, denunciato errore è inconfutabile dal momento che, pur disquisendo inutilmente della legittimità degli atti accertativi che si fondano sugli studi di settore, ancorchè nè dalla sentenza nè dal ricorso nè dal controricorso sia dato evincere la pertinenza del richiamo a quella tematica, la CTR, nella lunga motivazione che accompagna la decisione, non cela affatto di dubitare dell’incontrovertibilità degli accertamenti che traggono fonte da estrapolazioni statistiche, a più riprese sottolineando che “nel caso degli studi di settore (il) rapporto con la realtà è tutto da dimostrare”, che “gli studi di settore… andrebbero integrati con tutti gli altri elementi a disposizione dell’ufficio”, che “gli indici provenienti da dati anelastici potrebbero essere non significativi”, ecc. e quindi sviluppando un apparato argomentantivo in questa direzione che, non trovando alcuna replica in affermazioni di segno contrario, porta motivatamente a credere che ella abbia voluto orientaare l’asse del proprio ragionamento in senso favorevole all’impugnante. Sicchè il fatto che in chiosa di questo ragionamento si giudichi invece corretta “la decisione dei giudici di prime cure” che avevano parzialmente accolto il ricorso della parte e si respinga l’appello di questa senz’altra ragione che quella afferente alla circostanza che il contribuente nell’anno di verifica “esercitava attività di panetteria in due esercizi commerciali… ed uno dei due negozi era stato appena avviato” rende evidente il punto di rottura dell’equilibrio tra motivazione e dispositivo su cui si deve reggere la decisione per assolvere la funzione assegnatale dall’ordinamento processuale, perchè la frattura che nello svolgimento del discorso decisionale si realizza qui tra la prima, intesa a dare prevalente risalto alle criticità connesse agli studi di settore e il secondo, che viceversa legittima l’attività nella specie esperita dal fisco, compromette irrimediabilmente la comprensibilità del comando giudiziale impartito nella specie e rende la sentenza totalmente inidonea a dare concreta attuazione al diritto obiettivo.

3. La sentenza va dunque necessariamente cassata e la causa va rimessa al giudice a quo per il doveroso riesame ex art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

accoglie il primo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla CTR Liguria che in altra composizione provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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