Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18231 del 11/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18231 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 6438-2017 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA “OSPEDALI RIUNITI VILLA SOFIA
– CERVELLO” P.I.05841780827, in persona del direttore Generale
pro tempore, elettivamente domiciliata in RONIA, VIA
GARIGLIANO n.11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
\1AIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI
LIGUORI;

– ricorrente contro
CIMINO AMALIA, CIMINO ANTONINO, CIMINO MARIA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO
CONFALONIERI n.5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
MANZI, rappresentati e difesi unitamente e disgiuntamente dagli
avvocati CLAUDIO CARAPEZZA, e GIUSEPPE MAZZARELLA;

Data pubblicazione: 11/07/2018

- controricorrenti contro
MARTORANA VITO, PUSATERI ANTONIO, GROUPAMA
ASSICURAZIONI S.P.A.;

intimati

avverso la sentenza n. 2337/2016 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 22/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 11/04/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI.

Ric. 2017 n. 06438 sez. M3 – ud. 11-04-2018
-2-

Rilevato che:
Carmela Inga convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo
l’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello” con sede
in Palermo, Antonio Pusateri e Vito Martorana chiedendo il
risarcimento del danno relativo agli esiti di un intervento conseguente

in garanzia Nuova Tirrena Assicurazioni s.p.a.. Il Tribunale adito
accolse la domanda condannando i convenuti in solido al pagamento
della somma di Euro 213.500,00. Avverso detta sentenza proposero
appello la struttura sanitaria ed incidentale Groupama Assicurazioni
s.p.a., Antonio Pusateri, nonché, essendo nel frattempo deceduta
Carmela Inga, Amalia Cimino, Maria Cimino e Antonino Cimino. Con
sentenza di data 22 dicembre 2016 la Corte d’appello di Palermo
elevò ad Euro 376.631,00 la somma a cui la struttura sanitaria ed i
medici erano stati condannati, confermando per il resto la sentenza
impugnata.
Osservò la corte territoriale che non era stato provato che
l’insuccesso dell’intervento chirurgico fosse

.i dipeso da causa non

imputabile ai medici, in quanto come rilevato dai consulenti tecnici la
comparsa di extrasistole ventricolare nel corso dell’intervento non
poteva averne condizionato l’esito data la cronologia degli
avvenimenti, e che quanto alla liquidazione del danno, dovendo farsi
riferimento alle tabelle di Milano, con l’incremento del 10% in
relazione alla personalizzazione derivante dalle sofferenze patite dalla
danneggiata in conseguenza del disassemblannento del chiodo gamma
e della sottoposizione ad un secondo intervento chirurgico, l’importo
riconosciuto doveva essere elevato, considerate ai fini del danno non
patrimoniale la percentuale di invalidità e l’età della danneggiata alla
data del fatto (75 anni).
Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Ospedaliera
“Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello” sulla base di tre motivi e

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a “frattura femore destro sotto trocanterica”. I convenuti chiamarono

resistono con unico controricorso Amalia Cimino, Maria Cimino e
Antonino Cimino. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’improcedibilità
del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono
seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:

dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. e violazione degli artt.
2056 e 2059 cod. civ.. Osserva la ricorrente che il giudice di appello
ha omesso l’esame del fatto storico, idoneo ad interrompere il nesso
di causalità, rappresentato dal comportamento della paziente che si è
rivolta ad altri sanitari e ad altro presidio sanitario, presso il quale si è
fatta sottoporre ad un altro intervento chirurgico, e nell’avere fatto
trascorrere un notevole lasso di tempo prima di sottoporsi a nuovo
controllo da parte del sanitario incolpato.
Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione degli artt.
1226 e 2059 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ.. Osserva la ricorrente che gli appellanti non hanno chiesto
l’applicazione delle tabelle di Milano, né hanno versato in atti le
tabelle medesime, anche a mezzo della loro riproduzione negli scritti
difensivi.
Con il terzo motivo si denuncia falsa applicazione dell’art. 2059
cod. civ. Osserva la ricorrente che, essendo deceduta l’originaria
attrice per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in
conseguenza dell’illecito, l’ammontare del danno spettante agli eredi
va parametrato alla durata effettiva della vita e non a quella
probabile e che, con riferimento alla personalizzazione, la situazione
presa in considerazione non si caratterizza per la presenza di
circostanze di cui il parametro tabellare non abbia tenuto conto
essendo onnicomprensivo.
Il ricorso è improcedibile. Il ricorrente ha affermato che la
sentenza impugnata è stata notificata in data 31 gennaio 2017, ma

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con il primo motivo si denuncia omesso esame di un fatto ai sensi

ha omesso di depositare unitamente al ricorso copia autentica della
relazione di notificazione della sentenza avvenuta in forma
telematica, secondo quanto prescritto a pena di improcedibilità
dall’art. 369 cod. proc. civ..
Ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità,

ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato
notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria
della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di
conformità ai sensi della Legge n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e
1-ter del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché
della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al
messaggio (Cass. 22 dicembre 2017, n. 30765 la quale con specifica
valenza nomofilattica ha confermato l’indirizzo consolidatosi sulla scia
di

Cass.

14/07/2017,

n.

17450;

si

vedano

in

particolare

Cass.

10/10/2017,

n.

23668;

Cass.

16/10/2017,

n.

24292;

Cass.

16/10/2017,

n.

24347;

Cass.

17/10/2017,

n.

24422;

Cass.

26/10/2017,

n.

25429;

Cass.

09/11/2017,

n.

26520;

Cass.

09/11/2017,

n.

26606;

Cass.

09/11/2017,

n.

26612;

Cass.

09/11/2017, n. 26613). Come affermato in particolare da Cass. 22
dicembre 2017, n. 30765, «qualora, trascorsi venti giorni dalla
notificazione del ricorso per cassazione non siano state depositate le
copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla
attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le
stesse, con attestazione di conformità, non siano state depositate dal
controricorrente o non siano comunque agli atti, il ricorso è
improcedibile».
Il ricorrente non ha assolto l’onere di attestazione di conformità
della relazione di notificazione (vi è attestazione di conformità della
sola sentenza), né risulta altrimenti il deposito della documentazione
in discorso con relativa attestazione di conformità da parte de ì- V

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dall’ art. 369, cod. proc. civ., comma 2, n. 2, il difensore che propone

controricorrent€L. Non può darsi rilievo all’attestazione di cui si fa
menzione nella memoria depositata in quanto depositata
successivamente al termine prescritto per il deposito del ricorso (la
stessa attestazione reca la data del 3 marzo 2018). Non rileva
l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio in quanto

non è

debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che
non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento
successivo alla definizione del giudizio (Cass. 15 settembre 2017, n.
21386).
Peraltro la sentenza è stata depositata in data 22 dicembre 2016
ed il ricorso è stato notificato in data 2 marzo 2017, oltre il termine di
sessanta giorni dal deposito della sentenza. Non può pertanto
attingersi a quella giurisprudenza secondo cui pur in difetto di
produzione della relata di notificazione della sentenza impugnata, il
ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove
risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato
del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della
sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della
sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso
(emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura
comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire
al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del
ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui
all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. (Cass. 10 luglio 2013, n.
17066).
Con la memoria si deduce che l’attestazione di conformità sarebbe
in realtà stata depositata. L’attestazione di conformità, recante la
data del 3 marzo 2017, attiene alla copia della sentenza impugnata,
ma non alla relazione di notificazione della sentenza.

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previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio

E’ appena il caso di aggiungere che si palesano ragioni di
inammissibilità dei singoli motivi. Circa il primo motivo, non sono
state illustrate le ragioni di decisività del fatto che sarebbe stato
omesso e cioè il perché l’essersi la Inga rivolta ad altri sanitari anche
per il nuovo intervento avrebbe interrotto il nesso di causalità. Sul

risulta indicato in modo specifico il contenuto dell’appello incidentale
in modo da desumerne la mancata istanza di applicazione delle
tabelle. Sul terzo motivo andrebbe rilevato il difetto di specificità
perché la ricorrente non ha indicato in modo specifico se, considerata
l’età di 75 anni all’epoca del fatto, il danno sarebbe stato liquidato in
modo inferiore considerando la durata effettiva della vita e non quella
media (non può sfuggire peraltro che il giudice di appello ha
considerato ai fini della personalizzazione la necessità del secondo
intervento).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento,
da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara l’improcedibilità del ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi
liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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secondo motivo, in violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. non

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso

Così deciso in Roma il giorno 11 aprile 2018
Il Presidente
f e Frasca

articolo 13.

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