Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18227 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/08/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 14909/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

PI. & GI. SNC di PIROVANO VITTORIO & C. (che ha cessato

l’attività nel (OMISSIS)) nelle persone dei soci, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIETRO MASCAGNI 7, presso lo studio

dell’avvocato FERRI FERDINANDO, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3 9/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di GENOVA del 28.1.08, depositata il 20/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso in revocazione nei confronti della società di cui in epigrafe (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento comportante, per il 1999, il recupero di ricavi non dichiarati sulla base dello scostamento registrato rispetto alle previsioni dei c.d. studi di settore, la C.T.R. Liguria riformava la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il ricorso della contribuente) rilevando che l’Agenzia si era limitata a fare propri i risultati degli studi di settore, senza apportare alcun altro elemento a sostegno della propria pretesa fiscale.

2. L’unico motivo di ricorso (col quale, deducendosi violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies, art. 2727 c.c., nonchè L. n. 146 del 1998, art. 10, la ricorrente afferma che deve ritenersi legittimo e congruamente motivato l’avviso di accertamento fondato esclusivamente sulle discrepanze tra le risultanze degli studi di settore e la dichiarazione del contribuente) risulta, nella sua generalizzazione, manifestamente infondato.

Occorre infatti evidenziare che, secondo le SU di questa Corte (v. sentenza n. 26635 del 2009), la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente – pena la nullità dell’accertamento – con il contribuente, avendo in tale sede quest’ultimo l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

Alla stregua di tale giurisprudenza non risultano corrette le affermazioni contenute nel ricorso (secondo il quale deve ritenersi legittimo e congruamente motivato l’avviso di accertamento fondato esclusivamente sulle discrepanze tra le risultanze degli studi di settore e la dichiarazione del contribuente). E’ vero che nella citata sentenza delle SU si aggiunge che l’esito del contraddittorio non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, assumendo però in tal caso le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito; tuttavia non risulta in alcun modo dedotto in ricorso (nè è desumibile dalla sentenza impugnata) che nella specie, nonostante regolare invito, non sia stato possibile costituire il contraddittorio prima della emissione dell’avviso opposto e che di ciò si sia dato conto nell’avviso medesimo, unica ipotesi in cui, secondo la giurisprudenza sopra richiamata, è possibile fondare (e motivare) l’accertamento sulla sola applicazione degli standards nè comunque risulta allegato che, oltre al mero rilievo dello scostamento, sia stata fornita dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Rilevato che a citata giurisprudenza delle sezioni unite è successiva alla proposizione del ricorso, si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

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