Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18232 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. I, 05/09/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 05/09/2011), n.18232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.C., elettivamente domicilialo in Roma, via Valadier

43, presso l’avv. Romano Giovanni, che lo rappresenta e difende per

procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore;

– intimati –

avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 7 maggio

2008, nel procedimento n. 745/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 2 marzo 20 1 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato;

LA CORTE:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. la seguente relazione comunicala al Pubblico Ministero e notificata al difensore del ricorrente:

IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati:

RITENUTO CHE:

1. S.C. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 7 maggio 2008, con il quale la Corte di appello di Napoli ha rigettato il ricorso dal medesimo proposto per la violazione del termine ragionevole di durata di una causa in materia di pubblico impiego, dal medesimo proposto con ricorso depositato davanti al Tar Campania il 5 marzo 1991 e non ancora definito:

1.1. la Presidenza ed il Ministero intimati non hanno svolto difese;

OSSERVA:

2. La Corte d’appello ha rigettato il ricorso, non avendo il ricorrente assunto alcuna iniziativa per ottenere la definizione del procedimento, nè proposto nuova istanza di fissazione dell’udienza, con la conseguenza che il ricorso davanti al giudice amministrativo era stato dichiarato perento, con un comportamento processuale che costituiva chiaro elemento sintomatico in ordine alla mancanza di plausibili attese circa la fondatezza della pretesa esperita, dell’originaria consapevolezza dell’insuccesso dell’iniziativa assunta e dell’insussistenza nella specie di uno stato di disagio;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, in quanto pronunciato all’esito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza 807/07 del 16 gennaio 2007 e in l’orza di un evento (la perenzione del giudizio amministrativo), dichiarata con provvedimento del Tar Campania del 10 gennaio 2008, successivo al ricorso per riassunzione del giudizio di cassazione del 20 marzo 2007, in violazione dei principi che governano il giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c.. che limita il potere delle parti e cristallizza il tema decidendum alle richieste e conclusioni rassegnate nel giudizio in cui è stata pronunciala la sentenza cassata.

3.1. il ricorso appare inammissibile, in quanto non attinente al decisimi del provvedimento impugnato; infatti la Corte di merito, in sede di giudizio di rinvio, non ha deciso sul presupposto che il giudizio amministrativo era perento con provvedimento successivo al ricorso per riassunzione, ma, procedendo ad una nuova valutazione degli clementi processuali preesistenti al giudizio di rinvio – come si desume dal fatto che, secondo quanto risulta dalla sentenza di questa Corte n. 807/07, il precedente decreto di rigetto della Corte d’appello di Napoli era stato pronunciato sul presupposto che non era stato violalo il termine ragionevole di durata del processo presupposto, termine ritenuto decorrente dalla data di presentazione dell’istanza di prelievo – ha ritenuto che la mancanza di iniziative del ricorrente per la definizione del procedimento e la mancata presentazione da parte sua di istanza di fissazione dell’udienza costituissero sintomo dell’insussistenza di plausibili attese circa la verosimile fondatezza della pretesa esperita, dovendosi di conseguenza ritenere che egli fosse originariamente ben conscio dell’insuccesso dell’iniziativa assunta e che, difettando la condizione d’incertezza, non ricorresse il presupposto essenziale per la configurabililà dello stato di disagio: tale ratio decidendi non è stata censurata dal ricorrente, che si è limitalo a contestare il rilievo che sarebbe stato attribuito dalla Corte di appello alla dichiarazione di perenzione del giudizio amministrativo;

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”; B) osservato che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione di cui sopra, non inficiate dalle argomentazioni difensive svolte dal S. in detta memoria, che, nulla obiettando in ordine a quanto rilevato nella relazione in atti circa la mancanza di censure sulla ratio decidendi del decreto impugnato, non forniscono elementi di giudizio che inducano a differenti conclusioni;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e nulla deve disporsi in ordine alle spese processuali, non avendo gli intimati svolto difese.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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