Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18226 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/09/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 05/09/2011), n.18226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1864/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

4.5.09, depositata il 18/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

OSSERVA

Con ricorso al Tribunale di Trani P.L., operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione dell’anno 2004; il ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

La domanda, rigettata in primo grado, veniva accolta dalla Corte d’appello di Bari.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo. La parte privata è rimasta intimata. Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6 comma 4 lett. a), nonchè in relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis c.p.c. di manifesta fondatezza del ricorso;

Ritenuto che detti rilievi sono condivisibili alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale D.Lgs. 16 aprile 1997 n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3 convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva.” Ritenuto che pertanto il ricorso va accolto e che la sentenza va cassata con decisione nel merito di rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo.

Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo.

Condanna il soccombente al pagamento delle spese liquidate, per il primo grado, in euro trecentoquaranta, di cui duecentoquarantacinque per onorari, settantacinque per diritti e venti per spese. Per il secondo grado in euro quattrocentocinquanta, di cui trecentocinquantacinque per onorari, settantacinque per diritti e venti per spese e per il presente giudizio in Euro centonovantacinque per onorari e venti per esborsi, oltre accessori di legge per ciascuna liquidazione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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