Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18228 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 08/07/2016, dep. 16/09/2016), n.18228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22150/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.R.G.V., rappresentato e difeso dall’Avv. Raffaele

Affuso del Foro di Napoli, come da procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 962/5/2014, depositata il

03/02/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8

luglio 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Alessandro Maddalo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 3/4/2012 la C.T.P. di Salerno, in accoglimento dei ricorsi riuniti proposti da D.R.G.V. avverso il silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso delle ritenute IRPEF operate dal sostituto d’imposta Banco San Paolo IMI S.p.a. sulle prestazioni pensionistiche erogate per gli anni d’imposta dal 2002 al 2006, dichiarava dovuto il rimborso degli importi trattenuti in eccedenza rispetto a quanto effettivamente dovuto secondo il regime di tassazione separata e in applicazione delle agevolazioni previste dall’art. 19, comma 4-bis, T.U.I.R..

Disattesa la preliminare eccezione di decadenza opposta dall’ufficio, rilevavano nel merito i primi giudici che “gli assegni straordinari di sostegno al reddito, corrisposti in forma rateale ai lavoratori delle aziende creditizie coinvolti in processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, hanno natura omogenea alle erogazioni corrisposte una tantum quale incentivo all’esodo in aggiunta al trattamento di fine rapporto e pertanto sono soggetti a tassazione separata ex art. 17 T.U.I.R., con l’ulteriore agevolazione di cui al comma 4-bis (dell’art. 19, n.d.r.), per i lavoratori maschi ultracinquantenni (come nel caso in esame)…”.

2. Avverso tale decisione l’Ufficio proponeva appello iterando l’eccezione di decadenza delle istanze di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 e lamentando nel merito che la C.T.P. non si era avveduta che “il riconoscimento del diritto al rimborso non poteva che corrispondere alla differenza tra l’IRPEF trattenuta con la tassazione ordinaria e l’IRPEF determinata con le aliquote proprie della tassazione sparata”.

Con la sentenza in epigrafe indicata, la C.T.R. respingeva il gravame, rilevando, da un lato, che il termine decadenziale deve farsi decorrere dalla ordinanza della Corte di giustizia C.E. del 16/1/2008 con cui è stato definitivamente affermato il diritto dei soggetti di sesso maschile a ottenere la tassazione delle somme ricevute a titolo di incentivo all’esodo alle medesime condizioni riconosciute per le donne, con la conseguenza che nel caso di specie tale termine non può considerarsi decorso essendo stata proposta l’istanza di rimborso in data 12/6/2008; dall’altro, che trattasi di rimborso di ritenute di acconto Irpef e non di rimborso di versamenti diretti.

3. Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con unico mezzo.

Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto la tempestività della istanza di rimborso, sebbene la stessa fosse stata presentata – per le ritenute operate negli anni dal 2002 al 2005 – oltre il termine di decadenza di quarantotto mesi da tale norma prescritto, e ciò in ragione di una erronea ricostruzione degli effetti della sentenza della Corte di giustizia europea su rapporti giuridici ormai esauriti. Sostiene infatti la ricorrente che erroneamente la C.T.R. ha ritenuto tempestiva la richiesta di rimborso, considerando che il dies a quo del termine di decadenza dovesse essere quello della pronuncia della Corte di Giustizia e non, invece, quello in cui la ritenuta è stata operata, come testualmente dispone il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

Rileva inoltre che “per l’anno 2006 potrà essere riconosciuto il diritto al rimborso nei limiti della differenza tra l’Irpef trattenuta con la tassazione ordinaria e l’Irpef determinata con le aliquote proprie della tassazione separata”.

5. La censura – al cui esame non si ravvisano ragioni ostative legate a profili di non autosufficienza, risultando essa riferita a date ed elementi pacifici in causa ed emergenti anche dal contenuto della sentenza impugnata – è fondata, nei sensi e nei limiti appresso precisati.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 13676 del 16/06/2014 (in relazione alla questione della decorrenza del termine per l’esercizio del diritto al rimborso di somme, versate in applicazione di una norma impositiva dichiarata in contrasto col diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia), hanno ribadito, sul punto specifico della decorrenza del termine di decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, comma 1, che: 1) gli istituti della prescrizione e della decadenza sono posti a presidio del principio, irrinunciabile in ogni ordinamento giuridico, della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche, con il corollario della conseguente intangibilità dei c.d. rapporti esauriti; 2) il legislatore, nella fissazione della durata del termine di prescrizione dei diritti, o di decadenza dagli stessi, gode di ampia discrezionalità, con l’unico limite dell’eventuale irragionevolezza; 3) in materia tributaria, nella vigenza, per la ripetizione del pagamento indebito, di un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza dal relativo diritto, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, in mancanza di queste, dalle norme sul contenzioso tributario (Cass. n. 11456 del 2011), rilevano, in particolare, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, il quale, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, stabilisce il dies a quo nella “data del versamento” o in quella “in cui la ritenuta è stata operata”, e il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, norma residuale e di chiusura del sistema, in virtù della quale “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”; 4) secondo un consolidato orientamento del giudice di legittimità, “il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso, con riferimento ai versamenti in acconto, decorre dal versamento del saldo, nel caso in cui il diritto al rimborso derivi da un’eccedenza dei versamenti in acconto, rispetto a quanto risulti poi dovuto a saldo oppure qualora derivi da pagamenti cui inerisca un qualche carattere di provvisorietà, poichè subordinati alla successiva determinazione in via definitiva dell’obbligazione o della sua misura, mentre decorre dal giorno del versamento dell’acconto stesso, nel caso in cui quest’ultimo, già al momento in cui venne eseguito, non fosse dovuto o non lo fosse nella misura in cui fu versato, ovvero qualora fosse inapplicabile la disposizione di legge in base alla quale venne effettuato, poichè in questi casi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sorge sin dal momento in cui avviene il versamento” (tra le altre, Cass. nn. 56 del 2000, 4282, 7926 e 14145 del 2001, 21557 del 2005, 13478 del 2008, 4166 del 2014), con la precisazione che detto termine di decadenza “non può farsi decorrere dalla data della emanazione di circolari o risoluzioni ministeriali interpretative delle norme tributarie in senso favorevole al contribuente, non avendo detti atti natura normativa ed essendo, quindi, inidonei ad incidere sul rapporto tributario” (Cass. nn. 11020 del 1997, 813 del 2005, 23042 del 2012, 1577 del 2014; Cass. Ord. 6 5279/2015).

Ne deriva che, avendo il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, portata generale, riferita a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti, quanto riferibili all’an o al quantum del tributo, e nascendo, nel caso di specie, il diritto al rimborso preteso dal contribuente dalla questione relativa al trattamento fiscale da applicare alle somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo ai lavoratori alla cessazione del rapporto di lavoro, l’istanza è da considerarsi tardiva se e in quanto proposta oltre il termine di 48 mesi dai versamenti tramite ritenuta.

6. Ai suesposti consolidati principi non si conforma evidentemente la decisione impugnata, risultando entrambe le alternative rationes decidendi palesemente destituite di fondamento.

6.1. In primo luogo, è agevole osservare che il rilievo attribuito alla circostanza che trattasi di rimborso di ritenute di acconto Irpef e non di rimborso di versamenti diretti non tiene conto della lettera della richiamata disposizione che espressamente (comma 2) riferisce la previsione di un termine di decadenza anche all’istanza di rimborso presentata “dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta”, indicando in tal caso quale dies a quo la “data in cui la ritenuta è stata operata”.

6.2. In secondo luogo, non può non rilevarsi che la decisione si pone, in entrambe le argomentazioni che ne sono poste a sostegno, in contrasto con il surricordato consolidato indirizzo in forza del quale il termine di decadenza deve farsi decorrere dalla data del versamento o della ritenuta, a nulla rilevando che in quel momento non fosse stata ancora dichiarata l’incompatibilità della norma interna con il diritto comunitario. Come infatti rimarcato dalle Sezioni Unite, nel citato arresto: a) il principio posto dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione “comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” – il quale è da ritenersi applicabile anche alla decadenza – deve essere inteso con riferimento alla sola possibilità legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto (Relazione al codice, p. 1198) (Cass. n. 10231 del 1998, che richiama Cass. n. 9151 del 1991); b) tra gli impedimenti “di fatto” va annoverato anche l’ostacolo all’esercizio di un diritto rappresentato dalla presenza di una norma costituzionalmente illegittima, in quanto chi si ritenga leso da tale limitazione ha il potere di percorrere la via dell’instaurazione di un giudizio e nel corso di tale giudizio richiedere che venga sollevata la relativa questione; se subisce passivamente detto impedimento, non può sfuggire alla conseguenza che il rapporto venga ad esaurirsi; c) a maggior ragione, non può essere ravvisato un impedimento “legale”, come tale idoneo ad incidere sulla decorrenza della prescrizione, nella presenza di una norma di diritto nazionale incompatibile con il diritto comunitario, posto che – mentre l’accertamento della illegittimità costituzionale di una norma è riservato ad un organo diverso dall’autorità giurisdizionale, con la conseguenza che, quando la questione sia sollevata nel corso di un giudizio, esso deve essere sospeso fino a quando la questione non sia decisa (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23) – il contrasto tra la norma di diritto interno e quella comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base di tale premessa, è tenuto a non darle applicazione, anche quando sia stata emanata in epoca successiva a quella comunitaria (Cass. nn. 10231 del 1998, cit., 7176 del 1999 e succ. conff.; cfr., anche, Cass. n. 18276 del 2004). Tali principi sono stati confermati, sulla base delle stesse ragioni, anche per le ipotesi in cui l’incompatibilità del diritto interno con il diritto comunitario sia stata dichiarata con sentenza della Corte di giustizia (cfr. Cass. nn. 4670 e 13087 del 2012). Nè sussistono i presupposti per i quali la decorrenza del relativo termine possa ritenersi spostata alla data della liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, non derivando il diritto al rimborso da un’eccedenza dei versamenti in acconto rispetto a quanto sia poi risultato dovuto a saldo all’esito della liquidazione nè potendo ascriversi alle ritenute alcun carattere di provvisorietà, ma dovendosi al contrario ritenere che, per le ragioni dette, l’imposta non fosse dovuta nella misura applicata, già al momento in cui la ritenuta venne eseguita.

Al richiamato arresto di Sez. U, n. 13676 del 2014 (in motivazione, par. 3) può infine farsi rimando anche per l’illustrazione delle ragioni, qui condivise, che impediscono di attribuire alcun rilievo nella materia trattata alla nota pronuncia di questa Corte in tema di overruling (Cass., sez. un., n. 15144 del 2011, cui acide Cass., sez. un., n. 24413 del 2011 e n. 17402 del 2012).

7. Le suesposte considerazioni conducono dunque a ritenere illegittima, per violazione di legge, la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto non precluso il diritto al rimborso per le ritenute operate oltre 48 mesi prima dell’istanza di rimborso.

La sentenza impugnata deve di conseguenza essere cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che, tenuto conto, da un lato, delle date in cui sono state operate le ritenute e, dall’altro, delle date delle istanze di rimborso per ciascuna di esse presentate, dovrà stabilire, in conformità ai principi sopra espressi, per quali di esse l’istanza deve considerarsi tardiva (con conseguente decadenza del relativo diritto) e per quali invece essa deve considerarsi tempestiva.

8. L’ulteriore rilievo formulato in ricorso (secondo cui “per l’anno 2006 potrà essere riconosciuto il diritto al rimborso nei limiti della differenza tra l’Irpef trattenuta con la tassazione ordinaria e l’Irpef determinata con le aliquote proprie della tassazione separata”) deve considerarsi inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza.

Da un lato, infatti, lo stesso non è veicolato da alcuna specifica censura riconducibile ad alcuno dei tassativi motivi elencati nell’art. 360 c.p.c. (non essendo dato comprendere pertanto quale sia la critica che si muove alla sentenza impugnata e quale sia l’affermazione in essa contenuta ovvero l’omissione in essa ravvisabile che la giustifichi, in funzione dell’interesse dedotto).

Dall’altro, comunque, la censura non rispetta i requisiti di autosufficienza, non indicando gli atti dai quali possa desumersi che il diritto al rimborso riconosciuto al contribuente ecceda i limiti predetti. Onere nella specie tanto più marcato, a fronte dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, proprio in apertura della sua parte narrativa, secondo cui la sentenza di primo grado (confermata in appello) ha dichiarato “dovuti gli importi in eccedenza alla tassazione separata, ex art. 17 e con l’ulteriore agevolazione di cui dell’art. 19, comma 4 bis, delle ritenute Irpef e operate dal sostituto d’imposta.

9. Al giudice di rinvio va demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania, Sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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