Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18223 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. I, 05/07/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 05/07/2019), n.18223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12458/2018 proposto da:

G.B., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Romano Ottavio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.N., M.E., Pubblico Ministero Procuratore

Generale presso la Corte di Appello di Trieste;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositato il

12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2019 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato il 12 ottobre 2017 la Corte d’Appello di Trieste – Sezione per i Minorenni – in parziale accoglimento del reclamo proposto da D.N. avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Trieste del 12.4.2017, ha posto a carico di G.B., padre del minore Ni., l’obbligo di corrispondere alla madre l’assegno di Euro 200,00 mensili a titolo di contributo al mantenimento del minore, confermando per il resto il provvedimento del giudice di primo grado che aveva:

– pronunciato la decadenza della D. dalla responsabilità genitoriale nei confronti del figlio Ni., con conseguente affidamento del bambino in via esclusiva al padre;

– disposto il collocamento del bambino (residente in (OMISSIS)) presso la madre;

– disposto l’affidamento del minore per attività di sostegno e controllo all’Ente locale competente rispetto alla residenza del minore ((OMISSIS));

– autorizzato le visite padre-figlio secondo i tempi e le modalità da indicarsi dal Servizio Sociale affidatario;

– revocato l’inibizione all’espatrio del minore al seguito della madre;

– prescritto ad entrambi i genitori di rapportarsi con i Servizi e di seguirne le indicazioni.

Il provvedimento impugnato è stato pronunciato nell’ambito di un procedimento nel quale, attivando la procedura prevista dalla Convenzione dell’Aja del 25.10.1980 per l’illecita sottrazione di un minore, era stato disposto, in un primo momento, in via provvisoria ed urgente, l’immediato rientro del minore presso l’abitazione del padre, italiano (appartenente alla minoranza slovena) e residente in Italia.

Successivamente, il Tribunale per i Minorenni di Trieste, prendendo atto che l’ordine di rimpatrio, a distanza di quasi tre anni dalla sua emissione, era rimasto ineseguito, che dal momento della sua sottrazione, il minore aveva continuato a vivere ininterottamente nella città della (OMISSIS) di (OMISSIS), che era divenuta inequivocabilmente il suo centro di interessi (ovvero il centro dei suoi interessi personali, delle sue relazioni familiari e sociali e nel quale il bambino si era perfettamente integrato per la continuità del suo soggiorno, la padronanza linguistica acquisita e la frequenza scolastica intrapresa), aveva confermato il collocamento del bambino presso la madre, onde evitargli il trauma di un improvviso allontanamento e sradicamento dall’ambiente per lo stesso divenuto familiare.

Il provvedimento impugnato ha concluso affermando che, essendo orami divenuta la (OMISSIS) la residenza abituale del minore, di cui lo stesso, peraltro, è cittadino (come dell’Italia), che ogni successiva richiesta di modifica delle statuizioni disposte avrebbe dovuto essere rivolta all’Autorità giudiziaria della (OMISSIS).

Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione G.B. affidandolo a cinque motivi.

D.N. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Contesta il sig. G. la suriportata affermazione del decreto impugnato in materia di futura giurisdizione, ritenendo che la giurisdizione ceca non possa affermarsi a seguito di un atto illecito, costituente reato (sottrazione illecita di minore) premiando così il comportamento illecito.

Sostiene che deve riaffermarsi in questa sede la giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana su un minore cittadino italiano che avrebbe dovuto essere in Italia e non presso la madre, tuttora decaduta dalla potestà genitoriale.

2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente ha censurato la seguente affermazione contenuta a pag. 10 del decreto impugnato:…”La Corte ritiene a questo punto necessario ribadire che, essendo oramai divenuta la (OMISSIS) la residenza abituale del minore, il quale, peraltro, oltre a quella italiana ha anche la cittadinanza di quello stato membro, ogni futura richiesta di modifica delle presenti statuizioni dovrà essere rivolta all’Autorità Giudiziaria della (OMISSIS)…”.

Non vi è dubbio che la predetta affermazione del decreto impugnato sia completamente estranea al “decisum” del presente giudizio e come tale sia tamqam non esset.

Non era certo quella la sede in cui interloquire – in prevenzione – di giurisdizione in caso di (solo) eventuale presentazione, ad opera di una delle parti, di richieste di modifiche delle statuizioni dell’emanando decreto, con la conseguenza che tale affermazione, proprio perchè estranea al contenuto decisorio del decreto impugnato, non può costituire oggetto di impugnazione.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nonchè la nullità del decreto impugnato e del procedimento.

Lamenta il ricorrente che il reclamo della D. si fondava su circostanze di fatto nuove (e su nuovi documenti) sulle quali non aveva accettato il contraddittorio, relative alla residenza del bambino fino all’età di tre anni a (OMISSIS), situazione confliggente con il suo radicamento in (OMISSIS), luogo di residenza del padre e residenza effettiva di Ni..

4. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato.

I giudici di merito non hanno disposto il collocamento del bambino presso la madre sul rilievo che lo stesso avrebbe avuto la residenza in (OMISSIS) nei primi tre anni di vita, ma perchè, dopo una ininterrotta permanenza nella città di (OMISSIS) (tre anni) a seguito della sua illecita sottrazione, il minore ha stabilito ormai nella città ceca il suo attuale e stabile centro di interessi personali, familiari ed affettivi e si è voluto evitare allo stesso il trauma di un allontanamento e sradicamento.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta parimenti la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nonchè la nullità del decreto impugnato e del procedimento, sul rilievo che il decreto impugnato aveva provveduto sull’istanza di determinazione di un assegno di mantenimento a carico del ricorrente pur in difetto di una espressa domanda in tal senso della reclamante, e ciò in violazione del principio del contraddittorio e della domanda.

6. Il motivo è infondato.

Va osservato che questa Corte ha già statuito che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto a uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti, ma deve aver riguardo al contenuto della pretesa fatta valere in giudizio e può considerare, come implicita, un’istanza non espressa ma connessa al “petitum” e alla “causa petendi” (Cass. n. 7322 del 14/03/2019).

Nel caso di specie, lo stesso ricorrente ha dato atto che la richiesta di corresponsione dell’assegno di mantenimento era stata proposta dalla sig.ra D. in sede di reclamo, pur non riportata nelle conclusioni, e il provvedimento impugnato, nel ricostruire il contenuto del reclamo, aveva, a sua volta, evidenziato che la reclamante si era lamentata in ordine alla mancata statuizione da parte del Tribunale per i Minorenni di Trieste circa l’obbligo per il padre di concorrere al mantenimento del minore.

E’ quindi evidente che la Corte d’Appello non sia incorsa in alcuna violazione del principio della domanda, avendo correttamente deciso sull’assegno di mantenimento avuto riguardo al contenuto della pretesa fatta valere in giudizio, indipendentemente dal tenore letterale delle conclusioni.

In ogni caso, è orientamento consolidato di questa Corte che è sempre riconosciuto al giudice di potere di adottare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione del minore, tra cui anche quelli relativi al contributo al mantenimento dello stesso minore (Cass. 21178/2018).

7. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 331 c.p.p., comma 4 in quanto, nonostante dalla condotta della D. emergesse la commissione di un reato perseguibile d’ufficio (art. 574 bis c.p.), entrambi i giudici di merito non avevano trasmesso senza ritardo la denuncia al Pubblico Ministero.

8. Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha già statuito che la disposizione con la quale il giudice, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., comma 1, ordina trasmettersi gli atti al pubblico ministero per eventuale esercizio dell’azione penale in ordine ad un fatto reato non è impugnabile, trattandosi di provvedimento avente carattere puramente ordinatorio e non decisorio, la cui decisione non pregiudica posizioni soggettive comunque tutelabili in diversa sede (Cass. pen. N. 36635/2014).

E’ quindi evidente che se non è impugnabile il provvedimento con cui vengono trasmessi gli atti alla pubblica accusa per eventuale esercizio dell’azione penale, a maggior ragione, proprio in ragione della natura non decisoria del provvedimento (negativo), non è impugnabile il provvedimento che non dispone la richiesta trasmissione degli atti. La parte richiedente potrà, comunque, tutelarsi in altre sedi.

9. Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta il ricorrente l’irriducibile contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto responsabilità genitoriale e affidamento e collocamento del minore.

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello, nonostante abbia confermato la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale e l’affidamento esclusivo al padre, ha altresì confermato il collocamento del minore presso la madre con revoca del divieto di espatrio.

10. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi.

E’ stato più volte evidenziato che il Tribunale per i Minorenni di Trieste – decisione condivisa dalla Corte d’Appello – ha disposto il collocamento del minore presso la madre nella città (OMISSIS), sul rilievo che lo stesso si era ormai integrato pienamente nella nuova realtà, giustificando tale provvedimento nell’esclusivo interesse del minore ed allo scopo di evitare il trauma di un nuovo sradicamento dal luogo in cui il bambino aveva ormai stabilito il proprio centro di interessi personali ed affettivi.

D’altra parte, il decreto impugnato ha altresì dato che tale decisione era stata adottata tenendo anche conto del contenuto della relazione del 3 agosto 2016 dell’Ufficio per la Protezione Internazionale dei minori di (OMISSIS), che aveva evidenziato “la forte relazione emozionale ed il legame” tra madre e figlio e la circostanza che la stessa si prendeva piena cura dello stato di salute del minore, crescendolo in modo idoneo.

Dunque, nessuna contraddittorietà può rinvenirsi nel provvedimento impugnato che si è comunque preoccupato del riavvicinamento dei rapporti padre-figlio, demandando all’Ente locale competente in relazione alla residenza abituale del minore l’affidamento del minore per attività di sostegno e controllo nonchè per la programmazione degli incontri padre- figlio.

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi l’intimata costituita in giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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