Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18232 del 02/09/2020

Cassazione civile sez. I, 02/09/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 02/09/2020), n.18232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 22568/2015 proposto da:

DEUTSCHE BANK spa, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Circonvallazione Trionfale n. 34, presso lo studio dell’avvocato

Stefano De Luca Musella, rappresentata e difesa dall’avvocato

Gianfranco Cadeddu, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F. E G.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 131/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 13/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 131/2015, depositata in data 13/2/2015, – in controversia promossa, nel febbraio 1998, da P.F., nei confronti della Deutsche Bank spa, per sentire condannare la convenuta alla restituzione dell’importo di Lire 95.000.000, dal medesimo P. consegnato, in data (OMISSIS), presso la filiale di (OMISSIS) della banca, al cassiere, all’epoca, della banca, filiale di (OMISSIS), G.C., parte in assegni (quanto a Lire 70.000.000) e parte in contanti (quanto a Lire 25.000.000), per essere investito nell’acquisto di titoli denominati “CTT”, con scadenza annuale all’8/2/1996, ed al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti, con chiamata in causa, da parte della convenuta, del terzo di G.C., che rimaneva contumace, – ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, che aveva, all’esito di istruttoria orale, accolto le domande attoree, condannando la Deutsche Bank a pagare al P. l’importo di Euro 49.063,41, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, ed aveva altresì accolto la domanda di regresso della banca nei confronti del terzo G.;

– in particolare, i giudici d’appello, respingendo il gravame principale della banca ed accogliendo quello incidentale del P. in punto di mancata rivalutazione monetaria della somma liquidata, trattandosi nella specie “di un’obbligazione di valore”, hanno condannato la Deutsche Bank al pagamento al P., sull’importo liquidato in primo grado, di Euro 49.063, 41, oltre interessi legali dal 10/2/2006 a saldo;

– ad avviso della Corte territoriale, elementi circa la veridicità dell’assunto del P. e la responsabilità della banca potevano trarsi dalla denuncia-querela dal medesimo presentata alla Polizia giudiziaria, nel gennaio 1996, “allegata alla citazione introduttiva”, dalla quale emergeva che l’investimento contestato era stato eseguito con provvista costituita da Lire 60.000.000, attraverso “rinnovo” di un pregresso investimento per tale somma, del 1993, che aveva prodotto un utile di Lire 6.000.000, alla data dell’8/2/1995, e con l’aggiunta di Lire 28.000.000, prelevati dal P., a mezzo assegno circolare bancario, non contestato, da un libretto di risparmio iscritto presso lo stesso istituto (missiva sulla quale non emergeva “commento alcuno da parte della Banca” seppure era evidente “la corrispondenza della somma investita con quanto in numerarlo risultante ai suoi richiamati atti”), e dalla corrispondenza intercorsa tra il primo difensore del P. e l’Ufficio legale della banca (una raccomandata del 30/9/1997 e la risposta della banca dell’11/12/1997, dalla quale era confermato quanto esposto nella denuncia penale, in ordine alla negoziazione “del circolare del Banco di Napoli di Lire 20.000.000 e di quattro ulteriori assegni di Lire 54.000.000”, senza specificazione delle date, ed in ordine all’effettuazione di quattro prelievi di “dubbia provenienza per globali Euro 46.000.000”, “ovviamente non riferibili all’ignaro cliente e verosimilmente operati ad esito di pregressi depositi del P. o di scadenza di precedenti titoli”, per effetto dell’intervento di un “soggetto interno della banca, cognito della provvista”), cosicchè la denunciata falsità (tanto che la banca aveva presentato in primo grado querela di falso, ritenuta inammissibile dal giudice istruttore) della ricevuta bancaria datata 10/2/1996, prodotta dal P., comprovante l’investimento finanziario, risultava smentita sia dal “deposto testimoniale” sia dall’assoluto “vuoto probatorio sulla inesistenza di provviste in numerarlo depositate in Istituto a qualsiasi titolo”, non essendo state prodotti dalla banca estratti relativi alle movimentazioni del P. “della prima decade del febbraio 2006”, non essendo consentito alla Corte “prendere contezza documentale delle operazioni di prelievo di dubbia provenienza” e non rilevando, in relazione a detta ricevuta bancaria, il doppio carattere grafico, “essendo costitutivi della responsabilità ex art. 2049 c.c. la utilizzazione da parte di un dipendente di documentazione datorialmente intestata, a duplice sottoscrizione del cassiere, che ha preferito disertare il giudizio ed il mancato, costante controllo del regolare svolgimento de servizio espletato, indentificantesi nel maneggio pecuniario”;

– avverso la suddetta pronuncia, la Deutsche Bank spa propone ricorso per cassazione notificato il 14/9/2015 (atto notificato a mezzo U.G. al P., il 14/9/2015, presso il difensore domiciliatario, ed al G., eseguita a mezzo posta, con atto spedito in data 14/9/2015), affidato a cinque motivi, nei confronti di P.F. e di G.C. (che non svolgono difese);

– la ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 115, 116 e 101 c.p.c., art. 345 c.p.c., comma 3, art. 347,166 e 167 c.p.c. e art. 163 c.p.c., comma 2, n. 5 e art. 111 Cost., per apparenza della motivazione, avendo la Corte d’appello basato la ricostruzione fattuale della vicenda su di una denuncia-querela dello stesso P., a carico del G., atto peraltro di formazione unilaterale e quindi privo di rilievo probatorio, documento questo mai neppure allegato e ritualmente prodotto in atti del processo; 2) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., sempre per inconsistenza assoluta della motivazione, emergendo dalla stessa lettera dell’11/12/1997, dell’Ufficio legale della banca, richiamata in motivazione nella sentenza impugnata, che, dalla documentazione relativa alle movimentazioni in conto corrente del P., risultava soltanto la negoziazione di assegni circolari per le somme di Lire 20.000.000 e di Lire 54.000.000, importi incassati al medesimo e non trasferiti in un monte titoli, e non la ricognizione da parte della banca di quanto affermato dal P.; 3) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., nonchè dell’art. 111 Cost., in relazione alla mancata ammissione della querela di falso, reiterata in appello ed alla considerazione su piano probatorio ed in danno della banca del documento impugnato di falso, rilevandosi che, in primo grado, la querela di falso avverso la ricevuta bancaria datata 10/2/1996, prodotta dal P., non era stata ammessa, in quanto, ad avviso del giudice istruttore, non si trattava di una scrittura privata riconosciuta, ex art. 214 c.p.c., proveniente da un soggetto investito della capacità di manifestare la volontà dell’ente, quanto di un semplice elemento di fatto integrativo, ma il Tribunale aveva, nella decisione di primo grado, affermato che il documento (un’attestazione redatta su stampato originale della banca e debitamente sottoscritta) dimostrava comunque l’avvenuta effettuazione dell’operazione di acquisto in strumenti finanziari e non appariva, ad una persona dotata di media diligenza, falsificato e la Corte d’appello, con espressioni peraltro del tutto incomprensibili sotto il profilo motivazionale, aveva ignorato l’insistenza della banca nella querela di falso e posto a base della decisione la suddetta ricevuta bancaria, malgrado essa fosse stata impugnata di falso (in quanto non recante alcuna esatta indicazione del beneficiario, del conto corrente, del numero di assegni versati e del totale dell’ipotizzata operazione); 4) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’art. 2049 c.c., in relazione all’affermata responsabilità della banca per fatto di un dipendente, pur in difetto di prova del versamento della provvista della somma di Lire 95.000.000 ai fini dell’investimento, da un lato, stante la contestazione sulla falsità della ricevuta bancaria e, dall’altro lato, non essendo mai stati neppure specificamente indicati gli assegni nè essendo stata data prova della dazione in denaro; 5) con il quinto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 345 e 115 c.p.c. nonchè degli artt. 1224 e 1277 c.c., in relazione all’accoglimento del gravame incidentale, con il quale si chiedeva il riconoscimento della svalutazione monetaria, pur essendone stata eccepita l’inammissibilità, contenendo una domanda nuova.

Diritto

RITENUTO

che:

– preliminarmente, non vi è prova del perfezionamento della notifica del ricorso per cassazione all’intimato G., coobbligato solidale;

– ora, in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento, va ordinata l’integrazione del contraddittorio (Cass. S.U. 14124/2010; Cass. 20501/2015: “Nel caso di cause inscindibili, qualora la notificazione dell’impugnazione, proposta nei confronti di tutti i destinatari correttamente individuati ed identificati, risulti inefficace, omessa od inesistente nei confronti di taluno di costoro (ovvero non ne venga dimostrato il perfezionamento), si applica l’art. 331 c.p.c., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio di cui all’art. 111 Cost., che prevale rispetto al principio della ragionevole durata del processo sancito dal medesimo articolo, sicchè il giudice non può dichiarare inammissibile l’impugnazione ma deve ordinare l’integrazione del contraddittorio”.

PQM

La Corte ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo intimato G.C., dando termine di gg. sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza (in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta effettuata con atto spedito il 14/09/2015) per la rinnovazione della notifica del ricorso alla suddetta parte.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2020

 

 

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