Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18219 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18219 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 23847-2007 proposto da:
ZAMPARELLI ERMINIA, ZAMPARELLI MARIA, GALLUCCIO
MARIA, ZAMPARELLI ENRICO, ZAMPARELLI ALESSANDRO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATANASIO
KIRCHER 7, presso lo studio dell’avvocato IASONNA
STEFANIA, rappresentati e difesi dagli avvocati
2013

PROCACCINI ERNESTO, CANDELA ANTONIO;
– ricorrenti –

1565

contro

AMMENDOLA MARIA,

MOSCARELLA GUIDO,

MOSCARELLA

GIUSEPPE, MOSCARELLA SALVATORE, MOSCARELLA ANNA,

Data pubblicazione: 29/07/2013

elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 185,
presso lo studio dell’avvocato VERSACE RAFFAELE,
rappresentati e difesi dall’avvocato DI PALMA
VINCENZO;
– controrlcorrenti –

DI PALMA CIRO, SCARPATI PASQUALINA;
– intimati –

sul ricorso 27192-2007 proposto da:
SCARPATI PASQUALINA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ATANASIO KIRCHER 7, presso lo studio
dell’avvocato IASONNA STEFANIA, rappresentata e
difesa dall’avvocato ATTINGENTI GIOVANNI;
– controri corrente ricorrente incidentale contro

AMMENDOLA MARIA, MOSCARELLA GIUSEPPE, MOSCARELLA
SALVATORE, MOSCARELLA GUIDO, MOSCARELLA ANNA,
elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 185,
presso lo studio dell’avvocato VERSACE RAFFAELE,
rappresentati e difesi dall’avvocato DI PALMA
VINCENZO;
– controricorrentí al ricorso incidentale nonchè contro

ZAMPARELLI ROSA MARIA, ZAMPARELLI ENRICO, ZAMPARELLI
ALESSANDRO, ZAMPARELLI ERMINIA, GALLUCCIO MARIA, DI
PALMA CIRO;

nonchè contro

- intimati –

avverso la sentenza n.

3783/2006 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

udito l’Avvocato ATTINGENTI Giovanni, difensore della
controricorrente e ricorrente incidentale, che si
riporta agli atti depositati e ne chiede
accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto di entrambi i ricorsi.

MAZZACANE;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 14-10-91 Pasqualina Scarpati e Ciro Di Palma assumevano:

– con testamento olografo del 10-8-1984 pubblicato il 20-6-1990 dal notaio Cesaro Giovanna
Ammendola, deceduta il 13-6-1990, aveva lasciato agli esponenti ed a Gennaro Zamparelli

suddetti beneficiari “si sono già impegnati ad assistermi per tutta la vita per qualsiasi

necessità io vado incontro”;
– gli istanti erano venuti a conoscenza di altri testamenti olografi della Ammendola
pubblicati dal notaio Angelone il 7-9-1990 con i quali essa aveva istituito la nipote Elvira
Sodano sua erede universale;
– tali testamenti erano nulli per incapacità di intendere e di volere della testatrice.

Gli attori quindi convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la Sodano chiedendo
dichiararsi nulle ed inefficaci le schede testamentarie pubblicate dal suddetto notaio il 7-9-1990 e
dichiararsi valido ed efficace il testamento del 10-8-1984.

Costituendosi in giudizio la convenuta assumeva che le controparti non avevano assistito la
Ammendola, che anzi era stata da essi abbandonata, cosicché la condizione cui erano subordinate
le disposizioni di cui al testamento del 10-8-1984 non si era verificata; chiedeva pertanto
dichiararsi nullo ed inefficace detto testamento e valido il testamento redatto in proprio favore.

Alla udienza di prima comparizione interveniva volontariamente nel processo Maria Ammendola,
figlia del premorto Gennaro Ammendola, fratello della testatrice, in qualità di unica erede di
Giovanna Ammendola, insieme forse alla Sodano, chiedendo dichiararsi tutti i menzionati

i

determinati beni immobili siti in Cercola ed in Somma Vesuviana, aggiungendo che i tre

testamenti nulli per incapacità di intendere e di volere della “de cuius”, e dichiararsi l’esponente
erede universale di quest’ultima.

Autorizzata l’interventrice alla chiamata in causa dello Zamparelli, quest’ultimo si costituiva in
giudizio aderendo alle domande proposte dagli attori.

dichiarava nulli i testamenti olografi pubblicati dal notaio Angelone e dichiarava inefficace il
testamento olografo del 10-8-1984 per mancato adempimento delle condizioni ad esso apposte.

Proposte separate impugnazioni da parte della Scarpati e del Di Palma da un lato e dello
Zamparelli dall’altra cui resistevano Maria Ammendola e la Sodano introducendo altresì degli
appelli incidentali, la Corte di Appello di Napoli con sentenza del 7-12-2006 ha accolto per quanto
di ragione l’appello incidentale di Maria Ammendola e, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, ha dichiarato aperta la successione legittima di Giovanna Ammendola, successione alla
quale erano chiamate le nipoti Maria Ammendola e la Sodano, ed ha rigettato l’appello incidentale
formulato da quest’ultima.

Per la cassazione di tale sentenza Maria Galluccio, Rosa Maria Zamparelli, Enrico Zamparelli,
Erminia Zamparelli ed Alessandro Zamparelli, tutti quali eredi di Gennaro Zamparelli, hanno
proposto un ricorso articolato in due motivi cui Guido Moscarella, Giuseppe Moscarella, Salvatore
Moscarella ed Anna Moscarella, tutti quali eredi di Elvira Sodano, e Maria Ammendola hanno
resistito con controricorso; al suddetto ricorso ha resistito altresì in parte la Scarpati introducendo
anche un ricorso incidentale basato su tre motivi; il Di Palma non ha svolto attività difensiva in
questa sede; i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale hanno successivamente depositato
delle memorie.

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Il Tribunale di Nola (cui la causa era stata nel frattempo trasmessa) con sentenza del 9-7-2003

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima
sentenza.

Deve poi anzitutto essere esaminata l’eccezione sollevata dalla Scarpati con il primo motivo del

relazione all’art. 325 secondo comma c.p.c.; premesso che i ricorrenti principali eredi Zamparelli
hanno affermato che la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 7-12-2006 era stata loro
notificata il 15-6-2007, la ricorrente incidentale assume, in relazione alla copia di detta sentenza
completa della relazione di notifica agli eredi Zamparelli ed alla esponente, che la relativa
notificazione era inefficace ai fini della decorrenza del termine di cui all’art. 325 secondo comma
c.p.c. in quanto: a) non risulta dalla relazione il soggetto che ha richiesto la notificazione; b) nella
copia della copia conforme all’originale esecutivo della sentenza non è indicata la persona alla
quale era stata rilasciata; c) nel timbro contenente la formula esecutiva apposta sul retro della
sentenza è attestato che “la presente copia conforme al suo originale ed in forma esecutiva si
rilascia a richiesta del Sig. Avv. Di Palma” senza specificazione del nome proprio del professionista
“quale procuratore di Sodano Elvira”, “Napoli lì 21 gennaio 2007″; orbene, considerato che Elvira
Sodano era già morta il 27-7-2006, non risultando la notificazione richiesta dagli eredi di
quest’ultima signori Moscarella, risultava assolutamente incerta la parte che aveva chiesto la
notificazione della suddetta sentenza.

Tale eccezione è fondata.

Premesso che ai sensi dell’art. 285 c.p.c. ai fini della decorrenza del termine breve per
l’impugnazione la sentenza deve essere notificata ad istanza di parte, e che tale prescrizione può
ritenersi adempiuta ogniqualvolta, nonostante la mancanza di apposita indicazione nella relata di
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ricorso incidentale con il quale essa deduce violazione degli artt. 285 e 170 primo comma c.p.c. in

notifica, non vi sia comunque incertezza assoluta sulla parte istante, qualora cioè l’identificazione
di quest’ultima può essere compiuta, senza margini di dubbio, sulla base del contenuto dell’atto
notificato (Cass. 31-10-2012 n. 18705), si rileva che nella specie nella relata di notifica della
sentenza impugnata non sussiste l’indicazione della parte che ha richiesto detta notifica, né dal

della decorrenza del termine breve di impugnazione di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. nei confronti
della Scarpati, la quale ha proposto ritualmente controricorso e ricorso incidentale a seguito della
notifica nei suoi confronti del ricorso degli eredi Zamparelli.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo, denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 587 e segg.-633-648-1362 e segg. – 1353 e segg. – 1453 e
segg. c.c. – 99 e 112 c.p.c. nonché vizio di motivazione, si censura la sentenza impegnata per aver
ravvisato nel testamento olografo del 10-8-1984 una clausola condizionale di assistenza in quanto
la testatrice, per le sue precarie condizioni di salute e di solitudine, avrebbe voluto condizionare le
disposizioni in favore della Scarpati, del Di Palma e dello Zamparelli alle prestazioni di assistenza
che costoro si erano impegnati a fornire alla Ammendola fino alla sua morte.

I ricorrenti principali sostengono che in realtà nel testamento suddetto mancava una simile
volontà della testatrice, che invero avrebbe dovuto emergere direttamente dal contenuto letterale
della scheda testamentaria, e che pertanto ogni dichiarazione in ordine alrobbligo di assistenza”
di cui al testamento in oggetto costituiva esclusivamente un onere ai sensi dell’art. 648 c.c.;
conseguentemente avrebbe potuto pronunciarsi la risoluzione della disposizione testamentaria cui
l’onere era stato apposto soltanto se la risoluzione fosse stata prevista dal testatore, o se
l’adempimento dell’onere avesse costituito il solo motivo determinante della disposizione, ipotesi
entrambi non ricorrenti nella fattispecie.

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suo contenuto può desumersi la sua identificazione; pertanto tale atto di notifica è inidoneo ai fini

I ricorrenti principali inoltre affermano che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di
appello, non era stata formulata dalle parti in causa nessuna domanda diretta alla declaratoria di
risoluzione delle disposizioni contenute nella predetta scheda testamentaria per un preteso
inadempimento della asserita condizione.

applicazione degli artt. 587 e segg. – 648-633-1362 e segg. – 1453 e segg. – 1353 e segg. c.c., 99 e
112 c.p.c. nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto
sussistente nel testamento olografo del 10-8-1984 una clausola condizionale di assistenza; invero
dall’esame diretto della scheda testamentaria emergeva la mancanza di ogni manifestazione di
concreta volontà di Giovanna Ammendola di subordinare l’efficacia delle disposizioni
testamentarie alla prestazione dell’assistenza fino alla sua morte da parte dell’esponente.

La Scarpati evidenzia poi che la censurata interpretazione del testamento in oggetto era smentita
dal fatto che le attribuzioni testamentarie in proprio favore erano state disposte

“spontaneamente” e “con affetto di madre avendola io cresciuta fin dalla nascita”; considerato
quindi che se era stata spontanea la scelta di lasciare alla ‘figlioccia” determinati beni, tale scelta
non poteva essere condizionata da alcunché; anzi il desiderio della Ammendola era proprio quello
di garantire all’esponente una tranquillità economica per il futuro, come era confermato dal fatto
che nel legato mobiliare aveva onerato gli altri due beneficiari di aiutare la Scarpati “con danari”;
inoltre i sentimenti di affetto della testatrice nei confronti dell’esponente erano confermati dal
precedente testamento del 3-10-1983.

La ricorrente incidentale poi rileva che dalla deposizione in particolare della teste Concetta
Terracciano era emerso che la Scarpati andava ad assistere Giovanna Ammendola ancor prima
della redazione del testamento.
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Con il secondo motivo del ricorso incidentale la Scarpati, denunciando violazione e falsa

Infine la Scarpati rileva che, qualora si dovesse ritenere che il testamento del 10-8-1984 imponesse
un onere di assistenza a carico dell’esponente, non ricorrevano i presupposti richiesti dall’art. 648
c.c. per la pronuncia di risoluzione della disposizione testamentaria.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

cosiddetta clausola condizionale di assistenza riguardante la Scarpati, il Di Palma e lo Zamparelli,
tutti e tre istituiti suoi eredi, valorizzando soprattutto la disposizione secondo la quale

“i tre

antescritti beneficiari sono a conoscenza ….di questo mio atto di bontà nei loro riguardi e si sono
già impegnati ad assistermi per tutta la vita per qualsiasi necessità io vada incontro”; era invero
inequivoca la manifestazione di volontà della testatrice di condizionare le disposizioni in favore dei
suddetti soggetti alle prestazioni di assistenza che costoro si erano impegnati a fornirle fino alla
sua morte, considerato altresì che l’Ammendola, dopo la morte qualche mese prima del fratello
Gennaro che provvedeva al suo mantenimento, si trovava sola in casa a gestire il patrimonio
mobiliare ed immobiliare di cui aveva disposto con il testamento del 10-8-1984; pertanto l’età
avanzata e le condizioni di salute che iniziavano ad essere precarie avevano indotto l’Ammendola
a disporre di persone che, ancorché non parenti (la Scarpati era una cosiddetta figlioccia, il Di
Palma era medico, e lo Zamparelli era avvocato), si erano impegnate ad assisterla.

Il giudice di appello ha poi affermato che la suddetta clausola di assistenza rendeva l’istituzione di
erede condizionata — ancorché l’evento contemplato dal testatore fosse tale da divenire certo al
momento dell’apertura della successione — poiché al momento della redazione del testamento
essa si poneva come evento futuro ed incerto, e che invece essa non poteva essere configurata
come una istituzione modale, in quanto il “modus” presuppone l’avvenuta delazione dell’eredità e
funziona, in caso di inadempimento, da evento risolutivo ad istanza di parte rispetto ad una
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La Corte territoriale ha rilevato la sussistenza nel testamento di Giovanna Ammendola di una

qualificazione giuridica di erede già acquisita e che viene a caducarsi; viceversa verificare se
l’istituito sotto condizione di assistere vita natural durante il testatore abbia o meno prodigato tale
assistenza costituisce un presupposto sia della vocazione che della delazione, e funziona come
condizione sospensiva ancorché con un termine indeterminato, ma determinabile quanto al suo

Orbene, avendo la Corte territoriale indicato puntualmente le fonti del suo convincimento in
ordine alla interpretazione del testamento suddetto, si è in presenza di un accertamento di fatto
sorretto da congrua e logica motivazione, che come tale si sottrae alle censure sollevate dai
ricorrenti principali e dalla ricorrente incidentale, che in sostanza si limitano a prospettare
inammissibilmente una diversa e ad essi più favorevole ricostruzione della volontà della testatrice
senza indicare specificatamente i canoni in concreto violati e soprattutto il modo in cui il giudice di
merito si sarebbe da essi discostato, né evidenziare specifici vizi delriter” argomentativo seguito
da quest’ultimo.

La sentenza impugnata, in definitiva, muovendo dalle disposizioni patrimoniali della testatrice in
favore dei suddetti tre beneficiari, ha attribuito rilevanza al dato letterale della conoscenza da
parte di costoro di tali lasciti, così fornendo logica assunzione della successiva menzione nel
testamento dell’impegno di assistenza da essi assunto nei confronti di Giovanna Ammendola per
tutto il resto della sua vita, ed ha chiaramente evidenziato le ragioni che giustificavano, nell’animo
della testatrice, l’interesse ad ottenere tale assistenza – riconducibili alle sue condizioni di
solitudine e di età ormai avanzata – da parte di persone che, seppure non erano suoi parenti,
godevano della suo affetto e della sua fiducia.

Del pari resta immune dai profili di censura sollevati dai ricorrenti principali e dalla ricorrente
incidentale anche la qualificazione come condizione sospensiva del suddetto impegno di
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avveramento.

assistenza, avendo la Corte territoriale escluso, sempre nell’ambito dei suoi poteri, quale giudice di
merito, di interpretazione della volontà della testatrice, che tali prestazioni di assistenza fossero
state imposte ai beneficiari dei lasciti, ma avendo invece ritenuto che l’istituzione quali eredi della
Scarpati, dello Zamparelli e del Di Palma fosse subordinata al fatto oggettivo delle suddette

rilevare che la presenza di una clausola testamentaria condizionale è rivelata non tanto dalla sua
formulazione letterale e dalla sua collocazione nel contesto del negozio, quanto dal carattere
intrinseco del fatto cui è subordinata l’efficacia del negozio stesso, indipendentemente dalle
parole adoperate (Cass. 29-8-1992 n. 10008), come appunto ha ritenuto nella fattispecie il giudice
di appello nell’interpretazione del testamento in oggetto.

Infine deve altresì evidenziarsi che l’assunto sostenuto soprattutto dai ricorrenti principali in
ordine alla qualificazione come modo delle suddette prestazioni di assistenza si rivela apodittico,
in quanto sostanzialmente basato sulla semplice ritenuta insussistenza di disposizioni
testamentarie della Mariani sottoposte a condizione, e non già sull’affermazione dell’esistenza dei
requisiti inerenti all’istituzione modale.

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.
648-633-1453 e segg. e 2697 c.c. nonché vizio di motivazione, assumono che erroneamente la
Corte territoriale ha disatteso il motivo di appello con il quale lo Zamparelli aveva sostenuto
l’inesistenza della prova della mancata assistenza, da parte sua, di Giovanna Ammendola.

I ricorrenti principali, premesso che, trattandosi di un onere apposto dalla testatrice alle suddette
disposizioni testamentarie, lo Zamparelli non era tenuto a fornire alcuna prova del genere ritenuto

dal giudice di appello, posto che ogni onere probatorio in proposito spettava alla Sodano ed a
Maria Ammendola, assumono che in particolare dalle deposizioni dei testi Salvatore Giordano ed
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prestazioni da parte di costoro in proprio favore fino alla sua morte; al riguardo è opportuno

Antonio Fusco era emerso che Giovanna Ammendola non versava in uno stato di abbandono, e
che anzi i soggetti beneficiari delle sue diposizioni testamentarie, tra i quali quindi anche lo
Zamparelli, avevano proweduto, ciascuno nei limiti delle proprie possibilità, alle primarie esigenze
della testatrice.

648-633-1453 e segg. e dell’art. 2697 c.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata
per aver ritenuto che Giovanna Ammendola dal 1988 e fino alla sua morte non era stata assistita
dalla Scarpati; a tal proposito richiama la deposizione della teste Concetta Terracciano ed aggiunge
che le due relazioni dei servizi sociali, lungi dal provare uno stato di abbandono della Ammendola,
avevano attestato soltanto una situazione occasionale dovuta allo stato d’animo di una persona
molto anziana e non riferibile a tutto il periodo successivo alla redazione del testamento; in ogni
caso le suddette relazioni non erano idonee ad invertire l’onere probatorio incombente alla
Sodano ed a Maria Ammendola (la cui qualità di eredi legittime di Giovanna Ammendola non era
mai stata provata).

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

li giudice di appello ha anzitutto osservato che la configurazione della predetta clausola di
assistenza come una condizione sospensiva della istituzione di eredi comportava a carico dei
suddetti beneficiari di provare l’awenuto avveramento della condizione come elemento
costitutivo del diritto loro attribuito dalla testatrice; ha poi ritenuto l’insussistenza di tale prova, in
quanto dalle relazioni dei servizi sociali e dalle deposizioni dei testi Giuseppina Russo (assistente
sociale), Domenico Russo (medico direttore del servizio sanitario) e Biagio Esposito (assessore
comunale ai servizi sociali) era emerso inequivocabilmente che Giovanna Ammendola negli anni
1987 e 1988 versava in stato di abbandono totale, priva di qualsiasi assistenza materiale e morale,
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Con il terzo motivo la ricorrente incidentale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.

cosicché il Sindaco con ordinanza del 21-1-1989 per tali ragioni ne aveva affidato l’assistenza e
l’accudimento ad Elvira Sodano; era quindi stata riscontrata nel 1988 dagli assistenti sociali una
condizione di abbandono soprattutto materiale preesistente e protrattasi nel tempo alla quale
aveva posto rimedio nell’ultimo anno e mezzo di vita della Ammendola la sola Sodano, e non i

testimoniali potesse giungersi a diverse conclusioni, concludendo quindi per il mancato
avveramento della richiamata condizione, e specificando che in proposito, non ricorrendo
un’ipotesi di inadempimento dell’onere, non trovavano applicazione i principi che regolano
l’imputabilità in materia di obbligazioni, né tantomeno quelli relativi alla gravità o meno
dell’inadempimento, rilevando solo il fatto oggettivo della mancata assistenza.

Orbene, premesso che correttamente la Corte territoriale ha evidenziato l’onere probatorio a
carico dei suddetti eredi in ordine all’avveramento della condizione relativa alla assistenza di
Giovanna Ammendola da parte loro fino alla morte della testatrice, trattandosi del fatto
costitutivo del diritto da essi fatto valere nella presente controversia, si osserva che le censure in
esame si risolvono inammissibilmente in un diverso apprezzamento degli elementi probatori,
trascurando di considerare che la valutazione delle risultanze processuali ed il giudizio sulla
attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere il convincimento maturato, involgono accertamenti di fatto riservati al giudice
di merito, che nella fattispecie ha reso esaurienti e logiche argomentazioni a fondamento della
propria statuizione, come tali immuni dai rilievi sollevati da tutti i ricorrenti.

È infine appena il caso di rilevare la genericità del profilo di censura sollevato dalla Scarpati
relativo all’asserito difetto di prova della qualità di eredi legittime di Giovanna Ammendola sia da
parte di Maria Ammendola che della Sodano, non essendo stata impugnata la statuizione della
Corte territoriale che, nella ricorrenza di una successione legittima per la ritenuta inefficacia delle
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beneficiari delle disposizioni testamentarie; ha pure escluso che sulla base di altre deposizioni

disposizioni testamentarie sopra richiamate, ha rilevato come fatto pacifico, in quanto non
contestato, che le due eredi legittime della “de cuius” erano soltanto le nipoti Maria Ammendola
ed Elvira Sodano.

Entrambi i ricorsi devono quindi essere rigettati.

ricorrenti principali, in quanto i controricorrenti Moscarella quali eredi della Sodano e Maria
Ammendola hanno resistito soltanto al ricorso principale.

P.Q.M.

La Corte
Riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e condanna in solido i ricorrenti principali al pagamento in
favore dei controricorrenti Guido Moscarella, Giuseppe Moscarella, Salvatore Moscarella ed Anna
Moscarella quali eredi di Elvira Sodano, e di Maria Ammendola di euro 200,00 per esborsi e di euro
4.000,00 per compensi.

Così deciso in Roma il 4-6-2013

Il Consigliere estensore

Il Pfrsfente

Le spese liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza, e sono poste a carico dei soli

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